Omicidio Vangeli nel Vibonese, fissato il processo d’appello per Giuseppe Prostamo
Il delitto nell’ottobre del 2018. In primo grado ha retto l’impalcatura accusatoria con una dura condanna al termine del rito abbreviato, ma sono cadute le aggravanti mafiose nel fatto di sangue. Il corpo del 26enne di Filandari non è stato ancora ritrovato
Si va in Corte d’Assise d’Appello a Catanzaro per il processo nei confronti di Giuseppe Prostamo, 34 anni, di San Giovanni di Mileto, condannato per l’omicidio e la soppressione di cadavere ai danni del 26enne di Scaliti di Filandari Francesco Vangeli, nonché per il reato di detenzione illegale di armi. I giudici di secondo grado hanno fissato l’inizio del processo per il 19 ottobre prossimo, avendo i difensori di Giuseppe Prostamo (avvocati Giuseppe Grande e Sergio Rotundo) appellato la sentenza con la quale il 23 dicembre scorso il gup distrettuale, Gabriella Logozzo, ha condannato l’imputato a 30 anni di reclusione. Il processo in primo grado è stato celebrato con rito abbreviato, che gli è valso lo sconto di pena pari ad un terzo. [Continua in basso]
Per Giuseppe Prostamo ed il fratello Antonio (che si trova attualmente imputato in primo grado dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro avendo scelto il rito ordinario), l’accusa è quella di omicidio e soppressione di cadavere ai danni di Francesco Vangeli aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto per motivi abietti “connessi per un verso all’avere Vangeli riallacciato la relazione sentimentale con Alessia Pesce, per altro verso al mancato pagamento di un debito di droga dello stesso Vangeli – sostiene la Dda di Catanzaro – nei confronti di Giuseppe Prostamo”. L’aggravante della metodologia mafiosa per Giuseppe Prostamo è stata però esclusa dal giudice in sentenza e veniva fatta derivare, secondo la prospettazione accusatoria, dai legami dei due Prostamo con gli zii Nazzareno (già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo consumato nel 1990 a Catanzaro) e Giuseppe Prostamo, quest’ultimo ucciso a San Costantino Calabro il 4 giugno 2011 in un agguato di stampo mafioso.
Per Giuseppe Prostamo (ed al fratello Antonio) anche l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, i due avevano “affidato a Francesco Vangeli affinchè – spiega la Dda nei capi d’imputazione – la conservasse per loro conto”. Per i due Prostamo, quindi, pure l’accusa di detenzione di un fucile. [Continua in basso]
Giuseppe Prostamo è stato altresì condannato al pagamento dei danni nei confronti delle parti civili (la mamma di Francesco Vangeli, Elsa Tavella, in proprio e in qualità di tutrice di Mariangela Prandini, Valerio Vangeli, Marco Vangeli e Federico Vangeli) da liquidarsi in separata sede. Immediatamente esecutiva, invece, una provvisionale a carico di Giuseppe Prostamo di 40mila euro per ciascuna parte civile. L’imputato è stato condannato in primo grado anche al pagamento delle spese processuali. I familiari di Francesco Vangeli si erano costituiti parte civile con gli avvocati , Francesca Comito, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Per la famiglia di Francesco Vangeli, l’avvocato Francesca Comito (che rappresentava l’accusa privata affiancando quindi la pubblica accusa) aveva chiesto in primo grado per l’imputato la condanna all’ergastolo.
Il brutale omicidio e il contesto
Secondo la ricostruzione accusatoria, avendo Francesco Vangeli compreso la gravità della situazione – anche alla luce della riconciliazione con Alessia Pesce avvenuta nella mattina del 9 ottobre 2018 – si sarebbe portato con Alessio Porretta a Nao di Ionadi per informare della situazione Fausto Signoretta (in virtù, per la Dda di Catanzaro, della sua vicinanza alla famiglia Mancuso avendo lo stesso Signoretta battezzato la figlia di Giuseppe Mancuso, quest’ultimo figlio di Giovanni Mancuso) e riferirgli che era in procinto di recarsi a San Giovanni di Mileto.
Successivamente, Francesco Vangeli si sarebbe recato dai fratelli Prostamo, “portando con sé, come “garanzia” per la propria incolumità il suo amico Alessio Porretta, attesi i rapporti parentali di Porretta – evidenzia la Procura distrettuale – con la famiglia Tavella di San Giovanni di Mileto, affiliata al medesimo locale di ‘ndrangheta a cui appartiene la famiglia Prostamo”. Giunti sul posto, Porretta sarebbe stato riaccompagnato a casa, mentre Francesco Vangeli sarebbe stato costretto a restare con i Prostamo ed al termine di un “confronto” con i due fratelli Antonio e Giuseppe, sarebbe stato colpito con un colpo d’arma da fuoco, rinchiuso in un sacco nero di plastica ancora moribondo, trasportato a bordo del suo veicolo e gettato nel fiume Mesima ancora agonizzante, mentre la vettura ed il telefono cellulare sono stati dati alle fiamme. Il corpo di Francesco Vangeli, nonostante le ricerche nel fiume Mesima, non è stato ancora ritrovato.
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