Droga, armi ed estorsioni: ecco le accuse nei confronti di otto vibonesi
L’operazione Anteo prende le mosse anche dalle dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso. Da Capistrano a Chiaravalle sino a Pizzo, ecco le singole contestazioni
Ci sono anche 8 vibonesi fra gli indagati dell’operazione Anteo che mira a far luce su un traffico di sostanze stupefacenti che coinvolge in totale 32 persone. Si tratta di: Emanuele Mancuso, 33 anni, di Nicotera, attuale collaboratore di giustizia, e la compagna Nensy Vera Chimirri, 29 anni, originaria di Capistrano (arresti domiciliari); Daniele Cortese, 31 anni, di Capistrano (carcere); Antonio Cuturello, 31 anni, di Limbadi (domiciliari); Fortunato De Masi, 46 anni, di Simbario (domiciliari); Mirco Furchì, 28 anni, di Mandaradoni di Limbadi (domiciliari); Clemente Selvaggio, 26 anni, di Vibo Valentia (carcere); Giuseppe Soriano, 30 anni, di Pizzinni di Filandari (domiciliari, ma detenuto in carcere per altro). [Continua in basso]
L’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina, marijuana, eroina, hashish e sostanze psicotrope viene contestata, fra i vibonesi, ad Emanuele Mancuso, 33 anni, di Nicotera (attuale collaboratore di giustizia) ed a Daniele Cortese, 31 anni di Capistrano. I due vibonesi sarebbero stati “uno dei principali e costanti canali di rifornimento degli stupefacenti del tipo cocaina e marijuana”, dell’associazione dei “fratelli Fabiano” di Cardinale e Chiaravalle Centrale e sono accusati di aver curato le trattative relative alle cessioni delle sostanze stupefacenti, gestendo i crediti che ne derivavano e i relativi pagamenti, coordinando dal 2017 il trasporto e la consegna degli stupefacenti dalla provincia di Vibo Valentia a quella di Catanzaro.
Ad Emanuele Mancuso e Daniele Cortese viene quindi contestata la cessione di sostanze stupefacenti in diverse occasioni, mentre in data antecedente e prossima al 3 marzo 2018 Emanuele Mancuso è accusato di aver detenuto e poi ceduto due armi da fuoco, fra cui una pistola da guerra quale contropartita per una fornitura di sostanza stupefacente. In particolare, dopo aver concordato lo scambio, Damiano Fabiano e Domenico Giorgio sono accusati di aver trasportato in luogo pubblico le armi, ovvero da Chiaravalle Centrale fino a Capistrano, ove le “consegnavano a Daniele Cortese, il quale le riceveva per conto di Emanuele Mancuso – si legge nel capo di imputazione – e che, comunque, successivamente le acquistava versando allo stesso Emanuele Mancuso la somma simbolica di un euro e le trasportava da Capistrano fino a luogo imprecisato”. [Continua in basso]
Estorsione aggravata dal metodo mafioso è quindi l’accusa nei confronti di Emanuele Mancuso che avrebbe minacciato Damiano Fabiano mediante messaggi telefonici e si sarebbe poi recato improvvisamente, in data 3 marzo 2018, unitamente a Daniele Cortese, presso l’abitazione dello stesso Damiano Fabiano, in tal modo costringendolo a versare parte del denaro dovuto per l’acquisto di stupefacenti, nonché a permutare una parte del debito, che in quella data ammontava ad euro 21.500,00, con alcune armi nella disponibilità del sodalizio “dei fratelli Fabiano”, che venivano successivamente consegnate a Capistrano a Daniele Cortese, nonché con delle attrezzature da macelleria, che venivano asportate lo stesso giorno dall’abitazione di Damiano Fabiano, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno.
I fratelli Giuseppe e Damiano Fabiano sono poi accusati di aver ceduto nel marzo del 2018 ad Emanuele Mancuso un numero indeterminato di ordigni esplosivi, mentre Antonio Cuturello e Mirco Furchì avrebbero intimidito Damiano Fabiano a consegnare la somma di ottomila euro quale debito maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente da Emanuele Mancuso, prospettandogli l’eventualità di recuperare il denaro necessario per il pagamento attraverso la commissione di due furti o rapine da perpetrare in altrettante abitazioni individuate dal Mirco Furchì e da Antonio Cuturello.
Nency Chimirri (compagna di Emanuele Mancuso), Daniele Cortese, Emanuele Mancuso e Clemente Selvaggio sono poi accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, avvalendosi della forza intimatrice derivante dall’appartenenza o dalla contiguità alla cosca Mancuso di Limbadi, nonché alla c.d. “famiglia Evalto”, di radicata a Pizzo Calabro, Nensy Chimirri ed Emanuele Mancuso, quali mandanti, Daniele Cortese e Clemente Selvaggio, quali esecutori materiali, con violenza e minaccia avrebbero costretto Damiano Fabiano a consegnare la somma pari a 7.500,00 euro, a fronte di un debito di 8.000,00 euro, maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente nei confronti di Emanuele Mancuso.
Clemente Selvaggio è accusato di aver minacciato gravemente Damiano Fabiano, anche attraverso l’esibizione di un’arma da fuoco, “ostentando la sua appartenenza alla c.d. “famiglia Evalto”, qualificandosi come il nipote di Evalto Domenico (nonno materno) e come il nipote di Evalto Giuseppe (zio materno) e riferendo esplicitamente a Fabiano Damiano – si legge nel capo di imputazione – di agire al fine di recuperare i crediti insoluti del narcotraffico di Emanuele Mancuso per sostenere le spese processuali e quelle necessarie per gli avvocati e periti balistici, nominati dalla famiglia di Emanuele Mancuso per preparare la sua difesa nel procedimento penale che ha determinato nei suoi confronti l’esecuzione di un provvedimento di fermo nell’ambito dell’operazione c.d. “Nemea”. In tal modo avrebbero costretto Damiano Fabiano ad effettuare il pagamento in due rate della somma dovuta, ovvero il 14 aprile 2018 euro 3.000,00 a Pizzo Calabro nei pressi dello svincolo della Statale 18, e il 25 aprile 2018 euro 4.500,00 a Pizzo Calabro all’interno di una gelateria.
Cessione di sostanze stupefacenti (cocaina) è l’accusa mossa a Fortunato Demasi, mentre Giuseppe Soriano è accusato di aver ricevuto un quantitativo di eroina dai fratelli Fabiano e da Domenico Giorgio. Antonio Cuturello è anche accusato di aver violato la sorveglianza speciale.
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