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‘Ndrangheta: operazione “Miletos”, ecco i verbali inediti della collaboratrice di giustizia ucraina

Oksana Verman svela le dinamiche criminali a Mileto e le strategie dei Pititto e dei Mesiano per colpire la famiglia Corigliano

‘Ndrangheta: operazione “Miletos”, ecco i verbali inediti della collaboratrice di giustizia ucraina

Continua a riservare parecchi elementi inediti ed utili a ricostruire le dinamiche criminali di Mileto, l’operazione “Miletos” che ha fatto luce sugli omicidi di Giuseppe Mesiano e Angelo Corigliano avvenuti nel 2013. Ad iniziare dalla “discesa” in Calabria del fratello di Giuseppe Mesiano, ovvero Pasquale Mesiano, di 59 anni, il quale “sebbene residente in Lombardia” sarebbe arrivato a Mileto “per prendere in mano le redini della famiglia”. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, anche Fortunato Mesiano, 44 anni (figlio dell’ucciso Giuseppe e fratello di Francesco Mesiano), subito dopo la sua scarcerazione sarebbe “divenuto uno degli elementi di spicco della famiglia, tanto da aver direttamente affrontato Michele Tavella, uno dei vertici storici dell’omonima cosca”. L’attività di intercettazione telefonica ed ambientale avrebbe inoltre dimostrato “lo stretto legame di complicità che lega Pasquale Mesiano e Fortunato Mesiano”. 

L’operazione “Miletos” svela però per la prima volta anche i contenuti di un verbale reso il 14 marzo del 2017 dalla nuova collaboratrice di giustizia, Oksana Verman, la donna ucraina divenuta l’amante di Salvatore Pititto. I verbali della Verman sono ancora in gran parte coperti da segreto investigativo, ma i passaggi discoveraty e divenuti quindi conoscibili svelano diversi particolari del tutto inediti. “Conosco Rocco Iannello – dichiara la collaboratrice di giustizia – per essere il cugino di Salvatore Pititto. Io sono arrivata in Italia tramite una mia amica che attualmente vive a Varese e che nel 2000 lavorava in una cooperativa nella quale si producevano formaggi e si lavoravano i derivati del latte. In questa cooperativa lavorava pure Salvatore Pititto. All’inizio del novembre del 2000 sono arrivata in Italia e Salvatore Pititto mi ha aiutato a trovare un lavoro agli inizi di dicembre. Quando sono arrivata in Italia, questa mia amica è venuta a prendermi alla stazione con Salvatore Pititto. La cooperativa nella quale ho iniziato a lavorare – ricorda Oksana Verman – si trovava nella zona di Francica o San Giovanni di Mileto, non ricordo esattamente il luogo. Posso dire che Salvatore Pititto diceva che dai locali della cooperativa era possibile vedere il paese. In questo posto lavoravano anche la moglie di Pititto e la madre dello stesso. Agli inizi del dicembre del 2000, Salvatore Pititto mi ha trovato un lavoro presso una famiglia presso la quale dovevo assistere due persone anziane. L’abitazione era quasi attaccata a quella di Pititto e ci potevamo vedere dalla finestra. In quel periodo abbiamo iniziato a frequentarci”. Nel mese di febbraio del 2001, la donna assistita dalla Verman muore e da lì a breve anche il marito. “Tornai così alla cooperativa – ricorda la collaboratrice di giustizia – e Pititto mi trovò un nuovo lavoro da una signora che aveva un negozio di alimentari, nel quale prestavo aiuto come commessa pur non essendo stata regolarmente assunta perché ero sprovvista del permesso di soggiorno”. 

L’intervento di Pititto per troncare una relazione. Uno dei figli del datore di lavoro di Oksana, si sarebbe quindi invaghito dell’ucraina andando a parlare della cosa ad uno zio. “Dopo aver parlato con suo zio – racconta la Verman – mi disse che non poteva continuare a stare con me e che non avrebbe mai accettato il fatto che io avessi già un figlio. Col il passare del tempo ho saputo da Salvatore Pititto, con il quale io avevo già avuto una frequentazione, che era stato lui a parlare affinchè lo zio dicesse al nipote che lui era interessato a me e che quindi il figlio della signora dove lavoravo doveva lasciarmi stare. A quel punto Salvatore Pititto mi aiutò a trovare un altro lavoro e mi portò in una casa a Vena di Ionadi, di proprietà di una persona di San Gregorio con cui avevo però un regolare contratto di locazione. Era l’anno 2003 ed in quel periodo Salvatore Pititto ha portato delle persone a casa ed ho conosciuto anche Rocco Iannello. Era lo stesso periodo in cui Pititto portava nella mia abitazione i siciliani. Quando Pititto e Rocco Iannello dovevano parlare di cose riservate, Salvatore mi diceva di andare nella mia stanza oppure tutti i presenti parlavano a bassa voce”.

Quindi l’incendio ad un portone di un’abitazione a Mileto da  parte di Rocco Iannello che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe il portone della casa dei Corigliano. Il tutto in epoca successiva all’omicidio di Giuseppe Mesiano (17 luglio 2013) a cui sono seguite delle riunioni a casa di Pasquale Pititto, “il cugino di Salvatore che era il capo del gruppo di Mileto e sapeva tutto di tutti. Salvatore Pititto – continua la Verman – mi diceva che i Mesiano erano un gruppo, una famiglia ed erano importanti come lo erano i Pititto. Salvatore Pititto mi diceva che suo cugino Pasquale era più importante di lui ed era il suo capo”. Oksana Verman si era già trasferita in un appartamento a Vibo Valentia in via Gagliardi quando apprende da Salvatore Pititto particolari importanti sull’omicidio di Angelo Corigliano (20 agosto 2013 a Mileto). “Salvatore Pititto, quando mi ha raccontato del secondo omicidio – spiega la collaboratrice di giustizia – mi ha detto di essere stato lui a guidare il motorino rubato mentre Domenico Iannello è il soggetto che ha sparato, sempre sulla base di quello che mi ha raccontato Salvatore Pititto. La persona uccisa si trovava dentro una macchina di colore bordeaux. Salvatore Pititto mi disse che l’omicidio era stato fatto per fare un favore ad Enzo che faceva parte dello stesso gruppo”. Enzo che gli investigatori ritengono sia Vincenzo Corso, congiunto dei Mesiano. “So che Domenico Iannello è il fratello di Rocco Iannello – aggiunge la Verman – e lui veniva a casa mia quando Pititto portava le persone che facevano parte dell’associazione dedita al traffico di stupefacenti”. Quella sgominata lo scorso anno con l’operazione “Stammer” nella quale è rimasta implicata anche Oksana Verman che, subito dopo l’arresto, ha deciso di “vuotare il sacco” con gli inquirenti raccontando tutti i retroscena criminali di cui è venuta a conoscenza. 

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