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‘Ndrangheta: il clan dei Piscopisani e gli imprenditori vessati ma pronti a denunciare – Video

Ecco tutti gli episodi estorsivi contestati nell’operazione antimafia “Rimpiazzo”. Il procuratore della Dda Nicola Gratteri: “Fondamentali le denunce delle vittime” 

‘Ndrangheta: il clan dei Piscopisani e gli imprenditori vessati ma pronti a denunciare – Video

Sono tante le vittime della tracotanza criminale del clan dei Piscopisani, una consorteria mafiosa a lungo sottovalutata ma con una caratura delinquenziale di tutto rispetto, pronti ad ogni azione pur di ottenere profitti illeciti in una larga fetta di territorio vibonese. E dove non vi arrivavano loro, erano i sempre presenti Mancuso di Limbadi e Nicotera ad esercitare il loro potere. Imprenditori e commercianti vessati con colpi di pistola e intimidazioni di varia natura, tutti parti lese e molti di loro – come sottolineato ieri in Questura a Vibo dal procuratore Nicola Gratteri – non restii a denunciare.  L’inchiesta “Rimpiazzo” ricostruisce così diversi episodi.

Il più grave è certamente l’agguato teso nel maggio del 2011 all’imprenditore Domenico Bono, titolare della “Bono Costruzioni srl” di Ionadi. Ad essere accusati sono Raffaele Moscato, ritenuto l’esecutore materiale del ferimento a colpi di pistola, e Rosario Fiorillo, alias “Pulcino”. Quest’ultimo è accusato di aver preteso dal costruttore l’esecuzione di lavori di ristrutturazione in un’abitazione. [Continua dopo la pubblicità]

I colpi di pistola contro la Bartolini. Colpi di pistola sono stati esplosi nel settembre del 2011 da Moscato all’indirizzo dei camion della società Brt spa (già Bartolini S.p.a.), parcheggiati all’interno dell’area di sosta della filiale di Vibo Valentia, e del cancello posto a chiusura della predetta area. Il tutto per tentare di costringere la ditta a pagare somme di denaro a titolo di estorsione a Francesco Scrugli, poi ucciso nel marzo del 2012 a Vibo Marina dal clan Patania di Stefanaconi. L’estorsione non è andata a buon fine per il mancato assoggettamento della vittima. 

Gli spari contro l’impresa Gaglioti. Colpi di pistola Raffaele Moscato è accusato di aver esploso il 17 febbraio 2011 – su mandato di Rosario Fiorillo – anche contro un escavatore dell’impresa “Gaglioti Costruzioni srl” di Lamezia che stava eseguendo dei lavori nella piazza di Piscopio. Anche in questo caso l’estorsione non è andata a buon fine per la resistenza della vittima che ha anche subito l’incendio dell’auto il 16 marzo dello stesso anno. 

Il cantiere al Pennello di Vibo Marina. Non è andata meglio neppure alla “Cooperativa Costruzioni Calabrese”, impegnata nel settembre del 2011 in alcuni lavori per il ripristino dell’officiosità idraulica degli attraversamenti stradali nel quartiere Pennello. Diversi i colpi di pistola esplosi da Raffaele Moscato (su incarico di Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo) contro un escavatore della ditta. Il tutto per costringere il titolare a cedere i sub appalti ad imprese vicine al clan Tripodi di Portosalvo. Anche in questo caso, l’impresa non cedeva alle pressioni dei Piscopisani così come in ordine ai lavori sul fosso Calzone di Vibo Marina che stava eseguendo insieme all’impresa “Chiarmonti srl”. In questo caso, Moscato è accusato di aver incendiato alle strutture del cantiere, sempre su mandato di Battaglia e Fiorillo. 

I pestaggi all’imprenditore Ceravolo. Attraverso veri e propri pestaggi, Raffaele Moscato e Rosario Battaglia sarebbero riusciti nel marzo del 2012 a farsi consegnare da Francesco Ceravolo, titolare della “Società cooperativa dei pescatori di San Francesco di Paola” diversi prodotti ittici senza pagarli o corrispondendo somme di denaro inferiori al valore della merce, procurandosi così un ingiusto profitto per diecimila euro. 

Pasti gratis. Attraverso pressanti minacce, Rosario Primo Mantino (morto suicida in carcere nel dicembre scorso), Gianluca Tavella e Luigi Zuliani sarebbero invece riusciti a consumare nel giugno del 2012 diversi pranzi gratis (o pagando cifre irrisorie) al ristorante Batò di Vibo Marina di proprietà di Pietro Ceravolo. 

L’estorsione al Gabbiano. Dal titolare della struttura di Vibo Marina, Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo, Francesco D’Ascoli e Michele Staropoli secondo l’accusa sarebbero riusciti ad ottenere il pagamento di diecimila euro all’anno dal marzo del 2012 al settembre del 2016. 

Le minacce all’imprenditore Maduli. Il primo episodio, collocato fra il 2008 ed il 2009, vede indagati Rosario Battaglia e Giuseppe Lo Giudice che sono accusati di aver minacciato il fratello dell’imprenditore Domenico Maduli, presidente del Consiglio di amministrazione della Pubbliemme srl, per il suo rifiuto di farli incontrare. Al diniego, nella notte Battaglia e Lo Giudice sono accusati di aver esploso diversi colpi di pistola contro la saracinesca della sede della Pubbliemme a Vibo Marina. Lo stesso Domenico Maduli, quindi, nell’agosto del 2009 rispediva al mittente il tentativo di Raffaele Moscato e Luigi Maccarone di ottenere denaro contante per diecimila euro in cambio di un assegno su mandato di Rosario Battaglia. Così ricostruisce l’episodio la Dda di Catanzaro che al riguardo scrive: “Maduli non si sottometteva a Moscato e gli riferiva di non avere, al momento, denaro contate da potergli dare. Una risposta che stupiva a tal punto l’estorsore Moscato da fargli ritenere che la vittima avesse già trovato un accordo con la Polizia giudiziaria e fosse da questa protetta”. Ancora più eloquenti sul punto le dichiarazioni del collaboratore Raffaele Moscato alla domanda del pm sulla reazione di Rosario Battaglia al rifiuto espresso da Maduli a Moscato. “Vedi che non ha pagatospiega di aver riferito Moscato a Battagliache ci arrestano, ci attaccano, che questo Maduli non è pazzo per rispondermi così. Quindi è possibile che ci denunci. Battaglia mi disse: E perché non l’hai picchiato? Che picchiavo – gli ho detto io – questo qua mi ha stretto le spalle e a me mai nessuno mi ha detto: «No, non ce l ‘ho i soldi, non mi trovo, di qua e là. E quindi Battaglia mi disse: “No, hai fatto bene, che questo qua va da qualche carabiniere…. Sentito a verbale, lo stesso imprenditore Maduli ha quindi confermato di aver respinto le richieste di Moscato sino ad essere stato costretto alla fine a cedere per “l’insistenza dei Piscopisani – rimarca la Dda – che veniva premiata allorquando riuscivano ad ottenere dei pagamenti nel 2010/2011 a titolo grettamente estorsivo”. Il pm chiede quindi a Maduli: “Perché ha acconsentito a tale pagamento nonostante avesse compreso che si trattava di una estorsione?” Questa la risposta dell’imprenditore: “L’ho fatto per stare tranquillo poiché sapevo che Nicola Barba, oltre ad essere pericoloso lui stesso, rappresentava gente pericolosa”.

La somma di 15mila euro viene così estorta tra il 2010 ed il 2011 dopo gravi minacce e l’evocazione della caratura criminale del clan dei Piscopisani. L’imprenditore Domenico Maduli aveva già denunciato alla Squadra Mobile di Vibo altro episodio il 22 ottobre 2009. Episodio che viene ricostruito dal giudice nella sentenza con rito abbreviato dell’operazione “The Goodfellas”. “Al rifiuto di Maduli di commercializzazione degli spazi pubblicitari gestiti dalla ditta Pubbliemme da parte di Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo, presso la ditta si è recato – rimarca la sentenza – tale Lo Giudice di Piscopio il quale a nome di Battaglia aveva chiesto al titolare della Pubbliemme di concedergli lo spazio esistente sul cosiddetto “Palazzo della vergogna” sito su corso Vittorio Emanuele a Vibo ove lo stesso, sostenendo di avere già le commissioni in mano, avrebbe voluto installare un display luminoso”. Respinti Battaglia, Fiorillo e Moscato, con quest’ultimo che avrebbe poi preteso il cambio di un assegno su mandato di Battaglia, il giudice Gabriella Reillo spiega in sentenza che “la “Publiemme si sarebbe vista costretta ad accettare le offerte contrattuali della ditta Pubbliservice, per quanto le stesse fossero economicamente poco convenienti e di scarsa qualità sotto il profilo professionale”.

L’estorsione al Deters Shop. Per tale episodio è indagato Nazzareno Fiorillo, detto “U Tartaru”, indicato quale capo del clan dei Piscopisani. Dal 2010 al 2016 sarebbe riuscito ad ottenere – dopo una serie di gravi minacce – diverse somme di denaro (per oltre 15mila euro e pari danno per la persona offesa) da Domenico Fiorillo, titolare dell’esercizio commerciale sito a Vibo Marina. 

L’estorsione al Napeto Village. In questo caso è Raffaele Moscato ad essere accusato di essersi recato nel villaggio turistico di località Marinella di Pizzo chiedendo ed ottenendo – dopo gravi minacce – la somma di oltre diecimila euro da Ruggero Ceravolo, amministratore della società che gestiva la struttura. La somma, stando alle accuse, sarebbe stata ritirata da Moscato nell’esercizio commerciale di Giuseppe Junior Fiorillo sito sulla via Nazionale a Pizzo. Le contestazioni coprono un arco temporale che va dal 2010 al 2016. 

I colpi di fucile contro il Cala del Porto. Non sarebbe andata invece a buon fine la tentata estorsione messa in atto da Rosario Battaglia contro l’hotel-albergo “Cala del porto” di Vibo Marina dell’imprenditore Giuseppe Lopreiato. Per piegare il proprietario sono stati esplosi diversi colpi di fucile contro la porta di ingresso della reception dell’hotel nel maggio 2010. “La motivazione della pretesa estorsiva, lungi dall’essere meramente economica, è da rinvenire nella volontà dei Piscopisani – rimarca la Dda – di affermarsi quale autonoma consorteria ‘nranghetistica, assoggettando a loro le strutture economiche e commerciali della zona e cercando di scalzare le altre associazioni già presenti ed illecitamente attive in quei medesimi luoghi come i Mancuso”. La circostanza del tentativo di estorsione è stata confermata agli inquirenti dallo stesso imprenditore Giuseppe Lo Preiato il quale, escusso al riguardo, ha riferito che, effettivamente, in quel periodo, Rosario Battaglia, Raffaele Moscato, Francesco Scrugli e Rosario Fiorillo si erano recati al ristorante l’Approdo da lui gestito e, in tale frangente gli avevano riferito che, per qualunque necessità, loro erano a disposizione”. Subito dopo, quindi, la prima telefonata minatoria seguita dai colpi di fucile al Cala del Porto. 

Altre estorsioni e minacce. Raffaele Moscato e Rosario Battaglia sono accusati di essersi recati a più riprese nell’attività commerciale di Giuseppe Febbraro sita a Vibo Marina, reiteratamente richiedendo prima, imponendo ed ottenendo poi, il cambio di un assegno “protestato” del valore di cinquemila euro. Raffaele Moscato è poi indagato per aver collocato il 7 gennaio 2011 una bottiglia con liquido infiammabile all’ingresso dell’esercizio commerciale “Calzature Fgt” di Vibo Marina “minacciando gravemente, di un male ingiusto, Giuseppina Tonietti e Claudio Febbraro, titolari dell’esercizio commerciale, nonché Giuseppe Febbraro, marito della prima e padre del secondo”. Rosario Fiorillo, Rosario Battaglia, Raffaele Moscato, Maria Fortuna (madre di Rosario Fiorillo), Nazzareno Galati e Benito La Bella sono invece indagati per la tentata estorsione a Rosario La Bella di una somma oscillante fra le duemila e le tremila euro. Per piegare la vittima (senza successo) gli è stata anche incendiata l’auto a Vibo Valentia (indagati per questo Rosario Fiorillo, Nazzareno Galati e Francesco Felice). 

L’estorsione a Restuccia. Nel marzo del 2012, infine, Rosario Fiorillo, Rosario Battaglia e Michele Fiorillo sono accusati di aver costretto l’imprenditore Vincenzo Restuccia di Rombiolo (deceduto) a versare loro la somma di ventimila euro. Restuccia era impegnato all’epoca nella costruzione della Strada del Mare da Pizzo Calabro a Rosarno (la più grande e costosa opera publbica della provincia) e, sentito a verbale dagli inquirenti, ha confermato di aver dato in subappalto parte di quei lavori al gruppo mafioso riconducibile ai Tripodi di Portosalvo.

 

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