Longobardi, il crollo della strada minaccia la sopravvivenza delle uniche attività: «Aiutateci» -Video
L'ennesima chiusura dell'arteria che dal capoluogo conduce a Vibo Marina ha isolato una frazione gettando nella disperazione due fratelli: «Siamo rovinati»
Un paese fantasma, quasi spettrale. Si presenta così Longobardi dopo la chiusura, l’ennesima, della principale via che collega il capoluogo a Vibo Marina e attraversa per intero la frazione, franata dopo neppure 3 mesi dall’inaugurazione. In questo lembo di territorio, vivono 500 persone, per lo più anziani. Ripiombate loro malgrado nell’isolamento. Raggiungere il capoluogo è diventa un’impresa. Ai problemi di mobilità e solitudine, si aggiunge la disperazione dei titolari delle uniche due attività commerciali. Un bar tabacchi e un negozio di alimentari gestiti da due fratelli, Massimiliano e Antonio Lo Turco.
Strada chiusa e paese isolato
Un’attività ultra cinquantennale che rischia di scomparire, non per la crisi economica e neppure per gli effetti del Covid, ma per una strada crollata. Il passaggio delle auto lungo via Roma, infatti, rappresentava la principale fonte di guadagno per i due commercianti. I guai iniziano nel 2019, con il crollo parziale della strada, prima percorribile a senso alternato, poi chiusa. La messa in sicurezza del tratto richiede tanto, troppo tempo. È il 2 luglio scorso quando la strada viene riaperta al transito. Ma basta una pioggia, tre mesi dopo, a inghiottire nuovamente l’asfalto e vanificare i lavori.
Sull’orlo del baratro
E mentre il Comune di Vibo cerca il responsabile della disfatta, i due fratelli annaspano tra i debiti. «Come paghiamo i fornitori, le bollette, il mutuo e le tasse comunali se non incassiamo quasi niente? Mettetevi una mano sulla coscienza. Aiutateci. Ridateci la strada». Massimiliano ci mostra l’incasso della giornata: 15 euro». Resta immobile davanti alla sua bottega. Braccia conserte in attesa che qualche cliente varchi la porta.
«Signor sindaco, siamo disperati»
Ci mostra un plico di carte. La maggior parte sono tributi comunali. «Ho provato a dilazionarli – ammette – ma non sono riuscito a onorare l’impegno. Signor sindaco, siamo disperati». Gli fa eco il fratello maggiore. «Anni di sacrifici buttati al vento – dice -. Ogni giorno ci arrivano solleciti dalla banca, dai fornitori. Ci sentiamo in balia delle onde senza sapere che fine faremo. Chiediamo aiuto per potere andare avanti. Abbiamo sempre lavorato onestamente e vogliamo continuare a farlo». Gira dietro al bancone, il monitor è spento, come pure la macchina del caffè. Da un mobiletto tira fuori delle pillole. «Sono per tenere sotto controllo l’ansia…».