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‘Ndrangheta: omicidio Patania nel Vibonese, i motivi della sentenza

I giudici depositano le motivazioni del verdetto sul delitto eccellente che ha aperto una guerra di mafia sull’asse Stefanaconi-Vibo-Piscopio. Condannati i Piscopisani, assolto Salvatore Tripodi

‘Ndrangheta: omicidio Patania nel Vibonese, i motivi della sentenza

Sono state depositate dalla Corte d’Assise di Catanzaro le motivazioni della sentenza con la quale il 10 aprile scorso i giudici togati e popolari hanno inflitto tre ergastoli per l’omicidio del boss di Stefanaconi Fortunato Patania, ucciso il 18 settembre del 2011 nella Vallata del Mesima, all’interno della sua Stazione di carburanti con annesso ristorante (la “Valle dei Sapori”). Si tratta di una delle sentenze più importanti nella storia giudiziaria vibonese degli ultimi anni perché l’omicidio di Fortunato Patania ha segnato l’inizio di una guerra di mafia senza precedenti fra i Patania di Stefanaconi ed il “locale” di ‘ndrangheta dei Piscopisani nato con la “benedizione” dei clan Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, Commisso di Siderno, Pelle di San Luca e di alcuni ‘ndranghestisti al vertice della criminalità organizzata calabrese trapiantata in Piemonte. L’omicidio di Fortunato Patania in risposta il giorno prima all’omicidio dell’agricoltore Michele Mario Fiorillo di Piscopio, ha scatenato una mattanza che ha portato ad una catena di morti ammazzati sull’asse Stefanaconi-Piscopio-Vibo Valentia-Vibo Marina interrotta solo nel novembre del 2012 con gli arresti della Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Gringia”. Quindi gli arresti nel marzo del 2015 per l’omicidio Patania ad opera della Squadra Mobile di Catanzaro con il coordinamento della Dda. La sentenza svela diversi particolari inediti sul verdetto che ha portato alle seguenti condanne: ergastolo per Rosario Battaglia, 34 anni di Piscopio; ergastolo per Rosario Fiorillo, 29 anni di Piscopio; ergastolo per Francesco La Bella, 45 anni di Piscopio; 3 anni per favoreggiamento, con la caduta dell’aggravante aggravante mafiosa, per Michele Pietro Russo, 29 anni, di Piscopio (l’accusa aveva chiesto per lui 21 anni e mesi 4 di reclusione per concorso in omicidio). Assolto  Salvatore Tripodi, 47 anni di Portosalvo (il pm aveva chiesto l’ergastolo). Per tutti gli imputati la pesante accusa di concorso in omicidio con l’aggravante della premeditazione e le finalità mafiose. Dalle motivazioni del verdetto si evince che Salvatore e Giuseppe Patania, figli di Fortunato Patania, hanno riferito agli inquirenti che il padre era in “ottimi rapporti con Rosario Battaglia”, con il quale si frequentava e che lo stesso Battaglia si era recato a casa dei Patania dopo l’agguato a Fortunato per porgere le condoglianze ai familiari. Per la Corte si tratta di una versione dei Patania tesa ad impedire alla giustizia di fare luce sul delitto del padre, preferendo invece regolare i “conti” in altro modo. A confutare le tesi dei Patania sui rapporti fra la loro famiglia ed i Piscopisani è infatti la circostanza storica che i fratelli Salvatore e Giuseppe Patania sono stati condannati in primo grado anche per il tentato omicidio ai danni dello stesso Rosario Battaglia. Per la Corte, quello di Fortunato Patania è stato un omicidio mafioso, maturato in un contesto di dinamiche di ‘ndrangheta. Sul punto i giudici ritengono “convergenti” le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato (uno dei killer di Fortunato Patania) e Loredana Patania, nipote del defunto Fortunato. Entrambi hanno ricordato che “Fortunato Patania aveva esercitato – in origine congiuntamente ai Piscopisani – un controllo estorsivo sugli appalti in corso di esecuzione nell’area quali i lavori di metanizzazione a Stefanaconi secondo Loredana Patania, ed i lavori in corso nella Vallata del Mesima secondo i pentiti Raffaele Moscato e Daniele Bono, quest’ultimo compagno della Patania. L’omicidio Patania, dunque, per i giudici non ha rappresentato solo la “vendetta” per l’omicidio di Michele Mario Fiorillo (estraneo a contesti malavitosi e lontano parente di un dirigente del clan di Piscopio), ma anche la riaffermazione di un gruppo mafioso – i Piscopisani – sul proprio territorio con “la soppressione del nemico quale strumento tipico e primario di attuazione strategica del proprio predominio”. Per assicurare alla giustizia i responsabili dell’omicidio di Fortunato Patania sarebbe stato, tuttavia, determinante un “errore fatale” compiuto nell’immediatezza del delitto da Rosario Battaglia. Quest’ultimo – come ricostruito dalla sentenza – aveva infatti “immediatamente avvertito il pericolo insito nelle registrazioni delle telecamere del panificio di Piscopio, sapendo che i motocicli utilizzati per garantire la fuga ai killer erano passati per quella strada ed era così intervenuto per rimediare a quell’errore fatale ovvero si era recato dal titolare dell’esercizio per ottenere la cancellazione delle riprese”. Non pago, Battaglia – ripreso dalle telecamere della piazza di Piscopio e poi da quelle del panificio – aveva tentato “di raggiungere il risultato con la collaborazione di un elettricista per vedere di poter cancellare quanto era stato già registrato senza che questi avesse poi potuto accedervi in assenza di disponibilità della password e comunque in ragione dell’incombente arrivo degli investigatori, come poi accaduto, che avevano preavvisato dell’imminente sequestro dei filmati il titolare”. Gli episodi per la Corte d’Assise di Catanzaro, attestano “in modo inequivoco ed in via autonoma il coinvolgimento nei fatti di Battaglia, in ulteriore coerenza con il dichiarato di Raffaele Moscato”. Un ruolo direttivo centrale quello di Battaglia nell’organizzazione dell’omicidio al pari di quello esercitato dal cugino Rosario Fiorillo e da Francesco La Bella, quest’ultimo “conducente del mezzo usato per l’omicidio Patania e designato killer”. I tre anni di pena per Michele Pietro Russo per il reato di favoreggiamento, esclusa per lui l’aggravante delle finalità mafiose, vengono spiegati dai giudici con il fatto che lo stesso non ha avuto “consapevolezza dell’esatto crimine programmato”, ovvero dell’omicidio di Fortunato Patania, essendo rimasto “ignaro della finalizzazione mafiosa dell’azione”. Per quanto attiene l’assoluzione di Salvatore Tripodi, la Corte ritiene sul punto attendibile Raffaele Moscato che lo chiama in causa per la programmazione dell’omicidio di Fortunato Patania, ma il suo racconto riguardo la chiamata in correità di Tripodi “resta privo di riscontro esterno individualizzante”, mentre le dichiarazioni di Loredana Patania “non appaiono sufficienti a confortare le accuse”. Quanto all’incontro del 17 settembre 2009 in piazza San Michele a Piscopio fra Rosario Battaglia e Salvatore Tripodi – registrato dalle telecamere installate dagli investigatori all’esterno -, per la Corte il dato risulta neutro: “non ne opera menzione Raffaele Moscato ed alla luce dei radicati rapporti fra cosche è logicamente plausibile – scrivono i giudici – ritenere che quel dialogo abbia potuto avere ad oggetto qualsiasi causale illecita, anche diversa dall’omicidio”.  In foto in basso Salvatore Tripodi. Nel riquadro in alto il defunto Fortunato Patania      LEGGI ANCHE:  ‘Ndrangheta: le riunioni a Pizzo dei Piscopisani e i danneggiamenti a Vibo

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