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‘Ndrangheta: il boss delle Preserre Bruno Emanuele passa al carcere duro

Il capobastone di Gerocarne sta scontando l’ergastolo ed una condanna a 24 anni per associazione mafiosa. Per lui era pronto un commando armato per farlo evadere

‘Ndrangheta: il boss delle Preserre Bruno Emanuele passa al carcere duro
Bruno Emanuele

Il boss delle Preserre vibonesi Bruno Emanuele, 49 anni, di Ariola di Gerocarne passa al regime del carcere duro (41 bis). La decisione è del ministro della Giustizia che ha ritenuto il detenuto fra i soggetti più pericolosi della ‘ndrangheta e, quindi, non meritevole della detenzione comune che potrebbe consentirgli di mantenere ancora contatti “con esponenti liberi della criminalità organizzata”. Alla base del provvedimento anche il fatto che il decorso del tempo trascorso in carcere “non ha mutato il ruolo e la funzione del soggetto all’interno dell’organizzazione” per come rappresentato dalla Dia e dal Comando generale dei carabinieri. Bruno Emanuele è stato condannato in via definitiva all’ergastolo nel 2015 per gli omicidi a Cassano allo Jonio di Nicola Abbruzzese e Antonino Bevilacqua, risalenti agli anni 2003 e 2004. Fatti di sangue commessi insieme all’allora capobastone di Cassano, Tonino Forastefano, attuale collaboratore di giustizia. Il 2 ottobre 2018 Bruno Emanuele è stato condannato in via definitiva all’ergastolo, insieme a Vincenzo Bartone, anche per il duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo (ritenuti esponenti apicali dell’omonima cosca vibonese), fatto di sangue avvenuto nell’aprile del 2002 mentre le vittime si trovavano in auto nei pressi dell’acquedotto di Gerocarne. La Fiat Panda dei fratelli Loielo venne crivellata a colpi di mitraglietta e kalashnikov.

Altri 24 anni di reclusione Bruno Emanuele li ha rimediati poi nel processo nato dall’operazione antimafia “Luce nei boschi” nel quale è stato condannato per associazione mafiosa e altri reati-fine, venendo riconosciuto in via definitiva quale “braccio armato” del locale di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne guidato dal boss Antonio Altamura. [Continua in basso]

moscato raffaele
Raffaele Moscato

L’evasione e le dichiarazioni di Moscato

Alla base del carcere duro per Bruno Emanuele, anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato che ha raccontato del piano organizzato dal clan dei Piscopisani e dal gruppo di Ariola per far evadere Bruno Emanuele.  

Diverse volte abbiamo provato a far evadere Bruno Emanuele dal carcere – ha raccontato Moscato – ed allo scopo abbiamo fatto decine di incontri, in particolare con un certo Pasquale di Cassano allo Jonio, Linuccio Idà, Giovanni Emmanuele e Domenico con l’Audi A3 di cui si parla nelle intercettazioni del bar Tony di Nicotera e con un sodale di Pasquale di Cassano di cui non ricordo il nome. L’azione – continua Moscato – non è stata mai portata a termine in quanto arrestavano sempre qualcuno. Ad esempio l’ultima volta hanno arrestato Giovanni Emmanuele per il fatto delle armi nell’operazione Calibro 12 a Soriano, la penultima volta, invece, era avvenuto l’arresto in Puglia di Pasquale di Cassano per cocaina ed eroina nel 2012 o 2013”. Il collaboratore di giustizia ha inoltre messo a verbale che “l’evasione doveva avvenire mentre Bruno Emanuele aveva il processo a Cosenza, quando prese l’ergastolo per l’omicidio Bruzzese degli zingari quale favore a Forastefano, quello che oggi è pentito. Bruno Emanuele voleva infatti bene a Tonino Forastefano più che ad un fratello ed avrebbe dato la vita per lui. Forastefano, in cambio, quale favore, aveva partecipato all’omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo a Gerocarne”. [Continua in basso]

Pantaleone Mancuso (Scarpuni)

Il piano di Bruno Emanuele e il proposito di uccidere Scarpuni

Raffaele Moscato ha spiegato anche che l’intenzione di far evadere il boss Bruno Emanuele con l’assalto armato al furgone della polizia penitenziaria derivava proprio dal timore che lo stesso fosse sottoposto a regime di 41 bis, il carcere duro, con impossibilità, quindi, di comunicare con l’esterno. “Nella zona delle Preserre – rimarca il collaboratore – oggi sono vincenti gli Emanuele sui Loielo, sia per motivi legati alla faida, sia per monitorare l’attività delle forze dell’ordine e l’installazione di telecamere fra Soriano, Gerocarne e Sorianello. Qui ci sono soggetti appostati con i binocoli per vedere chi arriva. Questa cosa me la disse Giovanni Emmanuele affermando che due suoi uomini si occupavano di questo per lui”. Una volta fuori dal carcere, Bruno Emanuele aveva garantito sia ai Piscopisani, quanto al clan Bonavota di Sant’Onofrio ed ai Tripodi di Portosalvo (oltre al gruppo capeggiato a Vibo da Andrea Mantella e Francesco Scrugli) che avrebbe eliminato personalmente il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, e poi il pentito – e suo ex amico – Tonino Forastefano di cui avrebbe conosciuto la località protetta in cui si trovava sotto la nuova veste di collaboratore. Bruno Emanuele, una volta evaso, sarebbe stato pronto a fingersi morto per gli altri clan e la giustizia facendo portare “il lutto alla sua famiglia, fingendo di essere morto per lupara bianca”.

Avverso il provvedimento del carcere duro, gli avvocati di Bruno Emanuele – Giuseppe Di Renzo ed Enzo Galeota – hanno annunciato reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

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