Soppressione della Fondazione voluta da Natuzza, ecco tutti i passaggi della decisione del vescovo
Cancellata dal registro degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti a causa del venir meno dei presupposti di legge. Inutili tutti i tentativi di addivenire alla modifica dello Statuto
Il decreto di soppressione canonica alla Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati, da parte del vescovo Luigi Renzo, rappresenta solo l’ultimo atto di una vicenda, per certi versi irrazionale, che si trascina da tempo. La drastica disposizione del presule, comunicata alla Prefettura di Vibo Valentia e al presidente della Fondazione don Pasquale Anastasi, sancisce lo strappo definitivo tra le parti, con conseguenze per la Fondazione facilmente immaginabili. Il provvedimento, infatti, sopprime il riconoscimento della personalità giuridica all’ente morale e, di conseguenza, revoca alla stessa “l’assenso necessario per il riconoscimento della personalità giuridica di diritto civile”, con tanto di cancellazione dal registro degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti per il venir meno dei presupposti di legge in forza dei quali era stato concesso il riconoscimento dal Ministero dell’Interno in data 19 luglio 1999. Nel decreto di soppressione, monsignor Luigi Renzo ripercorre l’intera vicenda, partendo dal momento in cui, in forza del decreto emesso dal suo predecessore, monsignor Domenico Tarcisio Cortese, in data 22 febbraio 1999 veniva approvata la nascita della Fondazione, con conseguente riconoscimento alla stessa della qualifica di ente di religione e di culto. Quindi il riferimento alla “necessaria revisione di alcune parti dello Statuto sia per alcune incongruenze più volte rilevate soprattutto riguardo al ruolo del vescovo all’interno del Cda, sia per meglio regolamentare e stabilizzare, conformemente alla normativa canonica, il rapporto tra la Fondazione e la diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea alla luce anche delle nuove realtà strutturali realizzate, al fine di una tutela e salvaguardia dell’ecclesialità dell’opera e della spiritualità di Natuzza Evolo”. Il vescovo sottolinea poi “l’assoluta indisponibilità dimostrata dalla Fondazione in oltre tre anni di trattative alla rimodulazione di alcuni articoli dello Statuto, nella convinzione che il medesimo fosse immutabile, pur dopo aver costituito di comune accordo, in tempi distinti, due Commissioni paritetiche di studio ad hoc che, comunque, per responsabilità della Fondazione stessa non hanno sortito alcun esito così come si evince anche dall’ultimo verbale dei lavori della seconda commissione del 17 dicembre 2018, riunita secondo programma, ma con l’assenza dei delegati della Fondazione”.
Un vero e proprio atto di accusa, dunque, quello del vescovo monsignor Luigi Renzo nei confronti dei rappresentanti dell’ente morale voluto dalla serva di dio di Paravati, Natuzza Evolo, per la realizzazione della Villa della Gioia, il quale prosegue sottolineando come neppure i pareri autorevoli sulla nuova bozza di Statuto espressi dall’Ufficio giuridico della Cei, dal Nunzio apostolico in Italia, dalla Segnatura apostolica, dalla Congregazione del clero, dalla segreteria di Stato Vaticana e dalla Commissione formata dalla Conferenza episcopale calabra, tutti comunicati per conoscenza alla Fondazione, abbiano “sortito l’effetto di alleggerimento della pregiudiziale posizione di rifiuto da parte della stessa”. Al riguardo monsignor Renzo ricorda anche “che a nulla è valso, da ultimo, l’intervento di mediazione con cui la Congregazione del clero in data 12 giugno 2018 ha sollecitato la Fondazione a riallacciare “in spirito di obbedienza i buoni rapporti con il vescovo dotando la Fondazione di un nuovo e valido Statuto canonico, condiviso da tutti gli interessati”. [Continua dopo la pubblicità]
Per uscire dallo stallo dello Statuto “è stata rifiutata perfino la richiesta di un comodato tra Fondazione e diocesi per l’uso della chiesa, ormai completata da anni ed in attesa di essere consacrata ed inaugurata, come da più parti sollecitato”. L’atteggiamento complessivo della Fondazione, secondo il vescovo, “ha impedito e tuttora impedisce il corretto esercizio di vigilanza dell’ordinario, rivelandosi ormai impossibile ogni altro tentativo atto a comporre positivamente in senso collaborativo, e nell’ottica di reale e reciproca fiducia, i rapporti tra Fondazione e diocesi”. Il vescovo ricorsa infine che che con decreto datato 1 agosto 2017 “ha disposto la revoca canonica del decreto di approvazione dello Statuto della Fondazione emesso dal predecessore. Nel frattempo, il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea ha provveduto a far recapitare alla Fondazione il ricavato delle offerte dei fedeli in occasione della messa di apertura del processo di beatificazione di Mamma Natuzza, programmata il 6 aprile scorso, in un primo tempo nella basilica cattedrale di Mileto e poi, per motivi di sicurezza, celebrata nella spianata della Villa della Gioia.
In relazione a quanto su esposto, dal presidente della Fondazione Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime, Pasquale Anastasi, riceviamo e pubblichiamo quanto segue: “Quanto raccolto durante l’offertorio è stato trattenuto dalla diocesi per essere destinato alla causa di beatificazione di Natuzza: la destinazione delle offerte a tale scopo era stata preannunciata dal responsabile diocesano dell’organizzazione della Celebrazione al sottoscritto ed al Vicepresidente, avvocato Vincenzo Trungadi, nel corso di un incontro preliminare avvenuto in Diocesi e poi confermata dal medesimo organizzatore nel corso di un successivo incontro avvenuto in Fondazione con tutti gli “Operai della Cittadella di Maria”. Nulla è stato poi recapitato alla Fondazione, che non ha richiesto nulla, condividendo la finalità della raccolta”.
LEGGI ANCHE:Fondazione Natuzza, il vescovo firma il decreto di soppressione canonica – Video