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Processo Alluvione a Vibo: si va avanti, fatta salva l’istruttoria sin qui compiuta

Il Tribunale respinge la richiesta dei difensori di azzerare tutto a causa del nuovo cambio del Collegio giudicante. Resta in piedi il reato di disastro colposo per 14 imputati

Processo Alluvione a Vibo: si va avanti, fatta salva l’istruttoria sin qui compiuta

Andrà avanti il processo sull’alluvione del 2006 che provocò tre morti e danni per milioni di euro. Il Tribunale presieduto dal giudice Giulio De Gregorio, a latere Adriano Cantilena e Violetta Romano, ha infatti respinto la richiesta della difesa degli imputati che stamane non ha nuovamente prestato il consenso alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attesa la nuova composizione del Collegio. Fatta salva, dunque, l’attività istruttoria sin qui svolta e udienza dedicata alla ricitazione in aula di alcuni testi (fra vigili del fuoco e sovrintendenti della polizia stradale) che hanno confermato le dichiarazioni già rese nelle precedenti udienze. La nuova citazione stamane in aula si è resa necessaria poiché già nella precedente udienza del 12 gennaio scorso le difese degli imputati – dinanzi al Tribunale presieduto nell’occasione dal giudice Adriano Cantilena – non avevano prestato il consenso alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. Nessuna nuova domanda ai testi comparsi oggi in aula da parte del pm Benedetta Callea e dei difensori e, pertanto il processo andrà avanti, con una nuova udienza fissata per il 15 giugno prossimo quando sono stati chiamati a deporre, quali testi, alcuni investigatori della Guardia di Finanza e i tecnici che si sono occupati di questioni urbanistiche e di assetto del territorio come il professore Versace.  

Già dichiarati prescritti alcuni reati, il processo resta in piedi – per la sola ipotesi di reato di disastro colposo – nei confronti dei seguenti imputati: Ugo Bellantoni (in foto), ex dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Giovanni Marafioti; Domenico Corigliano, ex comandante della Polizia Municipale di Vibo (avvocato Monaco); Silvana De Carolis, ex dirigente del settore Lavori pubblici e Urbanistica del Comune di Vibo (avvocato Giuseppe Di Renzo); Giacomo Consoli, ex dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Vibo (avvocato Antonello Fuscà); Raffaella, Alessandra, Maria Antonietta e Fabrizio Marzano, proprietari di una strada privata in località “Sughero” (avvocato Antonio Crudo); Pietro La Rosa, responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo (avvocato Giosuè Megna); Gaetano Bruni (in foto in basso) ex presidente della Provincia di Vibo (avvocati Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino); Paolo Barbieri, ex assessore provinciale ai Lavori pubblici (avvocato Giuseppe Altieri); Giovanni Ricca, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Vincenzo Adamo); Ottavio Amaro, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Guido Contestabile); Filippo Valotta (Consorzio industriale), assistito dagli avvocati Vecchio e D’Agostino.

Ben 19, invece, le parti civili, mentre tre sono gli enti chiamati a rispondere quali responsabili civili: il Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Nicola Lo Torto, la Provincia di Vibo, assistita dagli avvocati Emilio Stagliano e Francesco Maione, la Regione Calabria, difesa dagli avvocati Michele Rausei e Antonio Montagnese. Fra le parti civili, oltre ai familiari delle vittime e 17 privati cittadini, ci sono anche il Wwf con l’avvocato Angelo Calzone e Legambiente con l’avvocato Rodolfo Ambrosio. 

Altre sei parti civili sono invece assistite dall’avvocato Antonio Porcelli, una a testa dagli avvocati Maria Repice e Antonio Ludovico e due dall’avvocato Giuseppe Costabile. Parte civile anche Bruno Virdò, l’uomo che riportò gravi ferite tentando di salvare il piccolo Salvatore Gaglioti. Il 25 ottobre 2016 il Tribunale ha dichiarato la prescrizione (atteso che nessuno degli imputati aveva inteso rinunciarvi per avere un’eventuale assoluzione nel merito) per i reati di omicidio colposo ed omissione d’atti d’ufficio.  Gli imputati dovevano tutti rispondere di aver cagionato con condotte colpose, ognuno per i rispettivi ruoli, la morte del piccolo Salvatore Gaglioti (di soli 16 mesi) e dello zio Ulisse Gaglioti sommersi, unitamente a Nicola De Pascale (altra vittima dell’alluvione), da una colata di fango e detriti sulla Statale 18 nei pressi della non lontana contrada “Sughero”. La famiglia Gaglioti è costituita parte civile nel processo con l’avvocato Giuseppe Pasquino. Nessuno degli imputati ha inteso però rinunciare alla prescrizione e pertanto penalmente nessuno pagherà mai per i tre morti dell’alluvione.  

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