‘Ndrangheta: Moscato e l’escalation dei Piscopisani dalle affiliazioni ai riti mafiosi
Il collaboratore svela tutti i dettagli del suo ingresso nel locale di Piscopio sino alla dote del Vangelo. Il ruolo di Valenti e Carone in carcere ed i rapporti con i reggini
Continuano a riservare aspetti del tutto inediti le dichiarazioni di Raffaele Moscato, fra i principali accusatori del clan dei Piscopisani di cui lo stesso faceva parte con il grado del “vangelo”. L’affiliazione alla ‘ndrangheta di Raffaele Moscato viene svelata in un verbale sinora inedito reso nel gennaio 2018 al pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso. E non mancano le sorprese. “Sono stato battezzato a Natale del 2010 – spiega il collaboratore di giustizia – con la dote di picciotto, da un soggetto che si chiama Ruzzo di Piscopio ed erano presenti Fiorillo Nazzareno, capo del locale, Fiorillo Rosario, Battaglia Rosario, D’Angelo Giuseppe, Brogna Giuseppe, Brogna Stefano e “Zio Lupo”. Mancavano invece il contabile, ossia Fiorillo Michele ed il capo società, ossia Galati Giuseppe in quanto erano detenuti”. Zio Lupo è stato identificato da Moscato in Domenico D’Angelo, mentre Michele Fiorillo e Giuseppe Galati erano stati arrestati a luglio del 2010 nell’operazione antimafia “Crimine” della Dda di Reggio Calabria. “D’Angelo Giuseppe era il punteruolo, Battaglia Rosario era il mastro di giornata e Ruzzo era l’affavellato che era il favorevole. La proposta – continua Moscato – di essere battezzato nel locale di Piscopio me l’avevano fatta Battaglia Rosario e Fiorillo Rosario, sebbene già un anno prima me l’avesse fatta anche Giuseppe Galati”.
Raffaele Moscato entra poi nel dettaglio dei legami dei Piscopisani. “Sin dalle origini noi, come locale di ‘ndrangheta di Piscopio, rispondevamo a Reggio Calabria in quanto la Mamma è sempre là. In particolare il nostro riferimento era la famiglia Pelle di San Luca detta Gambazza. Questo sin da quando partiva il locale di Piscopio, ossia dal 2009. Infatti sono loro che devono dare il benestare per aprire il locale”. Si trattava in realtà di una riapertura del locale – ossia della struttura di ‘ndrangheta radicata in un paese – di Piscopio, posto che la vecchia “società”, secondo Moscato e Andrea Mantella, era invece guidata da Ciccio D’Angelo, detto “Ciccio Ammaculata”. Dell’apertura del nuovo locale di ‘ndrangheta a Piscopio, Raffaele Moscato sarebbe venuto a conoscenza “per averlo appreso da Giuseppe Galati, quando lo stesso parlando con Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo mi propose – ricorda Moscato – di battezzarmi con loro. Vicini al locale dei Piscopisani erano Rocco Aquino di Marina di Gioiosa Ionica, Giuseppe Commisso di Siderno, Peppe Pelle detto Gambazza, Peppe Catalano e, in particolar modo, Franco D’Onofrio”. Quest’ultimo, originario di Mileto e residente in Piemonte, secondo Moscato sarebbe un personaggio di primissimo piano dell’intera ‘ndrangheta, già coinvolto nell’operazione antimafia della Dda di Torino denominata “Minotauro”. Giuseppe Catalano si è invece suicidato in Piemonte. “Che questi soggetti fossero vicini ai Piscopisani – aggiunge Moscato – io lo sapevo in quanto con Franco D’Onofrio e Peppe Catalano abbiamo mangiato insieme a Torino, al bar Italia in un periodo di poco precedente al matrimonio di Fiorillo Michele. Questo lo ricordo in quanto ci eravamo recati dai predetti soggetti a Torino per consegnargli gli inviti al matrimonio di Fiorillo. Quando sono stato battezzato nel locale di Piscopio – ricorda il collaboratore – ho dovuto baciare in fronte tutti i presenti. Le doti di camorrista e sgarrista le ho ricevute nel carcere di Catanzaro nel giugno del 2012 e portavo nella copiata Nazzareno Fiorillo, Giuseppe Galati e Michele Fiorillo. Al conferimento erano presenti Salvatore Carone di Tropea e Emanuele Valenti di San Gregorio d’Ippona, che erano bravi con l’affavellamento, ossia con la recitazione delle formule dei battesimi”. Moscato svela quindi due particolari di estremo interesse e del tutto inediti: il carcere – in questo caso quello di Catanzaro – anziché luogo di rieducazione diviene un posto nel quale procedere a promozioni mafiose; alla sua “elevazione” mafiosa con il conferimento delle doti di “camorrista” e “sgarrista” avrebbero presenziato Salvatore Carone di Tropea e, soprattutto, Emanuele Valenti, condannato nel 2014 in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dell’allora 24enne Michele Brogna, ucciso il 18 febbraio 2009 in località “Favazzina” di Zammarò. Si tratta di uno degli omicidi più efferati mai consumati nel Vibonese, con la vittima fatta inginocchiare e poi sparata in faccia da distanza ravvicinatissima con un fucile. [Continua dopo la pubblicità]
“A Piscopio la dote dello sgarro – prosegue Moscato – viene data dopo il compimento di un fatto di sangue ed io avevo commesso l’omicidio di Patania Fortunato. L’indicazione di darmi le doti proveniva da Rosario Battaglia che era detenuto nell’altro padiglione del carcere di Catanzaro. A Catanzaro – sottolinea il collaboratore – i conferimenti delle doti di ‘ndrangheta hanno luogo tutti i giorni. Nel 2013-2014, nel carcere di Frosinone mi hanno dato le doti della Santa e del Vangelo, nella stessa circostanza. La Santa la si può avere per massimo sei mesi e poi si deve avere il Vangelo. La Santa ti consente di avere rapporti con le istituzioni, le forze dell’ordine e magistrati, le puoi corrompere e puoi averci liberamente a che fare. Queste doti mi sono state conferite in quanto dovevo avere lo stesso livello dei vertici del locale di ‘ndrangheta di Piscopio che, come dote massima, porta il Vangelo. In questo caso della mia copiata facevano parte Surace Luca di Anoia, responsabile del Vangelo di tutta la Piana di Gioia Tauro; per Reggio Calabria c’era un certo Barbaro non di Platì, mentre per la zona Jonica non ricordo chi vi fosse. La ragione per la quale vi erano questi soggetti è che dopo la terza dote, ossia lo sgarro, non si portano più persone del proprio locale di provenienza, ma si portano i tre responsabili di ciascuna dote, uno per la Piana di Gioia Tauro, uno per la costa ionica e uno per Reggio Calabria”. Raffaele Moscato conclude rivelando quindi una novità di rilievo nelle dinamiche mafiose calabresi: “Dopo gli arresti dell’operazione Crimine non si indicano più i nomi delle copiate ma ci si limita a fare dei gesti, per evitare che gli stessi vengano scoperti nelle intercettazioni”. Una precauzione necessaria per la ‘ndrangheta dopo la maxi-retata dell’operazione “Crimine” del 2010 che ha portato in carcere ed alla successiva condanna anche di due elementi di spicco del clan dei Piscopisani: Michele Fiorillo, contabile del clan, e Giuseppe Galati, indicato quale capo società. In foto in copertina: Raffaele Moscato. Dall’alto in basso: Giuseppe Galati, Emanuele Valenti, Giuseppe Commisso e Giuseppe Pelle LEGGI ANCHE: Narcotraffico: il pentito Moscato e la perdita dei soldi dopo un sequestro nel porto di Livorno
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