Colpo al clan Molè, chimici e palombari per recuperare la cocaina in mare – Video
Sono 36 gli arresti eseguiti dalla Procura di Reggio Calabria contro la cosca Molè, coinvolte anche Firenze e Milano. Tra i reati contestati associazione mafiosa, estorsione e traffico di droga
Sono 36 le persone arrestate (31 dei quali destinatari della misura cautelare della custodia in carcere e 5 della misura cautelare degli arresti domiciliari) nell’ambito dell’operazione Nuova Narcos Europea condotta dalla Dda di Reggio Calabria che ha visto coinvolte anche anche le Procure di Milano e Firenze. Sequestrate 2 società, 4 terreni, nonché rapporti bancari e finanziari. Le persone arrestate sono indagate, a vario titolo, per i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravati dalla circostanza del metodo e dell’agevolazione mafiosa, nonché per produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti del genere cocaina. [Continua in basso]
Le indagini
Le investigazioni, svolte sotto le direttive del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci, rappresentano lo sviluppo di elementi acquisiti nel corso dell’operazione convenzionalmente denominata Handover che, il 20 aprile 2021, era culminata nell’arresto di 53 soggetti indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e cessione di sostanze stupefacenti. In particolare nel corso dell’indagine c.d. Handover furono monitorati rapporti sospetti tra presunti affiliati alla cosca Pesce – in quel momento oggetto di approfondimento investigativo – e presunti affiliati alla cosca Molè oggetto delle odierne indagini.
La cosca Molè
Sulla base degli elementi investigativi raccolti, la cosca Molè -la cui esistenza è oggetto di pronunce giudiziarie definitive – sarebbe tuttora operativa attraverso il contributo di alcune persone (7), che risultano indagate oltre che per il reato di associazione mafiosa anche del delitto di estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni. Con riferimento alle estorsioni, le contestazioni riguardano sia somme di denaro consegnate loro da operatori commerciali di Gioia Tauro, che condotte poste in essere nei confronti di operatori del settore ittico, che sulla base delle provvisorie imputazioni, sarebbero stati costretti a consegnare ovvero acquistare pesce da aziende riconducibili agli indagati, che in questo modo avrebbero assunto il controllo dello specifico mercato nel territorio di Gioia Tauro. Sulla base di tali evenienze il gip ha disposto il sequestro preventivo delle due società coinvolte. [Continua in basso]
I rapporti con le altre cosche
L’inchiesta ha inoltre permesso di documentare, per la commissione di alcuni reati, rapporti di collaborazione con soggetti ritenuti appartenenti ad altre cosche di ndrangheta del versante tirrenico. Sul punto risultano indagati e destinatari di misura cautelare in carcere, oltre che soggetti riconducibili alla citata cosca Pesce, anche un esponente della cosca Crea di Rizziconi. Sono stati confermati, inoltre, le relazioni criminali con organizzazioni ndranghetiste della provincia di Vibo Valentia.
Sempre con riferimento al reato associativo e a vicende ritenute di natura estorsiva, le indagini hanno anche approfondito le condotte di alcuni soggetti domiciliati in Lombardia e segnatamente in provincia di Como e Varese, i quali sono stati oggetto di una parallela e collegata inchiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Milano , che ha emesso un Fermo di indiziato di delitto a carico di 54 persone. [Continua in basso]
Il traffico di droga
Le investigazioni condotte hanno inoltre permesso di raccogliere diversi e plurimi elementi ritenuti allo stato probanti dell’esistenza di una associazione internazionale finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti. Di tale associazione sono accusati di essere partecipi anche alcuni dei presunti affiliati della cosca mafiosa, tra cui l’elemento di vertice della stessa. Su tale fronte le indagini hanno permesso di individuare l’arrivo di carichi di cocaina sia presso il Porto di Gioia Tauro che presso il porto di Livorno. Proprio nell’area portuale toscana, tra il 6 e l’8 novembre 2019, venivano individuati e sequestrati complessivamente 430 panetti di cocaina, del peso, ciascuno, di 1100 grammi circa, occultati all’interno di una cavità di laminati in legno, spediti dal Brasile.
A seguito dell’ingente sequestro veniva avviata una parallela e collegata inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Firenze, nel cui ambito sono emersi elementi che portano, allo stato, a ritenere che l’organizzazione finalizzata al narcotraffico si è avvalsa della complicità di alcuni portuali dello scalo marittimo livornese, che avrebbero avuto il compito di agevolare il recupero del carico di cocaina. Sul punto il gip del Tribunale di Firenze su richiesta di quella Dda ha emesso una misura cautelare a carico di 14 soggetti, a cui è stata data esecuzione sempre nel corso della mattinata odierna.
Sempre grazie alle risultanze delle attività tecniche di intercettazioni, il 25 marzo 2020, in una masseria di Gioia Tauro (per la quale il gip ha disposto il sequestro preventivo), sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 500 kg di cocaina, anch’essi suddivisi in panetti di 1 kg circa, alcuni dei quali marchiati con il logo Real Madrid, giunti nei giorni precedenti al porto di Gioia Tauro, occultati all’interno di un container commerciale. Nell’occasione veniva tratto in arresto, in flagranza di reato, il soggetto ritenuto al vertice sia della cosca mafiosa che della organizzazione di narcotrafficanti.
Nel corso della medesima indagine venivano effettuati, inoltre, i seguenti sequestri di stupefacente, la cui commercializzazione è riconducibile alla organizzazione indagata:
- in data 19 settembre 2019, all’interno dell’Area di servizio “Agip Tremestieri”, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 3 panetti di cocaina del peso complessivo di 3,289 chili – marchiati con simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio”.;
- in data 20 settembre 2019, nei pressi dello svincolo autostradale di Cosenza Nord, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso 10 panetti di cocaina del peso complessivo di 10,5478 chili; 5 panetti erano marchiati con simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio;
- il 29 settembre 2019, nel Comune di Castelfranco Emilia, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 15 panetti di cocaina dal peso complessivo di kg 16,150. Due panetti avevano raffigurati i simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonici racchiusi in un cerchio”.
- in data 11 novembre 2019, a Villa S. Giovanni, nei pressi dell’area d’imbarco, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 4 panetti di cocaina del peso complessivo di 4.295 chili. Tre panetti erano marchiati con il logo “alfa-omega”.
Chimici e palombari assoldati
Nel settore del narcotraffico, la cosca di ndrangheta oggetto d’indagine si ritiene abbia operato avvalendosi di una ramificazione internazionale non solo per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina, ma anche per il successivo recupero in mare dello stupefacente e per la lavorazione dello stesso.
Sul punto le indagini hanno fatto emergere, nel 2019, la presenza in Italia di persone sud americane (quattro peruviani ed un colombiano, anch’essi destinatari della misura cautelare in carcere) due dei quali assoldati ed ospitati a Gioia Tauro con funzione di chimici e tre esperti palombari fatti giungere a Gioia Tauro per il recupero dello stupefacente in alto mare, in modo da ridurre i rischi connessi all’arrivo dei carichi di droga nel porto.