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Soppressione della Fondazione voluta da Natuzza, le modifiche segrete per aggirare lo statuto

Il vescovo Renzo ha respinto la richiesta di supplicatio ricordando gli ostacoli posti da padre Cordiano e quanto fatto firmare sottobanco alla mistica di Paravati al solo scopo di consentire a don Barone di fare il presidente a vita 

Soppressione della Fondazione voluta da Natuzza, le modifiche segrete per aggirare lo statuto

Vengono confermate le anticipazioni de Il Vibonese riguardo al rigetto, da parte del vescovo Luigi Renzo, della richiesta di “supplicatio” inoltrata dalla Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati, dopo la soppressione canonica decretata dal pastore della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Entrando nel merito del documento, inoltrato “al dottor Pasquale Anastasi e ai soci fondatori”, il presule non mette in dubbio “i meriti passati della Fondazione nell’eseguire la volontà di Mamma Natuzza utilizzando al meglio le offerte dei fedeli e realizzando la chiesa e le strutture di servizio sociale”. Subito dopo, però, pone l’attenzione sulla ricostruzione “di parte e non sempre oggettivamente completa” fatta dall’ente “sulla vicenda della rimodulazione di alcuni articoli dello statuto”. E lo fa ripercorrendo le fasi che dalla prima bozza del nuovo statuto, consegnata a don Pasquale Barone il 1° novembre 2015 per essere visionata in anteprima con padre Michele Cordiano ed invece “indebitamente ed impropriamente” consegnata in Consiglio, “senza alcuna mediazione sulle finalità che ci si proponeva”, hanno portato alla nascita, su sua proposta, di una commissione paritetica di studio “che ha lavorato per mesi inutilmente perché il tutto alla fine è stato messo in discussione da padre Michele Cordiano (membro della commissione) con la motivazione che non era stato “verbalizzato” nulla delle decisioni assunte”. Il vescovo ricorda poi il rigetto delle ulteriori bozze, “nate non per mio capriccio o fantasia, ma frutto ogni volta delle nuove acquisizioni concordate”, ed una serie di assemblee di cui una del 22 luglio 2017 “pilotata” e dove don Pasquale Barone “ha vietato ai miei due sacerdoti delegati di portare il mio saluto con la motivazione che la Fondazione era “ente privato” per cui il vescovo non aveva diritto di parola”, sino all’attuale situazione di stallo e di netta rottura.

Il presule entra poi nel merito delle osservazioni della “supplicatio” prodotta dalla Fondazione, facendo alcune puntualizzazioni. Rileva, ad esempio, alcune incongruenze che esigono le modifiche dello statuto, attinenti “all’assurdità che il vescovo fosse membro di diritto in un consiglio in cui il presidente a vita è un sacerdote a lui canonicamente sottoposto”. Al riguardo, monsignor Renzo sottolinea la perplessità avuta al momento della lettura dell’articolo 11 dello statuto, ricevuto in copia su sua insistenza, in cui è detto che “Il presidente eletto del Cda, dura in carica 5 anni e può essere rieletto. Il primo presidente della Fondazione – dichiara – per volontà espressa dalla fondatrice spirituale della stessa, Natuzza Evolo, è il sacerdote Pasquale Barone. Mia domanda: se il presidente per la prima volta (solo per la prima volta!) deve essere lui, don Pasquale, come mai poi la sua nomina si è trasformata in presidente a vita? Risposta: segretamente, fuori dallo statuto, avevano fatto sottoscrivere a Natuzza una dichiarazione secondo cui lui doveva essere sempre presidente. Ma questo non risulta nello statuto approvato da monsignor Cortese. Di fatto e all’occorrenza, dunque, lo statuto è segretamente cambiato, malgrado ancora oggi si continua a sbandierare che questo è stato dettato dalla Madonna a Natuzza e, pertanto, immutabile. Del resto – sottolinea il vescovo – nemmeno l’iscrizione onlus è prevista nello Statuto: come mai è stata fatta? Mistero su mistero!”   [Continua dopo la pubblicità]

Il presule recrimina, quindi, sul fatto che la Fondazione non ha ottemperato a diverse sue richieste, nonostante il ruolo di vigilanza rivestito, ad esempio, sul problema posto prudenzialmente del botteghino di vendite di oggetti e sulla progettazione della chiesa. In ultimo, monsignor Luigi Renzo si sofferma sulla preoccupazione palesata dalla Fondazione, sul fatto che qualora il decreto di soppressione trovasse esecuzione seguirà la dispersione dei beni. E in questo caso consiglia di costituirsi in ente morale civilmente riconosciuto. “Per quello che dipende da me – rassicura – mi prodigherò perché i beni non vadano dispersi, ma vengano affidati a voi, una volta che vi siete ricostituiti civilmente”. Tutte queste considerazioni, sommate ad altre, che portano il vescovo a rigettare la “supplicatio”, “in quanto mancano i presupposti per intraprendere ogni ulteriore percorso di dialogo”. Infine, un’ultima riflessione: “Mi piace riportare quanto l’8 settembre 2008 (un anno prima di morire) Natuzza dettava in Sila (presumibilmente a padre Cordiano) in un messaggio ai laici impegnati: “Stai alle direttive e all’ubbidienza di chi è capo. Impara ad obbedire. Ciò ti porterà a Dio. Il tuo superiore che ti dice di fare questo o quello, potrebbe anche sbagliare. Ma tu fa ciò che ti viene detto e non sbagli di certo. È ubbidienza”. Il consiglio vale per tutti e vale per voi e vale per me per fare le cose per bene”.   LEGGI ANCHE: Soppressione della Fondazione Cuore Immacolato, il vescovo respinge la “supplicatio”

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