Rinascita Scott: riconosciuta per la prima volta l’esistenza di un’associazione mafiosa a Pizzo
La sentenza in abbreviato svela la suddivisione del territorio e gli accordi fra i Bonavota, gli Anello, i Mancuso e la ‘ndrina dei Mazzotta. Dalla Marinella alla Nazionale, dai bar della piazza agli stupefacenti sino ai voti, nulla sarebbe sfuggito al controllo dei clan
Riconosce per la prima volta l’esistenza di una vera e propria associazione mafiosa operante anche a Pizzo, la sentenza con rito abbreviato del gup distrettuale, Claudia Paris, relativa all’operazione antimafia Rinascita-Scott. Sebbene i presunti componenti della ‘ndrina che sarebbe guidata da Salvatore Mazzotta siano attualmente sotto processo con rito ordinario, la sentenza del gup dà per provata «l’esistenza di un collegamento tra la ‘ndrina operante sul territorio di Pizzo Calabro, facente capo alla figura di Mazzotta Salvatore, e la superiore cosca dei Bonavota di Sant’Onofrio».
Il controllo criminale esercitato dai Bonavota sulla città di Pizzo Calabro «è altresì riscontrato chiaramente dai contenuti di una conversazione avvenuta il 13 febbraio 2016 nel corso della quale si spiega come il territorio della città balneare – si legge in sentenza – fosse stato ripartito tra diverse realtà criminali ovvero gli Anello di Filadelfia, i Bonavota di Sant’Onofrio e i Mancuso di Limbadi». [Continua in basso]
Ecco l’intercettazione: “Dice che sulla Nazionale comandiamo noi, la sotto alla Marinella comanda Rocco Anello e là sotto alle coste, ci dividiamo le cose perché comandano i Mancuso. Dice che ognuno abbiamo la zona nostra…dice che alla Marina ci sono i Mancuso, con i bar della piazza, là sopra alla Nazionale ci sono i Bonavota, di cui gestisce tutto Cugliari e là sotto alla Marinella dice che c’è Rocco Anello che gestisce il figlio Domenico avete capito?”
Per il giudice si tratta di una «conversazione particolarmente rilevante perché attesta, dalla viva voce di uno dei soggetti componenti il sodalizio di Sant’Onofrio, l’influenza esercitata dalla propria cosca Bonavota su una delle zone della città di mare. Ed anche da essa emerge che sul territorio di Pizzo, oltre alla forte influenza esercitata dai Bonavota, alla quale fa da referente il Mazzotta, si registrano anche gli interessi di altra potentissima cosca: gli Anello di Filadelfia capeggiati dal boss Rocco Anello, i cui interessi a Pizzo sono rappresentati anche da Pardea Domenico sulla base di accordi e di equilibri non sempre di facile gestione. [Continua in basso]
Il collegamento tra la ’ndrina del Mazzotta e la cosca Bonavota consente altresì di ritenere – viene spiegato in sentenza – che la prima (cioè i Mazzotta) già solo per questo possa essere qualificata come associazione mafiosa». L’articolazione di Pizzo presenta dunque «caratteristiche che consentono di attribuirgli, anche autonomamente, la qualifica di associazione di stampo mafioso».
Da ricordare, quindi, che il gup distrettuale Claudio Paris nel troncone dell’abbreviato di Rinascita Scott ha condannato a 16 anni di reclusione Luca Belsito, 32 anni, di Pizzo, ritenuto al seguito di Salvatore Mazzotta per conto del quale sarebbe stato deputato al controllo del territorio di Pizzo curando gli affari illeciti della ‘ndrina. Salvatore Mazzotta, 32 anni, e Onofrio D’Urzo, 29 anni, sono invece attualmente sotto processo con rito ordinario. Domenico Pardea (cl. ’67), di Vibo Valentia, ma residente a Pizzo – che secondo l’accusa avrebbe curato in tale territorio gli interessi del clan Anello di Filadelfia – è stato invece condannato a 16 anni di reclusione.
Salvatore Mazzotta, secondo l’accusa, sarebbe stato “battezzato” in carcere quale componente del clan dei Piscopisani, promuovendo e finanziando poi un’autonoma ‘ndrina a Pizzo Calabro e collegandosi al più potente clan dei Bonavota di Sant’Onofrio.
La ‘ndrina guidata da Salvatore Mazzotta si sarebbe specializzata nel traffico di sostanze stupefacenti (da sempre fiorente a Pizzo) e nelle estorsioni. All’interno del clan una vera e propria gerarchia, con lo stesso Mazzotta che avrebbe impartito agli altri affiliati tutte le disposizioni in merito agli affari illeciti. [Continua in basso]
Salvatore Mazzotta avrebbe inoltre mantenuto i rapporti con l’amministrazione comunale di Pizzo, convogliando i voti del proprio gruppo sui candidati vicini alla ‘ndrina in occasione delle consultazioni elettorali.
Sotto processo con rito ordinario ci sono anche Raffaele Galloro, 50 anni, di Pizzo, Leonardo Greco, 43 anni, di Pizzo, Domenico Simonetti, 27 anni, residente a san Gregorio d’Ippona, e Antonio Sciarrone, 24 anni, residente a Pizzo, accusati del reato di associazione mafiosa in qualità di partecipi, “pienamente inseriti nelle dinamiche criminali del sodalizio ed alle dirette dipendenze di Salvatore Mazzotta”.
Raffaele Galloro e Leonardo Greco avrebbero in particolare collaborato alla gestione delle attività commerciali, interessandosi altresì delle questioni burocratiche alle stesse collegate, favorendo incontri con esponenti della pubblica amministrazione. Leonardo Greco si sarebbe inoltre occupato di recuperare il denaro per il sostentamento in carcere di Salvatore Mazzotta, mentre Raffaele Galloro si sarebbe dedicato agli stupefacenti.
Domenico Simonetti, indicato come alle dirette dipendenze di Mazzotta, si sarebbe occupato di raccogliere voti in occasione delle competizioni elettorali ed in favore dei candidati indicati da Mazzotta, ponendo in essere una serie di attività (riscossione di somme di denaro, gestione di rapporti con altri soggetti di interesse del sodalizio) per conto di Mazzotta a seguito dell’arresto di quest’ultimo. Antonio Sciarrone (oltre a commettere reati in materia di stupefacenti) avrebbe rifornito di munizioni Luca Belsito, utilizzandole, su sua indicazione, per commettere atti intimidatori.
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