Processo “Rimpiazzo” a Vibo contro i Piscopisani: la deposizione del collaboratore Daniele Bono
Salta invece l’esame della compagna Loredana Patania. Lo scontro con i Patania di Stefanaconi sostenuti dai Mancuso e il reclutamento dei killer per eliminare i vertici della consorteria di Piscopio
Deposizione del collaboratore di giustizia Daniele Bono, 36 anni, oggi nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani ed alcuni esponenti del clan Mancuso. Dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, il collaboratore ha ripercorso – collegato in videoconferenza ed assistito in aula dall’avvocato Caterina De Luca – la genesi e l’evoluzione dei suoi rapporti con il clan Patania di Stefanaconi sin dal dicembre del 2011 per arrivare infine alla decisione di collaborare con la giustizia. «Mi sono costituito spontaneamente il 20 settembre del 2012 pur non avendo nessun provvedimento a carico. Volevo cambiare vita, specie dopo un attentato subìto dalla mia compagna Loredana Patania. Ho riportato condanne per vari reati ed anche per l’omicidio nel marzo del 2012 di Francesco Scrugli, per il tentato omicidio a Stefanaconi di Francesco Calafati, oltre che per il reato di associazione mafiosa insieme al clan Patania. Fortunato Patania era di Stefanaconi ed è stato ucciso dai Piscopisani per vendicare l’omicidio di Michele Mario Fiorillo avvenuto due giorni prima. Così mi raccontavano i figli di Fortunato Patania – ha dichiarato Bono – facendo ricadere la responsabilità per l’omicidio del padre su Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo e Raffaele Moscato, alleati a Calafati ed a Bartolotta di Stefanaconi». Un dato, questo dell’alleanza fra i Piscopisani ed il gruppo di Bartolotta-Calafati di Stefanaconi, smentito invece dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato che del clan dei Piscopisani ne era uno dei vertici. [Continua in basso]
«I Patania erano appoggiati dai Mancuso – ha continuato Bono ed io stesso ho fatto diversi appostamenti per cercare di eliminare Francesco Scrugli e Rosario Battaglia. Con i Patania di Stefanaconi siamo anche mezzi parenti perché Fortunato Patania era originario di Sant’Angelo di Gerocarne, paese dove io abitavo. I figli di Fortunato Patania sono: Salvatore, Pino, Nazzareno, Saverio e Bruno Patania. Sono stati i fratelli Patania a commettere il tentato omicidio ai danni di Rosario Fiorillo a Piscopio, ma non ottenendo risultati nelle azioni di fuoco hanno chiesto il mio aiuto mostrandosi ai miei occhi come delle vittime e dicendo che non erano stati loro ad uccidere Michele Mario Fiorillo. Quando ho iniziato i miei rapporti con i Patania – ha ripreso il collaboratore – io abitavo a Sant’Angelo di Gerocarne, dopo mi sono trasferito a Stefanaconi a casa di Nazzareno Patania. Sono stato io a presentare e portare ai Patania Nicola Figliuzzi di Sant’Angelo di Gerocarne, mio amico di vecchia data, il sardo Mauro Uras ed i killer stranieri Vasvi Beluli ed Arben Ibrahimi. Alle riunioni con i Patania partecipava anche Francesco Lopreiato di San Gregorio d’Ippona, cognato di uno dei Patania. Con Nicola Figliuzzi – ha ricodato ancora Daniele Bono – facevamo appostamenti costanti nel tentativo di sorprendere ed uccidere Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo e Francesco Scrugli che però erano molto scaltri.
Del gruppo dei Piscopisani al vertice c’era pure Nazzareno Fiorillo, detto U Tartaru. Alla fine sono stati Beluli, Ibrahimi e Uras a sparare a Vibo Marina uccidendo Francesco Scrugli, cognato di Andrea Mantella. Si trattava di killer reclutati dai Patania e da me per uccidere i Piscopisani. I due stranieri vivevano a Canino, in provincia di Viterbo, e siamo andato io, Nicola Figliuzzi e Salvatore Callea a prenderli e portarli in Calabria in un appartamento di Pizzo. Erano coinvolti pure in omicidi compiuti nel Reggino. A sostenere i Patania con soldi ed armi era Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, che sono anche andato a trovare a Nicotera Marina insieme a Saverio Patania. Mancuso diceva – ha raccontato il collaboratore – che bisognava eliminare subito i Piscopisani, oltre a Calafati di Stefanaconi. Io non so di cosa si occupavano esattamente i Piscopisani, ma i Patania, che non erano battezzati nella ‘ndrangheta, e Mancuso mi dicevano che facevano omicidi ed estorsioni a Piscopio, Vibo e Vibo Marina. A volte a fare da tramite fra i Patania e Pantaleone Mancuso era un ragazzo di nome Manuel, di cui non ricordo il cognome, che stava sempre con Pantaleone Mancuso». Rispondendo nel corso del controesame alle domande dell’avvocato Francesco Manti è poi emerso che il collaboratore Daniele Bono quando fu sentito dagli inquirenti aveva detto di non ricordare il soprannome del Pantaleone Mancuso (Scarpuni) che aveva incontrato a Nicotera, a differenza della deposizione odierna dove ha parlato espressamente di Scarpuni. [Continua in basso]
Per lamentati problemi inerenti la sicurezza personale non ha invece inteso deporre stamane la collaboratrice di giustizia Loredana Patania, compagna di Daniele Bono, cugina dei fratelli Patania ed ex moglie di Giuseppe Matina (alias “Gringia”), quest’ultimo ucciso dagli stessi Patania. Per la sua escussione (dopo essere stata richiamata dalla presidente Tiziana Macrì a tenere un contegno consono) se ne parlerà alla prossima udienza.
Gli imputati del processo “Rimpiazzo” che si sta celebrando dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia con rito ordinario sono 36: Giuseppe Salvatore Galati, 58 anni, detto “Pino il ragioniere”, indicato quale “capo società” del clan dei Piscopisani; Nazzareno Galati, 32 anni, di Piscopio; Rosario Battaglia, 37 anni, uno dei vertici del “locale” di Piscopio; Giuseppe Brogna, 63 anni, di Piscopio; Stefano Farfaglia, 38 anni, residente a San Gregorio d’Ippona; Angelo David, 38 anni, di Piscopio; Benito La Bella, 34 anni, di Piscopio; Nicola Barba, detto “Cola”, 69 anni, di Vibo Valentia, residente a Bivona; Nazzareno Colace, 57 anni, di Portosalvo; Ippolito Fortuna, 61 anni, di Vibo Marina; Francesco Tassone, 44 anni, imprenditore agricolo residente a Vibo; Francesco Felice, 28 anni, di Piscopio; Maria Concetta Fortuna, 63 anni, di Piscopio; Nazzareno Fortuna, 32 anni, di Piscopio; Pantaleone Mancuso, 60 anni, detto “Scarpuni”, di Limbadi, residente a Nicotera Marina; Nazzareno Pannace, 32 anni, di Vibo ma domiciliato a Bologna;
Francesco Popillo, 36 anni, di Vibo ma residente a Bologna; Francesco Romano, 35 anni, di Briatico; Pierluigi Sorrentino, 31 anni, di Vibo Marina; Michele Staropoli, 55 anni, di Piscopio; Domenico D’Angelo, 59 anni, di Piscopio; Giuseppe D’Angelo, 48 anni, di Piscopio; Michele Fortuna, 37 anni, di Piscopio; Giuseppe Lo Giudice, 43 anni, di Piscopio; Tommaso Lo Schiavo, 61 anni, di Piscopio; Raffaella Mantella, 48 anni, di Vibo Valentia (sorella del collaboratore Andrea Mantella); Michele Silvano Mazzeo, 51 anni, di Mileto; Simone Prestanicola, 44 anni, di Piscopio; Annarita Tavella, 35 anni, di Vibo Valentia; Gianluca Tavella, 52 anni, di Vibo; Leonardo Vacatello, 53 anni, di Vibo Marina; Luigi Zuliani, 51 anni, di Piscopio; il finanziere Giovanni Tinelli, 45 anni, di Trieste, in servizio a Vibo; Mariano Natoli, 53 anni, di Termini Imerese, anche lui finanziere in forza al Reparto operativo della Guardia di Finanza di Vibo Valentia. [Continua in basso]
Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati: Giovanni Vecchio, Bruno Vallelunga, Antonio Porcelli, Sergio Rotundo, Francesco Muzzopappa, Antonio Porcelli, Brunella Chiarello, Giuseppe Di Renzo, Michelangelo Miceli, Leopoldo Marchese, Diego Brancia, Letteria Porfidia, Guido Contestabile, Francesco Manti, Gregorio Viscomi, Walter Franzè, Salvatore Staiano, Francesco Gambardella, Francesco Sabatino, Gaetano Scalamogna, Maria Grazia Pianura, Michelina Suriano, Francesco Lione, Giuseppe Bagnato, Domenico Anania, Rosa Giorno, Francesco Calabrese, Giovambattista Puteri, Giosuè Monardo, Giuseppe Pasquino, Nazzareno Latassa, Pasquale Grillo, Attilio Matacera.
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