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Chiosco Azzurro a Vibo Marina, stop del Tar alla demolizione

I giudici amministrativi accolgono la richiesta di sospensiva presentata da Giuseppe Francolino contro l’ordinanza del Comune. L'ex collaboratore di giustizia: «Il “circo” della legalità vada a vedere i villini abusivi dei dirigenti comunali»

Chiosco Azzurro a Vibo Marina, stop del Tar alla demolizione
Il Chiosco Azzurro
Il Tar di Catanzaro

Stop del Tar di Catanzaro alla demolizione del Chiosco Azzurro ubicato in piazza Capannina nel quartiere Pennello di Vibo Marina. I giudici amministrativi hanno infatti accolto la sospensiva presentata dal titolare Giuseppe Francolino. Il 13 maggio scorso, il Comune di Vibo Valentia aveva provato a demolire il Chiosco Azzurro con l’ausilio delle forze dell’ordine e alla presenza di varie autorità istituzionali, “dipingendo” la demolizione come una nuova pagina di legalità.
Gli avvocati Gioconda Loredana Ceravolo e Marco Talarico, che mi seguono innanzi al Tar, hanno discusso ed insistito nel ricorso – ha affermato Francolino – finalizzato ad ottenere la sospensione della demolizione invece chiesta dal Comune di Vibo Valentia a mezzo dell’ufficio legale rappresentato dall’avvocato Maria Stella Paolì che, nel costituirsi in giudizio, ha insistito per il rigetto del ricorso”. [Continua in basso]

La seconda sezione del Tar di Catanzaro, presieduta dal presidente Giancarlo Pennetti, e con provvedimento a firma del giudice relatore Gabriele Serra, ha invece accolto l’istanza cautelare degli avvocati Ceravolo e Talarico ordinando la sospensione della demolizione. 

Francolino con il cappio al collo nel Chiosco azzurro

“Volevo ricordare che ho resistito fisicamente alla demolizione il 13 maggio di quest’anno – ha rimarcato Francolino, testimone di giustizia – sventando  pertanto il tentativo e rimandando l’azione delle ruspe. Sono stato costretto a mettermi un cappio al collo minacciando di impiccarmi e ad avere vicino a me candeggina da ingerire e benzina con cui incendiarmi. Tutto alla presenza di mia moglie, gravemente malata, mentre fuori il circo della legalità continuava ad operare. Da quando a maggio, solo attraverso i giornali, ho avuto conoscenza dell’intenzione di demolire il Chiosco azzurro ho chiesto solamente di ricevere la prova che il Comune di Vibo Valentia mi avesse notificato l’atto di demolizione ma nessuno è stato in grado di esibire la famosa raccomandata di ricezione dell’ordinanza. [Continua in basso]

Ho combattuto da solo, nel solito silenzio, confortato solamente dai miei legali, avvocati Giovanna Fronte, Gioconda Loredana Ceravolo e Marco Talarico che immediatamente, dopo aver visionato gli atti al Comune di Vibo Valentia, hanno diffidato il Comune proprio per l’evidente mancata conoscenza dell’atto di demolizione che mai, ribadisco, mi è stato notificato.
Il problema del rione Pennello e dell’abusivismo edilizio per il Comune è solamente quello di Francolino e del Chiosco Azzurro. Nell’attesa di demolire la mia casa nessuno si è girato verso l’interno del Pennello ove esistono numerosi interi palazzi di cinque piani, con unico proprietario, o graziosi villini abusivi che so essere anche di dirigenti del Comune di Vibo Valentia.Solo il 18 maggio scorso il messo notificatore del Comune, bontà sua, ha provveduto a notificarmi la famosa ordinanza di demolizione  nr. 11 emessa nel lontano 26 novembre 2020 con ciò dandomi non solo la legale conoscenza del procedimento ma soprattutto la possibilità di presentare il ricorso al Tar Calabria.

A questo punto, però, alcune domande sorgono spontanee: ma se non mi fossi opposto fisicamente alla demolizione – denuncia Francolino – il circo della legalità avrebbe commesso un illecito? Ed ancora: perché negare che il Comune non è stato in grado di seguire un semplice procedimento amministrativo? Perché, solo con la forza ed arroganza si è provato ingiustamente  a demolirmi la casa? A chi sarebbe andata l’area oggi in mia proprietà? Quali interessi vi sono dietro? Perché la macchina della legalità non procede a liberare gli immobili abusivamente occupati di proprietà del Comune? Perché non fanno una passeggiata ai piedi del Castello di Vibo ove esiste un intero palazzo occupato abusivamente? Oppure una passeggiata alle case popolari per verificare chi fruisce delle stesse? Se legalità vi deve essere – conclude Francolino – deve passare necessariamente dal rispetto delle procedure e degli atti legali”. [Continua in basso]

Giuseppe Francolino

Sin qui lo “sfogo” di Giuseppe Francolino, già collaboratore di giustizia nell’operazione antimafia denominata “Odissea”. Per parte nostra invitiamo tutte le autorità competenti a verificare le situazioni di illegalità segnalate dallo stesso Francolino, ad iniziare dalla presenza di presunti immobili abusivi nel quartiere Pennello di proprietà di dirigenti comunali ed a verificare anche la situazione segnalata nei pressi del castello di Vibo Valentia. Da ricordare, inoltre, che nel maggio 2017 il Comune di Vibo Valentia non aveva trovato di meglio, dopo aver sfrattato Giuseppe Francolino, ad assegnare all’ex testimone una casa popolare (un bilocale) a Portosalvo nella stessa via (via Roma) dove risiedono, fra gli altri, anche diversi esponenti della “famiglia” Tripodi attenzionati e coinvolti nell’operazione antimafia “Lybra”oltre a Nazzareno Colace, coinvolto nell’operazione antimafia “Odissea” (e di recente arrestato anche per l’omicidio Covato), cioè la medesima inchiesta in cui sono confluite pure le dichiarazioni di Francolino rese alla Dda di Catanzaro. In precedenza, a Francolino era stato invece assegnato un piccolo e vetusto bilocale di proprietà del clan Accorinti. 

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