Omicidio Vangeli, i telefonini di vittima ed imputato agganciati dalla stessa cella telefonica
La novità di rilievo ed importante per la pubblica accusa emersa oggi in Corte d’Assise nel processo che vede imputato Antonio Prostamo. Il corpo del 26enne di Filandari non è stato ancora ritrovato
Novità rilevante in Corte d’Assise a Catanzaro nel processo per la scomparsa del 26enne Francesco Vangeli, sparito ad ottobre 2018 da Scaliti di Filandari ed il cui corpo non è stato ancora ritrovato. Dinanzi ai giudici si trova un solo imputato, Antonio Prostamo, 32 anni, di San Giovanni di Mileto, accusato di concorso in omicidio. Nel parallelo processo celebrato con rito abbreviato, il 23 dicembre dello scorso anno il gup distrettuale ha infatti già condannato a 30 anni di reclusione Giuseppe Prostamo, di 34 anni, fratello di Antonio.
La novità odierna è emersa dalla deposizione del vice brigadiere dei carabinieri Danilo Curcio – all’epoca dei fatti in servizio alla Stazione di Filandari – che ha risposto alle domande del pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci. E’ stata così illustrata alla Corte l’attività integrativa di indagine dalla quale è emerso che alle ore 1.04 della notte del 10 ottobre 2018 il telefonino intestato ed in uso ad Antonio Prostamo – soggetto che si doveva trovare a casa ristretto ai domiciliari – è stato agganciato da una cella telefonica sita nel territorio comunale di Dinami. Non solo. Si tratta della stessa cella telefonica che ha agganciato pure per l’ultima volta il telefonino di Francesco Vangeli, nella medesima località dove è stata poi rinvenuta la sua auto data alle fiamme. Un punto importante, quindi, per l’ufficio di Procura distrettuale che sostiene la pubblica accusa contro Antonio Prostamo. [Continua in basso]
Secondo la ricostruzione accusatoria, avendo Francesco Vangeli compreso la gravità della situazione – anche alla luce della riconciliazione con la fidanzata Alessia Pesce avvenuta proprio nella mattina del 9 ottobre, ragazza contesa con Antonio Prostamo – si sarebbe portato con Alessio Porretta a Nao di Ionadi per informare della situazione Fausto Signoretta (in virtù, per la Dda di Catanzaro, della vicinanza di quest’ultimo alla famiglia Mancuso avendo lo stesso Signoretta battezzato la figlia di Giuseppe Mancuso, figlio di Giovanni Mancuso) e riferirgli che era in procinto di recarsi a San Giovanni di Mileto.
Successivamente, Francesco Vangeli si sarebbe recato dai Prostamo, “portando con sé, come “garanzia” per la propria incolumità il suo amico Alessio Porretta, attesi i rapporti parentali di Porretta – evidenzia la Procura distrettuale – con la famiglia Tavella di San Giovanni di Mileto, affiliata al medesimo locale di ‘ndrangheta a cui appartiene la famiglia Prostamo”.
Giunti sul posto, Porretta sarebbe stato riaccompagnato a casa, mentre Francesco Vangeli sarebbe stato costretto a restare con i Prostamo ed al termine di un “confronto” con i due fratelli Antonio e Giuseppe, sarebbe stato colpito con un colpo d’arma da fuoco, rinchiuso in un sacco nero di plastica ancora moribondo, trasportato a bordo del suo veicolo e gettato nel fiume Mesima ancora agonizzante, mentre la vettura ed il telefono cellulare sono stati dati alle fiamme.
Telefonino di Francesco Vangeli agganciato dalla stessa cella telefonica – ed è questa la novità di rilievo odierna emersa nel corso del processo – che ha agganciato pure il telefonino di Antonio Prostamo in territorio comunali di Dinami ai confini con quello di Laureana di Borrello. Stessa località dove è stata rinvenuta l’auto bruciata di Francesco Vangeli. I familiari di Francesco Vangeli sono parti civili nel processo con gli avvocati Francesca Comito, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Prossima udienza l’11 gennaio.
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