Rinascita Scott, Bartolomeo Arena: «I medici dell’ospedale di Vibo favorivano i clan»
Continua la deposizione del collaboratore che chiama in causa diversi dottori. Dal “salto” delle prenotazioni per le visite ai certificati fasulli per truffare le assicurazioni
Ospedale di Vibo Valentia in mano ai clan e medici funzionali agli interessi degli ‘ndranghetisti. Bartolomeo Arena non risparmia niente e nessuno e nel corso della deposizione odierna nel maxiprocesso Rinascita Scott svela i nomi dei dottori che, a suo dire, sarebbero stati compiacenti con i mafiosi aiutandoli in diverse “pratiche” da loro richieste. “Mio zio Domenico Camillò, detto Mangano, lavorava all’archivio dell’ospedale di Vibo, così come all’ospedale lavoravano pure Paolo Lo Bianco come ascensorista e Giuseppe Barba detto Pino Presa. Sia l’ospedale che il Comune di Vibo sono luoghi considerati come loro salotti dagli ‘ndranghetisti. Dentro l’ospedale di Vibo facevamo quello che volevamo, saltavamo le prenotazioni parlando subito con i medici. Io stesso, dovendo essere operato ad una gamba, andai a parlare con il dottore Rocchino, amico di mio zio, il quale mi disse che l’operazione si poteva fare solo all’ospedale di Tropea poiché per ragioni politiche il dottore Franco Petrolo non gli dava la sala operatoria dell’ospedale di Vibo. Mio zio Domenico Camillò andò così a trovare il dottore Franco Petrolo il quale gli chiese, riferito a me, se davvero fossi il nipote. Rispondendo mio zio affermativamente, il dottore Franco Petrolo disse che potevo essere operato a Vibo e non più a Tropea”. Secondo Bartolomeo Arena, tuttavia, il dottore Rocchino “non voleva comunque dare tale soddisfazione al dottore Petrolo per la sala operatoria e così sono stato alla fine operato a Tropea. Il dottore Rocchino ed il suo gruppo erano contro il dottore Petrolo”.
Domenico Camillò (cl.’41), fratello per parte di madre dei Pardea, è imputato nel maxiprocesso con l’accusa di essere uno dei principali boss di Vibo Valentia, al vertice della ‘ndrina Pardea-Camillò-Macrì. [Continua in basso]
I medici chiamati in causa dal collaboratore
Ad avviso del collaboratore, lo zio Domenico Camillò sarebbe riuscito tramite alcuni medici dell’ospedale di Vibo a far visitare pure alcuni latitanti nella consapevolezza dei dottori circa lo stato di irreperibilità dei soggetti visitati. “Non ricordo il nome del medico che, tramite mio zio, visitò Ciccio Mancuso, detto Tabacco, quando venne ferito in un agguato”. Bartolomeo Arena ricorda però i nomi di altri medici. “I medici erano a disposizione di mio zio Domenico Camillò e se dovevamo fare delle truffe alle assicurazioni andavamo dai dottori Soriano e Maglia che ci davano 30 giorni di riposo senza fare alcuna visita. Facevamo così le truffe alle assicurazioni simulando incidenti stradali con false certificazioni. Ho simulato personalmente – ha spiegato Arena – dei falsi sinistri stradali. Con mio zio Domenico Camillò andavamo dal dottore Vincenzo Giunta, neurologo, a Moderata Durant. Era comunque un dottore che dipendeva dall’ospedale di Vibo. Avevo simulato un incidente stradale il dottore Giunta mi fece una particolare relazione dove venne scritto di tutto. Ma – ha aggiunto il collaboratore – era tutto falso. Questa cosa dei falsi incidenti stradali per truffare le assicurazioni la facevano un po’ tutti: i Macrì, i Camillò, i Pardea. Anche i periti assicurativi ci favorivano”.
I dottori Soriano, Maglia, Giunta e Petrolo non sono imputati nel maxiprocesso Rinascita-Scott (il dottore Rocchino è invece da tempo venuto meno) che mira comunque a fare luce anche sui rapporti intrattenuti dagli esponenti dei clan vibonesi con i sanitari dell’ospedale di Vibo.
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