Autobomba di Limbadi, sei richieste di condanna nell’inchiesta “Demetra 2”
La Dda invoca anche due ergastoli nel processo con rito abbreviato dinanzi al gup. Secondo l’accusa, per saldare un debito relativo all’acquisto di stupefacenti, due giovani di Soriano Calabro avrebbero accettato di fabbricare la radio-bomba costata la vita a Matteo Vinci
Sei richieste di condanna sono state formulate dal pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, nel processo con rito abbreviato per gli imputati del procedimento penale nato dall’operazione antimafia denominata “Demetra 2”. Omicidio, tentato omicidio, danneggiamento, porto di esplosivi e tentata estorsione sono le accuse che Dda di Catanzaro muove nei confronti di due giovani di Soriano Calabro.
Si tratta di: Filippo De Marco, 42 anni (difeso dagli avvocati Giuseppe Orecchio e Vincenzo Cicino) per il quale è stata chiesta la condanna all’ergastolo e Antonio Criniti, 31 anni (assistito dall’avvocato Pamela Tassone), nei cui confronti è stata analogamente chiesta la condanna all’ergastolo. I due imputati, secondo l’accusa per sdebitarsi della cessione di sostanze stupefacenti per il costo di settemila euro, avrebbero fabbricato e materialmente posizionato la micidiale bomba che ha fatto saltare in aria l’auto sulla quale il 9 aprile 2018 viaggiavano Matteo Vinci, deceduto, ed il padre Francesco Vinci che è rimasto gravemente ferito. I reati sono tutti aggravati dalle modalità e dalle finalità mafiose. I mandanti della spedizione di morte vengono indicati in Rosaria Mancuso, 66 anni, e nel genero Vito Barbara, 31 anni, i quali per tale accusa hanno seguito il processo con rito ordinario dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro e condannati nel dicembre scorso alla pena dell’ergastolo.
Criniti e De Marco avrebbero approfittato di un momento in cui Francesco Vinci si trovava in una zona isolata in compagnia solo del figlio Matteo Vinci per portare a termine l’azione criminale culminata con l’esplosione della radio-bomba. [Continua in basso]
Gli stupefacenti
Associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico è invece l’accusa mossa nei confronti di Pantaleone Mancuso (cl. ’63) e di Alessandro Mancuso, 23 anni. I due Mancuso non hanno legami di parentela diretta con la più famosa famiglia dei Mancuso. Zio e nipote, in concorso con Vito Barbara, Antonio Criniti, Filippo De Marco e Domenico Bertucci, 29 anni, di Spadola, sono accusati di essersi associati stabilmente per la coltivazione, trasporto, spaccio e cessione di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana). Queste le richieste di condanna formulate nei loro confronti dal pm: 20 anni per Vito Barbara; 8 anni per Domenico Bertucci; 9 anni e 2 mesi per Pantaleone Mancuso; 7 anni e 8 mesi per Alessandro Mancuso.
Quale promotore, direttore ed organizzatore dell’associazione viene indicato Vito Barbara, mentre Antonio Criniti e Filippo De Marco si sarebbero occupati delle modalità di approvvigionamento dello stupefacente. Partecipi all’associazione vengono indicati Pantaleone Mancuso, Alessandro Mancuso e Domenico Bertucci, con Vito Barbara che, con l’intermedizione di Pantaleone Mancuso, avrebbe acquistato per conto di soggetti ancora da identificare circa dieci chili di stupefacente.
Nel maggio 2018, Vito Barbara e Pantaleone Mancuso avrebbero poi acquistato sostanza stupefacente, del tipo marijuana, per un quantitativo pari a circa cinque chili da due persone di Rosarno.
I genitori di Matteo Vinci nei confronti di Filippo De Marco e Antonio Criniti si sono costituiti parte civile con l’avvocato Giuseppe De Pace.
Vito Barbara è difeso dagli avvocati Giovanni Vecchio e Fabio Costarella, Domenico Bertucci è assistito dagli avvocati Domenico Rosso e Luca Cianferoni, Antonio Criniti dall’avvocato Pamela Tassone, Filippo De Marco dagli avvocati Giuseppe Orecchio e Vincenzo Cicino, Pantaleone Mancuso dall’avvocato Francesco Schimio, Alessandro Mancuso dall’avvocato Salvatore Campisi.
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