Processo Rimpiazzo a Vibo, Moscato: «Ecco gli affiliati al clan dei Piscopisani»
Il collaboratore di giustizia ha indicato al Tribunale nomi, ruoli e gerarchie all’interno della cosca. Dagli azionisti agli intestatari dei bar, dalle bische clandestine alla gestione di autosaloni, dai traffici di droga ed armi sino alla preparazione degli agguati
Ha indicato i singoli ruoli degli imputati all’interno del clan dei Piscopisani, il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato. L’ha fatto deponendo oggi dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia nel processo nato dall’operazione antimafia “Rimpiazzo”. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, il collaboratore non ha dimenticato nessuno degli imputati, indicando la dote mafiosa posseduta e le gerarchie interne alla cosca. [Continua in basso]
“Le decisioni più importanti all’interno del clan dei Piscopisani venivano prese da Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo, Nazzareno Fiorillo e Michele Fiorillo. Al vertice c’era pure Pino Galati ma era detenuto all’epoca – ha ricordato Moscato – così come Michele Fiorillo che mancava in particolare a Rosario Battaglia poiché pure Michele Fiorillo, detto Zarrillo, era collocato all’apice dell’organizzazione. Un gradino più in basso c’erano i fratelli Davide e Sasha Fortuna, entrambi battezzati nella ‘ndrangheta, che si occupavano in particolare dei traffici di droga e armi. Battezzati nella ‘ndrangheta erano pure Giovanni Battaglia, fratello di Rosario, Giuseppe Brogna, Stefano Farfaglia, Angelo David, Nazzareno Felice, detto U Capu, Giuseppe D’Angelo, detto Pino Il Biricchino, Domenico D’Angelo, detto zio Lupo, Francesco La Bella, detto Camagna. In carcere – ha aggiunto Moscato – sono stati poi affiliati al clan dei Piscopisani Salvatore Mazzotta di Pizzo e Antonio Franzè di Vibo Valentia, detto Platinì, che era un narcotrafficante legato al gruppo del brokjer della cocaina Vincenzo Barbieri di San Calogero”. Salvatore Mazzotta e Antonio Franzè non sono imputati in “Rimpiazzo”.
I singoli ruoli descritti da Moscato
Secondo Raffaele Moscato, a detenere il ruolo di “punteruolo” all’interno del clan dei Piscopisani sarebbe stato “Giuseppe D’Angelo, detto Pino Il Biricchino, il quale non era un azionista, ma metteva a disposizione la sua campagna a Piscopio per le riunioni del clan o per nascondere le armi. Giuseppe D’Angelo ha una pasticceria a Vena di Jonadi – ha ricordato il collaboratore – e camminava sempre con Francesco La Bella, quest’ultimo armiere del clan, un azionista che ha ucciso insieme a me Fortunato Patania di Stefanaconi, ed inoltre nascondeva la droga per conto del clan. Anche il padre di Giuseppe D’Angelo – ha aggiunto Moscato – era un uomo d’onore. Giuseppe Brogna, invece, ha un autosalone a Piscopio e ci ha fornito appoggio per il tentato omicidio di Andrea Patania di Stefanaconi. Giuseppe Brogna è stato anche il tramite per compiere un’estorsione ad un bar a Vibo Marina”. [Continua in basso]
Quindi il ruolo di Domenico D’Angelo, detto “Zio Lupo”, che era “il cugino di Giuseppe D’Angelo, detto Pino Il Biricchino, e conosceva perfettamente – ha spiegato Moscato – alcune dinamiche della faida che avevamo con i Patania di Stefanaconi e Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni. Ero con Domenico D’Angelo e con Giuseppe D’Angelo quando siamo andati a Soriano nel piazzale dell’ospedale a rubare un’Alfa 159 che doveva servire per attentare alla vita di Andrea Patania al fine di vendicare l’omicidio di Davide Fortuna in spiaggia a Vibo Marina nel luglio del 2012. Inizialmente – ha spiegato il collaboratore – l’auto ci doveva essere fornita nella zona di Soriano da Giovanni Emanuele. Quando mi sono recato a Soriano per rubare l’auto, al ritorno sono stato fermato dalla polizia ed ho fornito loro false generalità dicendo di chiamarmi Enzo Fiorillo. I poliziotti mi hanno però riconosciuto e mi hanno portato in Questura. Uscito, poco tempo dopo mi è arrivato però un mandato di arresto per aver violato la sorveglianza speciale in quanto mi ero recato a Soriano per rubare l’auto violando tutti gli obblighi di dimora. Mi sono così reso irreperibile. Domenico D’Angelo lavorava in un autosalone di un uomo che ritenevamo vicino ai Mancuso”.
Quali soggetti “da sempre vicini ed a disposizione di Rosario Fiorillo e quindi di tutto il clan”, il collaboratore Moscato ha poi indicato Nazzareno Galati e Benito La Bella, mentre Nazzareno Felice è stato indicato da Moscato come “un malandrino che faceva grosse truffe con Nazzareno Fiorillo, detto U Tartaru. Lo stesso Nazzareno Felice aveva spesso dei contrasti con Rosario Battaglia che gli fatto tanti dispetti. Una volta io stesso – ha ricordato il collaboratore – ho incendiato l’auto al genero di Nazzareno Felice”. [Continua in basso]
Infine, su Giovanni Battaglia il collaboratore ha ricordato che “gestiva a Vibo il pub Pequod e l’American Bar da cui uscivano i soldi per i detenuti. A Piscopio Giovanni Battaglia gestiva invece altro bar in piazza e si occupava di stupefacenti, mentre una volta è venuto con me – ha dichiarato Moscato – ad incendiare un circolo”. Anche Pino Galati, alias “U Ragioneri” avrebbe gestito un bar a Vibo, mentre attivi nel settore delle bische clandestine, e tutti soci dello stesso circolo a Vibo denominato “Il Diamante”, sarebbero stati secondo il collaboratore le seguenti persone: “Pino Galati, Rosario Fiorillo, Diego Bulzomì, Franco Lo Bianco, Rosario Battaglia”, oltre allo stesso Moscato. Altra bisca clandestina sarebbe stata formata a Pizzo, gestita da “Pino Galati, Nazzareno Fiorillo, Rosario Fiorillo”. Secondo Moscato, infine, a chiedere di essere affiliato al clan dei Piscopisani ed a darsi da fare per sostenere economicamente la detenzione di Francesco La Bella ci sarebbe stato anche Pasquale Fiorillo di Piscopio, figlio di Michele Mario Fiorillo, ucciso nel settembre 2011 dal clan Patania. Omicidio che ha poi dato origine alla faida fra i Piscopisani ed i Patania. Pasquale Fiorillo, già processato però con il rito abbreviato, è stato assolto in primo grado.