«È tempo di una nuova scuola che guardi “dentro” i nostri allievi»
Il dirigente scolastico Alberto Capria riflette sui cambiamenti epocali che, a causa dell’emergenza sanitaria, hanno investito anche l’ambito didattico: «L’attenzione - ammonisce - non sia rivolta però solo a banchi e distanziamento»
di Alberto Capria*
Non credo di esagerare asserendo che c’è voluta l’emergenza sanitaria, con tutti i tremendi lutti e le tante preoccupazioni connesse, affinché tutti – persino, anzi addirittura la politica – riversassero la giusta attenzione a quell’universo composito che è la scuola. Attenzione può voler dire, me lo auguro, incitamento, osservazione, critica, esaltazione, ammirazione; non solo banchi, sedie, spazi, distanziamenti e mascherine: giammai estemporaneità, vacuità, campo di battaglie strumentalmente, scioccamente… politiche.
Nella nuova scuola (pre e post Covid) all’insegnante è richiesta non solo la trasmissione dei saperi, ma anche e soprattutto un più ampio ruolo educativo: per educare, cioè per “condurre fuori” gli allievi, in uno spazio più vasto di conoscenza della realtà, per poter disegnare per ognuno un itinerario specifico di apprendimento. E dunque, ancor di più oggi, diventa necessario ed urgente riflettere sul significato di istruzione/educazione/formazione: per potere essere pronti nel post emergenza sanitaria, per evitare – una volta fuori da questo incubo – di ritrovarci fermi al punto di partenza. [Continua]
Bisogna osservare quanto e come si è modificata la società, quanto sia complessa la comprensione del mondo; bisogna guardare “dentro” i nostri allievi al di là delle cicliche e anacronistiche… verifiche, aiutandoli a prendere contatto, conoscere, apprezzare, valorizzare la loro “parte pensante”: facilitandoli a riconoscere e gestire le proprie emozioni ed a rispettare quelle altrui, costruirsi una dimensione sociale, riconoscere i pericoli ed i rischi dei pregiudizi, essere autonomi elaborando pensiero critico, gestire i conflitti facilitando la convivenza civile, rispettare e rispettarsi, amare ed amarsi.
Percorso facile? Assolutamente no. Percorso breve? Neanche a pensarci. Ma proprio per questo va iniziato senza ulteriori tentennamenti: e per questo dettare la linea in questo momento delicato e non accodarsi a prassi didattiche “modaiole”, è assolutamente necessario.
E va avviato precocissimamente, già dal 1° giorno del primo anno di scuola, anche in questo tempo sospeso: e proseguito coerentemente per tutta la vita (questa è la vera essenza del lifelong learning). È necessario ed urgente il dialogo costante fra i docenti delle diverse classi, delle diverse discipline, dei diversi ordini di scuola; bisogna porsi alla base del delicato processo di insegnamento/apprendimento, lasciando da parte stantìe ripetizioni di stanche pratiche; urge concentrarsi più sul learning (apprendimento) che sul teaching (insegnamento). E’ necessario ricordarsi che la relazione educativa (splendida definizione di Maria Montessori) non può essere sminuita e limitata allo spazio classe o alla dimensione oraria. Non bisogna dare spazio a “zone franche”, spazi ciechi, disinteressi o blocchi perché …”l’ora è finita”, “la campanella è suonata” oppure “nella mia ora si fa così” e “sul voto decido io”.
Questa scuola va oltre e deve andare sempre oltre; non deve solo “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”, ma correre subito dopo per recuperarlo …il cuore; perché è l’unico spazio vero di crescita possibile per gli allievi, insieme alle loro famiglie, unite in sinergia costruttiva ed educante.
Nel bellissimo “Saggio sulla lucidità”, Josè Saramago – Nobel per la letteratura nel 1998 – dedica una breve riflessione alla scuola: “(…) Sarebbe infatti meglio, per gli studenti, partire dalla contemporaneità. A scuola si rimane sempre dietro di un secolo, si vive come in una capsula, senza collegamento con il tempo presente: quasi senza … nessi”. Gli stessi studenti potrebbero determinare modi, tempi ed ambienti per un apprendimento disciplinare che vada oltre, ben oltre i cc.dd. “curricoli nazionali”.
Bisogna prendere atto, e farlo molto in fretta, della assoluta inadeguatezza di un modello “ordinario” di istruzione che prevede, nella relazione insegnamento/apprendimento, un docente in funzione di emittente ed un allievo con quella di ricevente. Non è così, non è più così. Questo modello poteva andare bene – in verità forzatamente – nella strutturazione piramidale della vecchia scuola, quella degli ordini ricevuti, del “magister dixit”. La nozione di verità rivelata da fonti tanto deterministiche quanto assolute (soprattutto in didattica si va per …tentativi ed errori), oggi non vale più.
Lo studente può essere egli stesso generatore di conoscenza/competenza, sfruttando più forme e diversi ambienti generativi; e la scuola non può e non deve ostacolare siffatte situazioni, ma facilitarle. Diventa necessario, ed allo stesso tempo urgente, comprendere che ci sono diversi modi di relazionare, comunicare, leggere, contestualizzare, argomentare, esaminare, ponderare, portare a sintesi un’informazione diversa; così come ci sono diversi modi per vivere e stare al mondo. Sotto questo aspetto, purtroppo, le “prassi didattiche” ancora presenti nella gran parte delle scuole italiane non sono a metà del guado, devono ancora giungere alla riva: e non influiranno positivamente i… banchi monoposto, con o senza rotelle!
*Dirigente scolastico