domenica,Novembre 24 2024

Operazione “Via col vento” sull’eolico: quattro condanne

Nell’inchiesta della Dda di Catanzaro coinvolti anche i boss Pantaleone Mancuso “Scarpuni” e Rocco Anello. L’indagine ha acceso i riflettori sul business nei parchi di Amaroni, Cutro e San Biagio

Operazione “Via col vento” sull’eolico: quattro condanne
Pantaleone Mancuso (Scarpuni)

Quattro condanne ed un’assoluzione. Questo il verdetto del Tribunale collegiale di Catanzaro per gli imputati dell’operazione antimafia denominata “Via col Vento” che mira a far luce sugli affari dell’eolico. Ad 11 anni di reclusione sono stati condannati: Rocco Anello, 60 anni, di Filadelfia, ritenuto a capo dell’omonimo clan (difeso dall’avvocato Sergio Rotundo); Pantaleone Mancuso, 60 anni, di Limbadi (residente a Nicotera Marina ed attualmente detenuto), detto “Scarpuni” (difeso dagli avvocati Francesco Calabrese e Francesco Sabatino); Romeo Ielapi, 49 anni, imprenditore di Filadelfia (difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Mariantonietta Iorfida). A 7 anni di reclusione è stato condannato Riccardo Di Palma, 49 anni, di San Lupo (Bn) (difeso dall’avvocato Giovanni Spina), mentre è stato assolto per non aver commesso il fatto Mario Scognamiglio, 44 anni, di Napoli, difeso dagli avvocati Antonio Bucci e Flavio Ambrosino del Foro di Napoli.  [Continua in basso]

Rocco Anello

L’indagine ha acceso i riflettori sul business dell’eolico nei parchi di Amaroni, Cutro e San Biagio con la presunta ingerenza dei clan Mancuso, Anello e Trapasso nei milionari lavori degli impianti e nella guardiania delle zone. Gli imprenditori sarebbero stati costretti a subappaltare i lavori inerenti la realizzazione dei parchi ad imprese controllate dalle cosche, anche aggirando il regolamento contrattuale sottoscritto dalle imprese aggiudicatarie. Fondamentali nell’attività di indagine le intercettazioni telefoniche ed ambientali. Pantaleone Mancuso era in particolare accusato di estorsione e illecita concorrenza con minaccia volti al controllo, o comunque al condizionamento, del mercato relativo alle esecuzioni di opere pubbliche nei parchi eolici di diverse località calabresi, alcune delle quali ricadenti sotto il controllo della cosca mafiosa dei Mancuso di Limbadi, della quale “Scarpuni” è ritenuto un esponente apicale. I reati sono aggravati dalla modalità mafiose. 

Romeo Ielapi

Secondo l’accusa, il soggetto chiave delle relazioni fra le varie cosche interessate ai lavori era da identificarsi nell’imprenditore Giuseppe Evalto, 58 anni, nativo di Spilinga ma residente a Pizzo, la cui posizione è rimasta di competenza della Dda di Reggio Calabria ed è stato condannato in abbreviato in primo grado a 11 anni e 4 mesi. Sarebbe stato lui, secondo gli inquirenti, l’imprenditore di riferimento di Mancuso al fine di rapportarsi con le grandi imprese che avevano ottenuto l’appalto per la costruzione dei parchi eolici.  [Continua in basso]

Giuseppe Evalto

Evalto sarebbe stato contemporaneamente imprenditore e collettore degli interessi delle consorterie, rappresentando per l’accusa una figura “cerniera” in grado di relazionarsi con le due realtà – quella criminale e quella imprenditoriale – riuscendo ad imporre alle società impegnate nella realizzazione dei parchi eolici l’affidamento, a favore di ditte colluse o compiacenti, dei lavori collegati alla realizzazione delle opere. Il site manager della Nordex Italia presso il parco di Amaroni e e il project manager della stessa Nordex sarebbero quindi stati costretti ad escludere altre ditte e ad affidarsi alla ditta individuale Ielapi Romeo – di cui è intestatario Romeo Ielapi ma proprietario di fatto, secondo gli inquirenti, il boss Rocco Anello – i “lavori temporanei di allargamento dei tratti della strada provinciale numero 92 (cd. bypass di Cortale) minacciandoli altresì che, in caso contrario, l’iter burocratico avrebbe subito notevoli ritardi e che vi sarebbero stati problemi per la sicurezza del cantiere. Contestati pure i reati di estorsione e rapina aggravati dalle modalità mafiose in quanto avrebbero costretto i titolari delle imprese a corrispondere al boss Rocco Anello una somma di denaro, ottenuta attraverso – secondo l’accusa – la società di trasporti “La Molisana” di proprietà dei fratelli Di Palma ed in cui lavora Scognamiglio (assolto) e la ditta di Romeo Ielapi. Da due capi d’imputazione gli imputati sono stati assolti.

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