Rinascita Scott e diritto di cronaca, interrogazione al ministro della Giustizia
Il senatore De Bonis chiede al guardasigilli di intervenire per eliminare i divieti che impediscono di trasmettere audio e video delle udienze del maxiprocesso
Il silenzio della maggior parte dei media italiani intorno al maxiprocesso Rinascita Scott, causato anche dal divieto di riprendere immagini con audio del maxiprocesso alla ‘ndrangheta, potrebbe essere finalmente infranto dall’interrogazione parlamentare presentata dal senatore Saverio De Bonis (Gruppo misto) al ministro della Giustizia.
Il senatore, dopo aver sottolineato l’importanza del maxiprocesso (325 imputati, 400 capi di imputazione e circa 2000 testimoni tra accusa e difesa) e aver evidenziato che soltanto l’emittente televisiva LaC News24 ha previsto un programma settimanale per raccontare quello che è senza dubbio uno dei procedimenti penali più importanti della storia giudiziaria italiana, chiede al ministro Marta Cartabia se è a conoscenza delle limitazioni imposte alle stampa e quali iniziative intenda intraprendere per rimuovere questo grave ostacolo al diritto di cronaca. [Continua in basso]
Il testo integrale dell’interrogazione parlamentare
Premesso che:
- in Calabria, presso l’aula bunker di Lamezia Terme è in corso il processo noto come “Rinascita Scott”, uno dei procedimenti penali più importanti della storia giudiziaria italiana, mai avuto nella lotta alla ‘Ndrangheta, laddove sono coinvolti 325 imputati e sono stati formulati 400 capi di imputazione e circa 2000 testimoni tra accusa e difesa;
- numerose testate giornalistiche hanno richiesto di rendere pubblico il processo poiché sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento, che anche lo scrivente condivide, e considerato che solo una tv, la calabrese LaCnews24 ha varato un programma settimanale, Rinascita Scott processo alla ‘ndrangheta, per raccontare il processo;
- avviato il dibattimento, il Tribunale di Vibo Valentia in un primo momento aveva disposto il divieto assoluto che le udienze venissero riprese, ma successivamente ha rivisto parzialmente tale decisione e con un’ordinanza ha autorizzato la pubblicazione integrale delle riprese, ma solo con telecamere fisse e da trasmettere dopo la lettura del dispositivo della sentenza mentre, prima della lettura della sentenza, solo brevi video senza audio, con espresso divieto alle Tv ed alle testate giornalistiche di poterle trasmettere prima della lettura del dispositivo della sentenza.
Considerato che:
- L’Unione nazionale dei cronisti italiani nel commentare la decisione assunta dal Tribunale di Vibo Valentia, ha giudicato il “provvedimento tardivo, parziale e tutt’altro che rispondente alle esigenze della libera informazione e, in particolare, del diritto costituzionale di informare ed essere informati”;
- in data 27 aprile 2021 la giornalista Alessia Truzzolillo – Corriere della Calabria e Ansa – si era avvicinata ai banchi riservati ai PM per fotografare il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Antonio De Bernardo mentre quest’ultimo stava interrogando il collaboratore di giustizia Andrea Mantella; la stessa racconta di essere stata spintonata, trattenuta per mezz’ora e costretta a consegnare il cellulare ad un carabiniere nonostante avesse recuperato ed esibito l’ordinanza del Tribunale che legittimava i giornalisti a fare video e foto;
- il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri, a tutela del lavoro che stava svolgendo la giornalista Truzzolillo ha dichiarato “è necessario che si faccia piena luce, anche per evitare che il comportamento di un singolo offuschi l’immagine dell’Arma dei carabinieri e dei tanti rappresentanti delle Forze dell’Ordine che quotidianamente sono in trincea per combattere la criminalità comune e mafiosa”. Secondo il presidente Soluri si è trattato di un episodio “davvero poco edificante che mortifica certamente il lavoro e la dignità dei giornalisti che quotidianamente informano su quello che è stato da più parti definito come un processo storico”;
- il citato sostituto procuratore Antonio De Bernardo, alti ufficiali dell’Arma e delle altre Forze dell’Ordine si sono scusati con la giornalista per l’episodio ed il Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, da cui dipende il militare, ha preso provvedimenti destinandolo ad un altro dispositivo di scorta e non più al sostituto procuratore De Bernardo.
Ritenuto che:
- secondo l’interrogante autorizzare le riprese con una serie di limitazioni significa rendere tale autorizzazione quasi inutile;
- infatti, come riportato dall’Unci calabrese, vi è un totale malcontento tra i giornalisti, soprattutto per non avere potuto divulgare in maniera trasparente il processo. Giustificare il divieto di diffusione con il volere garantire l’assoluta genuinità della prova dibattimentale è privo di qualsiasi fondamento, mentre le radio, compresa Radio Radicale, nel processo “Ndrangheta stragista” hanno reso un servizio straordinario al Paese Italia;
- la stessa Unci aveva proposto, per evitare assembramenti di telecamere e operatori, che vi fosse un solo service ad occuparsi delle riprese, sistemato in punti strategici per effettuare riprese più rispondenti alle necessità documentaristiche dell’informazione, ma ovviamente anche questa proposta è stata ignorata.
Si chiede di sapere:
- se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di tali fatti;
- quali iniziative intenda intraprendere al fine di rendere pubblico il processo con modalità più ampie rispetto a quelle accordate, anche al fine di fare recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia.
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