«Scuole aperte o chiuse: magari fosse questo il problema…»
La riflessione del dirigente scolastico Alberto Capria: «Le importanti sfide cui il nostro sistema di istruzione è chiamato possono rappresentare un’occasione irripetibile. A patto di saperle raccogliere e affrontare»
di Alberto Capria*
La crisi generata dalla pandemia ha avuto un impatto significativo sulla già critica situazione educativa, messa in evidenza da una recente indagine Istat per la quale l’Italia si trova agli ultimi posti nella classifica europea per livelli di istruzione ed al primo per abbandono scolastico.
L’emergenza sanitaria e la doverosa chiusura delle scuole, ha sconvolto la vita dei bambini, dei giovani e delle loro famiglie, con un impatto ancora più marcato sui minori che già si trovavano in condizioni di svantaggio educativo, sociale o economico.
In questo contesto le sfide legate alla riapertura non sono, purtroppo, diverse rispetto a quelle ben note da almeno due decenni; e vanno molto al di là delle contrapposizioni di opinioni – sempre legittime ed egualmente opinabili – pro apertura o chiusura.
Si pensi all’organizzazione della didattica in presenza e on line (la cui durata e impostazione deve ovviamente avere scansioni, tempi e modalità completamente diverse rispetto a quella in presenza), o alla modalità di reclutamento e di formazione dei docenti ancora legata alla riforma Gentile, o ancora alla “medievale” situazione dell’edilizia scolastica o all’indecorosa modalità di trasporto pubblico locale.
Tutto ciò richiede un sostanziale ripensamento dell’intero modello scolastico, spesso riluttante ai cambiamenti, per essere in grado di rispondere più che ad una situazione di emergenza, che presto o tardi passerà, ad una rapida, incessante, inevitabile evoluzione.
Una nota positiva che si è potuta osservare nei mesi appena trascorsi è costituita dal fatto che, finalmente, si sia compreso come l’apprendimento non avvenga solo entro gli “angusti” confini della classe – nella stantìa declinazione: spiegazione, studio, interrogazione – ma aleggi nella vita dei nostri allievi in ogni istante della loro giornata; e questo impone di ridefinire ciò che costituisce una comunità educativae quali debbano essere le finalità ultime di un sistema di istruzione che, cogliendo appieno le positive implicazioni dell’autonomia scolastica, per buona parte ancora inesplorate, stimoli contributi per l’individuazione di strategie e strumenti che consentano una maggiore partecipazione di vari attori; ciascuno con prerogative e competenze distinte e parallele.
Del resto, l’articolo 118 ultimo comma della Costituzione riconosce e legittima i cittadini come alleati delle istituzioni nel perseguimento dell’interesse generale. Di questa alleanza sincera e scevra da qualsivoglia condizionamento, riportata in Costituzione e quanto mai auspicabile e desiderabile, si avverte la pesante mancanza.Perché ciò avvenga è necessario che le istituzioni scolastiche, all’interno di un necessario dimensionamento del “…sapere disciplinare”, favoriscano lo sviluppo delle libertà, del pensiero critico, dell’autonomia, proiettando gli studenti verso la società, responsabilizzandoli, facendo acquisire gli strumenti che permettano loro di navigare la crescente complessità.
Le importanti sfide a cui il nostro sistema di istruzione è chiamato, anche in questo tempo sospeso, possono rappresentare un’occasione per ripensare un modello scolastico in grado di guardare al futuro: a patto di saperle raccogliere le sfide, immaginarle, progettarle, prepararsi ad affrontarle individuando strategie non improvvisate. In caso contrario la scuola post e quella pre Covid saranno identiche; sarà come quel docente che si vantava di avere 30 anni di “onesta professione” senza accorgersi che, al contrario, aveva un anno di servizio… ripetuto 30 volte.
*Dirigente scolastico