Suicidio di Sonia Pontoriero, assolti tre sanitari vibonesi
La Corte d’Assise di Catanzaro non ritiene responsabili gli imputati del reato di abbandono di persona incapace
La Corte d’Assise di Catanzaro ha assolto perché il fatto non sussiste tre imputati finiti sotto processo per il suicidio di Sonia Pontoriero, la 41enne di Vibo Valentia che si è tolta la vita il 29 settembre del 2016 lanciandosi dal viadotto autostradale sopra Pizzo Calabro. Concorso in abbandono di persona incapace, con l’aggravante di averne cagionato la morte, il reato contestato dalla Procura di Vibo Valentia a tre sanitari in servizio nel reparto di Psichiatria dell’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia. Le assoluzioni interessano: la psicologa Giovanna De Maria, 66 anni di Vibo Valentia (avvocato Vincenzo Cantafio); Fulvia Franca Mazza, 67 anni, di Vibo Valentia, psichiatra (difesa dagli avvocati Salvatore Staiano e Francesco Muzzopappa); l’infermiere Raffaele Sette, 61 anni, di Arena (avvocato Vincenzo Gennaro). [Continua in basso]
Le indagini sul decesso di Sonia Pontoriero erano state condotte dai carabinieri della Stazione di Pizzo Calabro. Secondo gli inquirenti, sulla base delle testimonianze di quanti erano venuti in contatto con la donna nelle sue ultime ore di vita e della documentazione acquisita nel reparto ospedaliero, Sonia Pontoriero qualche ora prima di suicidarsi era stata accompagnata dai parenti in ospedale in evidente scompenso psicotico per essere sottoposta a un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Qui, però, i sanitari giudizio – secondo l’accusa – avrebbero abbandonato a se stessa la donna, già giudicata incapace per malattia di mente ed affetta da scompenso psicotico con deliri persecutori, omettendo di sottoporla al Tso e provvedendo solo a firmare la proposta di Tso senza tuttavia eseguirlo, nonostante vi fossero – ad avviso degli inquirenti – tutti i presupposti e nonostante l’autorizzazione all’utilizzo della forza da parte di un familiare lì presente. I sanitari avrebbero quindi lasciato che la Pontoriero si allontanasse liberamente dal reparto.
Allontanamento concluso poi con il suicidio che gli investigatori considerano prevedibile in conseguenza dell’abbandono e delle precarie condizioni psichiche della donna. I difensori sono riusciti tuttavia a dimostrare che i sanitari non avevano alcun obbligo di trattenere Sonia Pontoriero in ospedale in quanto mancava il Tso e vi era solamente la proposta ad eseguirlo, che però doveva essere convalidata dal medico e, soprattutto, il provvedimento doveva essere firmato dal sindaco. Da qui l’assoluzione di tutti gli imputati. Parte offesa nel procedimento penale figurava Rosa Garretta, la mamma di Sonia Pontoriero, assistita dall’avvocato Giuseppe Di Renzo. Sonia Pontoriero era stata recuperata in stato di incoscienza ma ancora viva dai vigili del fuoco sotto il ponte dell’autostrada. Le sue condizioni erano però apparse subito gravissime, tanto da spirare una volta arrivata all’ospedale di Vibo Valentia. Sonia era molto conosciuta a Vibo Valentia, città nella quale era nata e cresciuta. Negli ultimi tempi si spostava spesso a Roma per ragioni di lavoro.