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Omicidio di Sacko Soumaila, i morti dovevano essere tre

Fondamentali le intercettazioni, i riscontri dei carabinieri e le testimonianze dei compagni del maliano ucciso a fucilate. E poi l’intenzione dei familiari di Pontoriero di avvicinare qualche giornalista…

Omicidio di Sacko Soumaila, i morti dovevano essere tre

E’ stato riconosciuto da una delle persone oggetto di colpi di fucile e poi anche da uno dei dimoranti nel casolare sito in località “La Tranquilla”. I gravi indizi di colpevolezza che hanno portato il pm della Procura di Vibo, Ciro Luca Lotoro, a firmare il fermo di indiziato di delitto nei confronti di Antonio Pontoriero, accusato di aver ucciso Sacko Soumaila, si incrociano con altre risultanze investigative dell’Arma che, in tempi rapidi, ha portato in carcere il 43enne di San Calogero. Per gli inquirenti risulta decisiva l’individuazione della Fiat Panda di colore bianco ritrovata nel casolare del padre di Antonio Pontoriero. La stessa auto la cui targa era stata parzialmente annotata da Madhieri Drame, uno dei compagni di Sacko. L’esatta comparazione tra l’autovettura ripresa da alcuni impianti di videosorveglianza lungo la Statale 18 e l’auto posta sotto sequestro, avrebbe consentito agli inquirenti di individuare la fascia oraria di commissione dell’omicidio, anche grazie alle dichiarazioni di alcuni familiari che, di fatto, hanno confermato la presenza di Antonio Pontoriero a bordo della Fiat Panda. I pantaloni e la maglietta rinvenuti nella lavatrice in uso ad Antonio Pontoriero – sequestrati dai carabinieri – sarebbero inoltre compatibili con quelli descritti da Madhieri Drame ed indossati dall’uomo che ha aperto il fuoco da una collinetta di località “La Tranquilla” il 2 giugno scorso uccidendo Sacko Soumila.  Fondamentali, infine, le intercettazioni ambientali nelle quali i familiari di Antonio Pontoriero forniscono elementi ritenuti decisivi per arrivare al fermo del 43enne con la grave accusa di omicidio. Un inquinamento del quadro probatorio in atto, quindi, con la decisione dei familiari di Antonio Pontoriero di concordare una versione comune da dare ai carabinieri. Il pericolo di fuga dell’indagato – prima raggiunto da un avviso di garanzia – viene anche motivato con il fatto che Antonio Pontoriero vanta parenti nel Nord Italia che potrebbero fornire supporto logistico per un’eventuale sottrazione ai provvedimenti della magistratura. La sparatoria, in ogni caso, poteva avere conseguenze ancora più tragiche ed i morti dovevano essere tre. Chi ha aperto il fuoco, infatti, ha sparato pure contro i due compagni di Sacko Soumila, appostandosi da una collinetta sopraelevata rispetto alla fornace “La Tranquilla”. Uno dei maliani presi di mira si è salvato solo grazie ad alcuni pannelli che gli hanno fatto da scudo mentre cercava di scappare dai colpi di fucile, mentre Antonio Pontoriero avrebbe ripreso la mira esplodendo altri colpi. Dalle conversazioni intercettate, fra l’altro, emerge pure la preoccupazione della famiglia Pontoriero per la rilevanza mediatica enorme che la vicenda aveva ormai assunto a livello nazionale, valutando la possibilità di orientare l’informazione attraverso qualche giornalista “buono”, magari da pagare. 

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