Protesta in carcere. Il Sappe diserta la mensa e avvisa: «Processi a rischio»
UNA giornata di astensione dalla mensa obbligatoria. Una sorta di sciopero della fame, promosso dal Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenzia), che ha visto l’adesione di oltre il 90% del personale in servizio presso il carcere di Vibo Valentia.
La risoluta forma di protesta è stata attuata nella giornata di oggi allo scopo di «sollecitare un confronto con il direttore della struttura carceraria finalizzato alla risoluzione di problemi di sua competenza» e di sensibilizzare, rispetto ad ulteriori problematiche, i competenti uffici superiori dell’amministrazione penitenziaria, cui è stata inoltrata un’apposita nota.
A darne notizia è il segretario provinciale dell’organizzazione di categoria, Francesco Ciccone, il quale, dopo i disagi relativi alla carenza di acqua dei giorni scorsi, elenca vecchie e nuove recriminazioni che hanno a che vedere con le condizioni con cui gli agenti devono quotidianamente fare i conti all’interno dell’istituto di pena del capoluogo. Come «la pulizia della caserma agenti, cui è addetto un solo detenuto che si deve occupare al tempo stesso anche dell’area esterna, con il risultato che da oltre 30 giorni la caserma non viene pulita, con evidenti conseguenze igienico- sanitarie». Vi sono poi «infiltrazioni d’acqua nella caserma che, in mancanza di manutenzione, si accentueranno con la stagione invernale e le piogge». Ancora la mensa agenti finisce nel mirino del Sappe in quanto «non viene più rispettato il menù previsto dall’appalto, la qualità e la quantità del cibo lasciano a desiderare, sono critiche le condizioni igienico sanitarie, mancano vassoi e posate».
Ci sono inoltre le turnazioni da rivedere, con «gli assistenti capo che sono chiamati a svolgere incarichi di sorveglianza generale, turni serali con l’assenza di preposti, e con la soppressione del posto di servizio che vede tutte le responsabilità ricadere esclusivamente sul coordinatore della sorveglianza generale – nonché – un’organizzazione di lavoro che grava sul personale con turni di otto/dodici ore». C’è poi un «servizio postale affidato alla polizia penitenziaria, pur in presenza di personale del comparto ministeri che potrebbe svolgerlo» e la «mancata installazione di distributori automatici per bevande calde e fredde», causa di malcontento tra il personale, così come «l’assenza di un vestiario che da più di tre anni non viene distribuito».
Per non parlare di uno dei principali problemi che l’organizzazione si trova a fronteggiare: «la gravissima carenza organica» frutto dei continui tagli ministeriali che, «dalle 250 unità previste nel 1997», hanno portato il personale «alle solo 142 unità stanziate nel 2013». A questo si aggiunge «l’assenza di mezzi nuovi e di fondi per procedere alla riparazione di quelli guasti, tant’è che attualmente c’è il serio rischio che saltino le udienze in quanto su 12 mezzi a disposizione ben 9 sono indisponibili e solo tre sono in uso». Infine, si citano le «Insufficienti ed inadeguate relazioni sindacali, testimoniate dalle mancate convocazioni richieste e dal mancato riscontro alle note già trasmesse».