sabato,Novembre 23 2024

‘Ndrangheta: Leone Soriano e le estorsioni a Filandari che «dovevano pagare tutti»

Il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso svela i propositi criminali del boss di Pizzinni per il quale i giudici hanno disposto una perizia psichiatrica

‘Ndrangheta: Leone Soriano e le estorsioni a Filandari che «dovevano pagare tutti»

“Su Filandari l’estorsione la dovevano pagare tutti”. Questa la confidenza che Leone Soriano avrebbe fatto ad Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, e che dal giugno scorso ha deciso di collaborare con la giustizia. Il “modus operandi” di Leone Soriano avrebbe creato non pochi dissapori all’interno della sua stessa famiglia ed in particolare con Giuseppe Soriano, figlio di Roberto Soriano, fratello di Leone e presunta vittima della “lupara bianca”. Secondo i racconti di Emanuele Mancuso, infatti, unitamente a Giuseppe Soriano avrebbe cercato di dissuadere Leone Soriano dal compiere estorsioni ai danni del titolare di un bar di Filandari che ora figura fra le parti offese dell’operazione denominata Nemea. “Leone Soriano – spiega Emanuele Mancuso – si determinava anche da solo a fare i danneggiamenti con una linea stragista che avrebbe portato a delle conseguenze negative per l’intero nucleo familiare dei Soriano nonché per l’incolumità dello stesso Leone Soriano”. A farne le spese, la stazione di carburanti di Filandari dell’avvocato Romano Pasqua (anche lui fra le parti offese dell’operazione “Nemea”) presa a colpi di pistola, un escavatore dell’imprenditore Antonino Castagna, incendiato, e il titolare di un bar di Filandari. “Eravamo a casa di Leone Soriano e c’era anche Peppe Soriano e in quella circostanza – ricorda Emanuele Mancuso – Leone Soriano disse al nipote che a Filandari l’estorsione la dovevano pagare tutti, anche quello del bar, non solo quello della colonnina. Peppe Soriano manifestò la sua opposizione, in quanto quello del bar era un suo amico e gli aveva fatto alcuni favori: gli aveva cambiato due assegni, inoltre gli faceva i panini piastrati e glieli mandava, sempre dietro pagamento, perché Peppe Soriano ai suoi amici non faceva estorsioni. Anche io ho obiettato a Leone Soriano che l’estorsione non doveva essere fatta nei confronti del titolare del bar, che si era sempre comportato bene con noi. Non so dire se l’opposizione mia e di Peppe Soriano sia stata rispettata”. Stando agli atti dell’operazione “Nemea”, tale opposizione non sarebbe stata affatto rispettata da Leone Soriano, atteso che fra le imputazioni elevate dalla Dda di Catanzaro con la richiesta di rinvio a giudizio dell’inchiesta “Nemea” figura anche quella di estorsione aggravata dalle modalità mafiose contestata a Leone Soriano, Francesco Parrotta, Luca Ciconte e Caterina Soriano per aver costretto il titolare di un bar di Filandari a versare loro “un’imprecisata somma di denaro quale condizione per il sereno svolgimento della propria attività”. Emanuele Mancuso aggiunge poi un particolare sui legame fra il titolare del bar e Giuseppe Mancuso. “Quando io portai i soldi a Graziella Silipigni, madre di Giuseppe Soriano, per il mantenimento in carcere di Peppe dopo il suo arresto, passai dal bar e dissi al titolare di darmi qualcosa per Peppe per il mantenimento e lui mi diede spontaneamente sui 300 euro, me li regalò ed io li consegnai a Leone Soriano, visto che la Silipigni mi aveva mandato da lui. Aggiungo – spiega Emanuele Mancuso – che il titolare del bar, per quanto è a mia conoscenza, è un onesto lavoratore che si trova ad operare in un ambiente molto difficile, dove ci sono varie consorterie e vari soggetti criminali che possono determinare vari suoi comportamenti. Ma il suo operato, per quanto è a mia conoscenza, è lecito”. Nei confronti Leone Soriano, intanto, nell’ambito del processo nato dall’operazione “Ragno”, un perito nominato dalla Corte d’Appello ha riconosciuto un grave disturbo bipolare e quindi – stando a tale perizia – sarebbe gravemente scemata sua capacità intendere e volere. Il sostituto procuratore generale, Raffaella Sforza, ha però chiesto alla Corte d’Appello un’integrazione peritale consistente nell’ascolto di tutte le intercettazioni ambientali carcerarie agli atti del processo “Ragno” e che vedono Leone Soriano interloquire in prima persona. All’esito di tale ascolto, il perito verrà nuovamente convocato dalla Corte per la conferma o meno della perizia. Anche il Tribunale del Riesame, nell’ambito dell’inchiesta “Nemea”, ha disposto nei confronti Leone Soriano una perizia psichiatrica per come richiesto dagli avvocati Diego Brancia e Salvatore Staiano.  In foto in copertina: Emanuele Mancuso e Leone Soriano. Nell’artcolo Leone Soriano e in basso Giuseppe Soriano   LEGGI ANCHE: ‘Ndrangheta: Emanuele Mancuso e i propositi di uccidere Leone Soriano

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