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“Rinascita Scott 2”: il bitume per la Provincia di Vibo e la politica del consenso

La Dda di Catanzaro ricostruisce l’interesse del presidente Salvatore Solano per la strada di San Cono di Cessaniti, con lavori alla “buona” affidati al cugino Giuseppe D’Amico ora arrestato per mafia. Ecco le intercettazioni “scomode” dell’inchiesta del procuratore Gratteri

“Rinascita Scott 2”: il bitume per la Provincia di Vibo e la politica del consenso
Il procuratore Nicola Gratteri
Il procuratore Nicola Gratteri

Dedica un intero capitolo alle forniture di bitume alla Provincia di Vibo Valentia, l’inchiesta “Rinascita Scott 2” della Dda di Catanzaro (chiamata anche “Petrol mafie”) che ha portato in carcere gli imprenditori e fratelli di Piscopio Giuseppe D’Amico, 49 anni, e Antonio D’Amico, 57 anni, titolari – fra l’altro – della Dmt Petroli. Per entrambi l’accusa è quella di associazione mafiosa (clan Mancuso ma anche clan dei Piscopisani), riciclaggio, estorsione e altri reati. Giuseppe D’Amico è il genero di Francesco D’Angelo, detto “Ciccio Ammaculata”, anche lui indagato nell’operazione ed indicato quale capo indiscusso del vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio e poi divenuto di recente “uomo di fiducia di Luigi Mancuso”.  [Continua in basso]

Antonio D’Amico

Antonio D’Amico – sottolineano gli uomini del procuratore Nicola Gratteri – è invece sposato con una Gallace di Gerocarne, il cui padre (suocero, quindi, di Antonio D’Amico) è stato ucciso il 21 marzo 1993. Un fratello della moglie di Antonio D’Amico (quindi cognato di Antonio D’Amico) è stato invece ucciso il 25 ottobre 2003 nell c.d. “Strage di Ariola” dove ha perso la vita anche un altro Gallace, cugino dei primi. Gli inquirenti sono riusciti a documentare diversi incontri e rapporti dei D’Amico, oltre che con i Mancuso di Limbadi, anche con i Bonavota di Sant’Onofrio, i Fiarè di San Gregorio d’Ippona, gli Anello di Filadelfia, il clan dei Piscopisani e le consorterie reggine dei Piromalli di Gioia Tauro, Pelle di San Luca, Italiano di Delianuova. Giuseppe D’Amico avrebbe poi sostenuto economicamente gli associati detenuti in carcere.
Per i magistrati antimafia, più volte, interloquendo con svariati accoscati, i fratelli D’Amico avrebbero fatto riferimento alle proprie entrature nel mondo politico istituzionale (accadeva ad esempio nell’incontro con Mancuso Silvana del 30.11.2018; nell’incontro con Gallone Pasquale dell’01.02.2019; nell’incontro con Fiarè Francesco del 23.05.2019). Nelle menzionate circostanze, gli indagati D’Amico – sottolineano i pm della Dda – ostentavano la propria vicinanza a Salvatore Solano, sindaco di Stefanaconi, eletto presidente della Provincia di Vibo Valentia il 31.10.2018. Vicinanza derivante dal rapporto di parentela che legava i D’Amico al Solano, loro primo cugino. Effettivamente la sussistenza di tale relazione di conoscenza e frequentazione era suffragata dall’attività investigativa, atteso che Solano risultava avere – si legge negli atti dell’inchiesta – frequenti contatti telefonici con i fratelli D’Amico, con cui si incontrava anche in svariate occasioni“.

Il pranzo a Sant’Onofrio e il bitume per la Provincia

E’ l’11 dicembre 2018 ed attorno allo stesso tavolo ci sono in un ristorante di Sant’Onofrio l’imprenditore Giuseppe D’Amico (ora arrestato), il cugino Salvatore Solano (sindaco di Stefanaconi e presidente della Provincia) e Isaia Angelo Antonio Capria di Nicotera, dipendente della Provincia di Vibo. Fra gli argomenti di interesse investigativo trattati durante il pranzo – oltre ai lavori per il nuovo ospedale, a diversi aneddoti “relativi all’appartenenza alla cosca di Giuseppe D’Amico” e quindi alla nonna di D’Amico e Solano che avrebbe ospitato, da latitanti, Luigi Mancuso, Francesco D’Angelo e Raffaele Cracolici – vi era anche la possibilità che Giuseppe D’Amico garantisse “delle forniture di bitume” all’ente Provincia di Vibo. Annotano i pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo: Sul bitume era proprio Solano a tornare insistentemente in argomento (Solano nelle intercettazioni: “Ah Peppe adesso a parte le coglionette, un pò di misto lo puoi mandare a Sant’Onofrio tra la Morsillara e Stefanaconi). Solano faceva anche notare – si legge negli atti dell’inchiesta – che sarebbe stato sconveniente formalizzare detta fornitura (Solano: eh ma intanto io come ti pago a te che ci arrestano il giorno dopo”). Il cugino Giuseppe D’Amico, di rimando, con fare scherzoso gli proponeva, in luogo del pagamento della fornitura, di fare una donazione nei confronti dei detenuti del carcere di Vibo Valentia (D’Amico nelle intercettazioni rivolto a Solano: “Mandagli cinquemila euro ai carcerati per questo Santo Natale…panettone per tutti… lo fai? dici…”l’amministrazione provinciale…eh…saluta i detenuti”), suscitando la reazione del Solano, che faceva notare che, così facendo, la sua amministrazione avrebbe potuto essere oggetto di provvedimenti (Solano: “Eh…il mattino ho lo scioglimento”). Di rimando, Giuseppe D’Amico avrebbe ribattuto: “te ne fotti che ci sciolgono…noi…legati siamo!”. [Continua in basso]

D’Amico e l’asfalto sulle strade provinciali

Giuseppe D’Amico

E’ il 3 aprile del 2019 e gli investigatori annotano che l’imprenditore Giuseppe D’Amico riceveva una telefonata da Isaia Angelo Capria, dipendente della Provincia di Vibo, il quale gli chiedeva: “Siamo operativi per il bitume?” D’Amico confermava che se Capria avesse mandato terze persone, lui avrebbe preparato il materiale e così restavano d’accordo. Poco più tardi, D’Amico richiamava Capria, informandolo che il bitume si era raffreddato atteso che “loro” erano arrivati in ritardo e che inoltre, una volta giunti in loco, avevano aspettato il geometra. D’Amico commentava la scarsa professionalità degli operai incaricati della stesura del bitume, i quali non avevano provveduto a compattarlo con il rullo, ma Capria glissava. Dopo circa quaranta minuti, Capria chiamava ancora una volta D’Amico e, dopo aver constatato che il bitume poco prima ricevuto non “lega bene”, gli chiedeva di approntarne un altro metro cubo.

Il 16 aprile 2019, invece, Giuseppe D’Amico riceveva una telefonata da altro dipendente della Provincia il quale chiedeva a D’Amico la fornitura di tre metri cubi di bitume. Messisi d’accordo sulle modalità di pagamento, il dipendente della Provincia si raccomandava col D’Amico circa la qualità del materiale fornito, risultata “palesemente scadente” in occasione di una precedente fornitura.

L’incontro D’Amico-Solano e la strada per San Cono

E’ l’1 luglio del 2019 e gli investigatori dell’antimafia, coordinati dai pm della Dda di Catanzaro, si soffermano su un incontro avvenuto nel pomeriggio fra Giuseppe D’Amico ed il cugino presidente della Provincia di Vibo Valentia Salvatore Solano. La conversazione tra i due veniva intercettata – ricostruiscono gli uomini guidati dal procuratore Nicola Gratteri – e, tra gli argomenti toccati, vi era pure quello inerente alcuni lavori di rifacimento di una strada a San Cono, frazione di Cessaniti, per i quali Solano dava sostanzialmente incarico al D’Amico. Solano chiariva che non disponeva dei fondi per eseguire un “lavoro come si deve” (Solano nelle intercettazioni: “Siccome là a San Cono c’è un pezzo di strada di mezzo chilometro, tutto sterrato…che bisognerebbe là… chiaramente non asfaltare perchè ci vogliono centomila euro per fare il lavoro come si deve”), facendo “capire al cugino che aveva bisogno che si occupasse lui dei lavori in argomento”.  D’Amico, da par suo, confermava che avrebbe potuto stendere del fresato d’asfalto su una base di “macinato”. Gli inquirenti non dimenticano di annotare che: “il fresato d’asfalto è il conglomerato bituminoso ottenuto dalla demolizione delle pavimentazioni stradali esistenti, che viene recuperato mediante fresatura degli strati del rivestimento stradale. Tendenzialmente viene considerato un rifiuto speciale, ma in determinati casi può essere utilizzato in nuovi processi produttivi”.

Solano chiedeva quindi al cugino una stima volumetrica del materiale da posare, proponendo poi, con l’evidente fine di risparmiare sulla spesa, di assottigliare lo spessore del materiale posato (5 centimetri). Quest’ultima eventualità veniva esclusa da D’Amico. Quindi, i due passavano a discutere del pagamento del lavoro, con Solano che ipotizzava di riunire in un’unica determina di spesa l’importo relativo alla fornitura di bitume ed alcuni fondi “fermi”, per 5.000 euro. D’Amico spiegava che la fornitura di San Cono della quale stavano discutendo avrebbe avuto un costo di 6.000 euro.

Il 5 luglio 2019 ecco così che gli inquirenti registrano un’ulteriore telefonata fra i due cugini, con il presidente della Provincia, Salvatore Solano, che tornava a sollecitare Giuseppe D’Amico ad effettuare un sopralluogo per i lavori a San Cono di Cessaniti. [Continua in basso]

Solano e l’interesse per il consenso politico

Salvatore Solano

D’Amico coglieva così l’opportunità per ricordare al presidente della Provincia che ancora stava attendendo dei pagamenti per le forniture di bitume e il presidente della Provincia replicava che i provvedimenti del caso erano già stati emanati, salvo poi ribadire che in quel momento la priorità erano i lavori da effettuare a San Cono, per i quali ci stava “mettendo la faccia” (Solano nelle intercettazioni con il cugino: Eventualmente invece di fare il bitume facciamo questo lavoro qui… perchè è più importante e ci sto mettendo la faccia sopra questa cosa… mi interessa che faccio…a me mi interessa solo…di avere il consenso…il resto non me ne fotte niente più”.

Il 9 luglio 2019 era quindi Giuseppe D’Amico a chiamare Salvatore Solano. “Quest’ultimo sollecitava nuovamente il cugino per i lavori di San Cono, specificando che sarebbe bastata – sottolinea la Dda – una stesura di “macinato…senza fare tante cose”. Dalle parole di Solano – evidenziano ancora i magistrati antimafia – era ancora una volta evidente che l’urgenza di eseguire quei lavori fosse legata a ragioni di opportunità politica, per fare “una bella figura”. Da par suo, lo stesso D’Amico riepilogava i lavori da eseguire, specificando di essere in compagnia di un tecnico della Provincia.

Il 17 settembre 2019, infine, Salvatore Solano chiamava Giuseppe D’Amico, rimproverandolo per non aver ancora eseguito i lavori a San Cono. Dal canto suo, D’Amico replicava che l’impasse era dovuta al ritardo nei pagamenti attesi dalla Provincia, ricevendo a tal riguardo rassicurazioni da Solano, che garantiva che a stretto giro sarebbe stato approvato il bilancio provinciale. Solano chiedeva quindi a D’Amico se potesse eseguire i lavori in argomento la settimana successiva, ricevendo conferma”. Erano queste le ultime risultanze acquisite sui lavori per la strada di San Cono di Cessaniti, quelli – stando alle intercettazioni agli atti dell’inchiesta – del: “Mi interessa solo avere il consenso” e “del resto non me ne fotte niente più”.  

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