Omicidio Bruzzese a Pesaro: il ruolo insospettabile del presunto killer vibonese Michelangelo Tripodi
In carcere quale autore dell’omicidio del congiunto di un collaboratore. Avrebbe agito quale sicario dei Crea di Rizziconi. E’ fratello di Danilo Tripodi, l’impiegato del Tribunale di Vibo sotto processo per Rinascita Scott. Le dichiarazioni inedite di Bartolomeo Arena, l’esplosivo, il bazooka e le intercettazioni con l’allora latitante di Soriano Gianluca Tassone
Killer riservato del clan Crea di Rizziconi. E’ questo il profilo tracciato dalle Dda di Ancona e Reggio Calabria per Michelangelo Tripodi, 43 anni, di Vibo Valentia, attualmente in carcere con l’accusa di omicidio. E’ il fratello di Danilo Tripodi, 40 anni, in servizio al Tribunale di Vibo Valentia come assistente giudiziario finito sotto processo nell’operazione Rinascita-Scott con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, falsità materiale in atti pubblici e abuso d’ufficio.
Michelangelo Tripodi si trova detenuto in quanto ritenuto il presunto killer che il 25 dicembre del 2018 in via Bovio a Pesaro ha ucciso Marcello Bruzzese. Il reato è aggravato dalle finalità mafiose. Gli vengono contestati anche i reati di porto e detenzione illegale di armi, unitamente all’altro presunto sicario, Francesco Candiloro, 42 anni, residente nel Bresciano. Pianificatore dell’azione di fuoco sarebbe stato Rocco Versace di 54 anni, di Rizziconi. [Continua in basso]
Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro sono accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del pentito Girolamo Biagio Bruzzese, che nel 2003 uscì dalla ‘ndrangheta dopo aver cercato di uccidere il patriarca del clan Crea, Teodoro Crea.
Marcello Bruzzese è stato ucciso con venti colpi di pistola. Dalle indagini è emersa una lunga pianificazione del delitto. Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro sono stati ripresi dai filmati degli impianti di videosorveglianza a bordo di due auto le cui targhe erano state però clonate. I sopralluoghi nella località di residenza della vittima e dei suoi parenti erano iniziati molti mesi prima. I filmati delle telecamere di videosorveglianza di Pesaro hanno immortalato due volti maschili, anche se travisati (poi dalle indagini identificati in Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro), in prossimità della casa della vittima. Sono stati ripresi anche a piedi il giorno dell’omicidio e nei giorni precedenti.
Eseguito l’omicidio a Pesaro, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro, secondo le risultanze investigative avrebbero trascorso la notte a Rimini, per poi separarsi il giorno successivo: Tripodi si sarebbe diretto verso Vibo Valentia, Candiloro verso Brescia. [Continua in basso]
Le accuse da Reggio Calabria
L’inchiesta della Procura di Ancona si intreccia con quelle delle Dda di Reggio Calabria e Brescia. In particolare i magistrati reggini hanno emesso un secondo provvedimento restrittivo nei confronti di Michelangelo Tripodi e anche di Vincenzo Larosa, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Francesco Ponzetta, l’indagine ha consentito di ricostruire le dinamiche criminali della cosca Crea di Rizziconi. I fermati, infatti, stavano pianificando più omicidi nell’interesse del clan Crea, anche come ritorsione per la sentenza emessa il 12 dicembre 2020 dalla Corte di appello di Reggio Calabria che ha condannato il boss Teodoro Crea, il figlio Giuseppe e Antonio Crea. Tutta la ferocia della famiglia di ‘ndrangheta emerge nelle intercettazioni e nelle conversazioni estrapolate dai cellulari degli indagati che progettavano attentati con il bazooka o con esplosivo che sarebbe servito per far saltare in aria un’auto blindata.
Le due indagini della Dda di Ancona e Reggio Calabria hanno consentito di scoprire che i killer della cosca Crea monitoravano anche gli altri fratelli del collaboratore di giustizia, residenti in diverse località protette. In tale ottica, gli interessati avevano eseguito anche tentativi di contattare i Bruzzese sul web, attraverso fittizi account.
I contatti di Tripodi con il latitante di Soriano
Agli atti dell’inchiesta anche un’intercettazione risalente al 21 gennaio scorso nel corso della quale Michelangelo Tripodi aveva commentato le ultime condanne ai Crea parlandone con Gianluca Tassone, 42enne di Soriano Calabro arrestato nel settembre scorso a Barcellona ed all’epoca latitante (deve scontare 15 anni per narcotraffico internazionale ed è implicato pure in altre inchieste insieme ai Gallace di Guardavalle). Stando alle intercettazioni, per loro i magistrati sono dei “bastardi” che “ne fanno arrivare una dietro l’altra. Ci vorrebbe un Ak 47 e go-go sul grilletto. Tempo ci vuole ma le soddisfazioni a modo nostro una alla volta ce le prendiamo”. Da altre intercettazioni agli atti dell’inchiesta emerge poi che «da alcune conversazioni acquisite e relative a colloqui telefonici in chat, intercorsi tra Tripodi Michelangelo e Tassone Gianluca, emerge in modo inequivoco la possibilità da parte di Tripodi – sottolineano gli inquirenti – di procurarsi costosi documenti d’identità clonati o totalmente falsi, di alta professionalità e pressochè indistinguibili da quelli originari». Tassone non è coinvolto nell’inchiesta sull’omicidio Bruzzese. [Continua in basso]
L’esplosivo ed il bazooka
In una chat del 17 dicembre 2020 tra Michelangelo Tripodi e Gianluca Tassone, Tripodi svela invece che i «progetti omicidiari sono diventati due e che, per eseguire in modo adeguato uno di essi, egli ha bisogno di reperire esplosivo del tipo C4 e C7 (analogo al plastico) perché l’obiettivo viaggia con un’auto blindata».
A partire da novembre 2020, inoltre, Michelangelo Tripodi sarebbe stato coinvolto da Vincenzo La Rosa pure per reperire un bazooka “usa e getta”, ovvero un lanciarazzi portatile anticarro monouso. Avrebbe poi rivendicato un «rapporto più che fraterno con il figlio del capobastone, Teodoro Crea» ovvero con Domenico Crea, catturato nell’agosto del 2019 a Santa Domenica di Ricadi dopo quattro anni di latitanza.
Le dichiarazioni di Bartolomeo Arena
Di Michelangelo (detto anche Michele) Tripodi aveva parlato anche il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, dopo aver affrontato la figura di Danilo Tripodi, l’ex impiegato del Tribunale di Vibo sotto processo per Rinascita Scott. Ecco le inedite dichiarazioni di Arena: «So che il fratello del Tripodi, a nome Michele, mantiene stretti legami con la consorteria mafiosa dei Crea di Rizziconi. In particolare ha intimi rapporti con Mimmo Crea. Ricordo che il citato Michele Tripodi rinvenne una microspia che gli era stata installata dai carabinieri».
Rinchiuso in carcere, nel corso dell’interrogatorio di garanzia Michelangelo Tripodi dinanzi al gip ha fatto scena muta avvalendosi della facoltà di non rispondere.
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