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Rinascita Scott, Bartolomeo Arena e il narcotraffico da Vibo a Firenze

Le amicizie del futuro collaboratore e i tentativi di evitare estorsioni ad un ristoratore di Vibo. La droga presa a Drosi e ceduta ad altri clan

Rinascita Scott, Bartolomeo Arena e il narcotraffico da Vibo a Firenze

Traffici di droga e cessioni di stupefacenti da Vibo sino a Bologna e Firenze. Bartolomeo Arena affronta anche il capitolo degli stupefacenti nel maxiprocesso Rinascita Scott e lo fa svelando particolari sinora inediti. «Domenico Tomaino, detto Il Lupo, cognato di Salvatore Morelli, aveva il grado di camorrista e nella copiata mafiosa portava il nome di Andrea Mantella. Quando Mantella nel 2016 si è però pentito divenendo un collaboratore di giustizia, Salvatore Morelli ha cambiato la copiata a Domenico Tomaino, non potendo di certo portare in copiata il nome di un collaboratore di giustizia. Domenico Tomaino è il soggetto – ha svelato Arena – che era stato incaricato da Salvatore Morelli e da Francesco Antonio Pardea di consegnare, fra Firenze e Bologna, tre chili di marijuana ad Antonio La Scala, fratello di Pippo La Scala, quello del locale Tribeca a Vibo».
Antonio La Scala è stato in passato coinvolto in operazioni antidroga, mentre il fratello Filippo La Scala – titolare a Vibo dell’esercizio di ristorazione “Tribeca” – si è costituito parte civile nel maxiprocesso Rinascita Scott in quanto vittima di estorsione. E proprio su tale ultima vicenda, il collaboratore ha dichiarato nel corso della sua deposizione: «C’era stato un tentativo di estorsione in un locale di Vibo, che era di un conoscente mio e li avevo pregati di non toccarlo a questo commerciante. Loro, credendo che io da questo commerciante percepissi già soldi a livello estorsivo, cominciarono, Domenico Camillò con i suoi amici a fare un poco di baccano, a dare fastidio a questo qua, nonostante già io precedentemente avessi portato, accompagnato con me, Domenico Camillò da questo La Scala a presentarglielo, a dirgli: questo è mio cugino, mi raccomando, quando viene mio cugino trattalo meglio che puoi. Gli ha dato pure cento euro a titolo di sponsor, perché in quel periodo Domenico Camillò organizzava delle feste, tipo si affittava un locale, che poteva essere il Palazzetto dello Sport oppure un altro locale e faceva una discoteca. Poi io lo aiutavo, lo portavo dai commercianti, dove io li conoscevo, gli facevo dare dei soldi a titolo di sponsor e lui con questi soldi magari si finanziava la festa. E’ successo per esempio sia con il Tribeca, sia con il Cin Cin bar di Gianfranco Ferrante». [Continua in basso]

Lo stupefacente preso a Drosi

Bartolomeo Arena ed il suo gruppo avevano trovato un canale di rifornimento di sostanze stupefacenti a Drosi, frazione del comune Rizziconi. «Ci rifornivamo in questo paese di sostanze stupefacenti che poi abbiamo ceduto anche a Pino Prostamo di Mileto, a Luca Belsito e suo cugino Onofrio D’Urzo di Pizzo ed a Giuseppe Soriano di Filandari. Ad occuparsi di stupefacenti nel nostro gruppo – ha dichiarato Arena – era anche Rosario Pardea che aveva il grado di camorrista, ma è stato poi allontanato perché faceva personalmente uso di stupefacenti. Rosario Pardea era figlio di Francesco Antonio Pardea, quello scomparso».

Domenico Macrì

Mommo Macrì, invece, ad avviso di Bartolomeo Arena, prendeva invece la droga «in alcuni momenti da Leone Soriano, poi quando non c’era Leone Soriano gli è capitato di prenderla da Silvano Mazzeo, quello di Mileto, di Comparni. Lui la prendeva e poi con lo zio Domenico Pardea di Pizzo si metteva d’accordo. Non so precisamente gli accordi come erano, ma se la prendeva Mommo Macrì – ha concluso Arena – e, per esempio, era in società con lo zio, prima rientravano del capitale e poi dividevano i proventi».

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