No ai pannelli solari sui tetti dei borghi storici: la vera sostenibilità è anche culturale ed estetica
Gli antichi coppi non possono essere una piattaforma per tecnologie a basso impatto. Questi luoghi sono organismi vivi, un codice visivo che racconta la nostra storia

di Paolo Pecoraro
Amo il sole, ma non a scapito della memoria. Amo l’innovazione, ma non se impacchettata in plastica e messa sopra i coppi del ’600. Perché sì, il futuro è rinnovabile, ma la bellezza non è replicabile. E quando rovini un centro storico, non lo recuperi con un bonus energetico.
Sono fermamente contrario all’installazione di pannelli solari sui tetti dei centri storici. Una posizione che nasce da un profondo rispetto per il patrimonio storico-artistico, e da una riflessione su cosa significhi davvero “sostenibilità”. Un centro storico non è una piattaforma per tecnologie a basso impatto. È un organismo vivo, un museo a cielo aperto, un codice visivo che ci racconta. Ogni pietra parla, ogni tetto racconta, ogni facciata è un capitolo della nostra identità. Alterarlo con superfici nere, riflettenti, seriali, significa compromettere la coerenza narrativa di un luogo che esiste da secoli.
Perché dico no? Perché l’estetica degli edifici antichi, spesso fatta di coppi, pietra e intonaci naturali, è incompatibile con l’impatto visivo di un pannello fotovoltaico. Perché la tecnologia “fredda” dei materiali industriali rischia di stonare in modo irreparabile con il calore visivo dei nostri borghi mediterranei. E perché la vera sostenibilità, quella matura, è anche culturale ed estetica. Non si può pensare di cambiare il mondo cancellando il nostro passato.
Esistono alternative. Le tecnologie ci offrono soluzioni discrete: pannelli mimetici, tegole fotovoltaiche, impianti off-site. Possiamo posizionare questi strumenti in aree meno visibili, o integrarli con intelligenza, senza ferire l’armonia del contesto urbano tradizionale. Il problema non è l’energia rinnovabile: è il modo in cui la applichiamo.
Un esempio concreto? Tropea. Ho avuto l’onore di partecipare alla realizzazione del videoclip “Mama” del gruppo internazionale IL DIVO, girato proprio a Tropea.
Quel video ha portato l’immagine del borgo nel mondo, emozionando milioni di persone. Il motivo? La bellezza autentica del luogo: i tetti antichi, i colori caldi, le prospettive senza tempo. E mi chiedo: sarebbe accaduto lo stesso se quelle inquadrature fossero state piene di pannelli solari? Probabilmente no. Quel video è diventato un simbolo, un ricordo tangibile per chi visita Tropea. Ma soprattutto, è la prova che la bellezza ha un potere. Ed è un potere fragile, che va protetto.
Non ho interessi personali. Non possiedo B&B, non gestisco hotel, non lavoro nel turismo. Amo Tropea semplicemente perché è un bene prezioso. Un patrimonio collettivo che merita rispetto, visione, coraggio. Difendere il volto originale del centro storico significa preservarne il potere evocativo, la sua capacità di parlare al cuore. Anche attraverso una canzone.
Sì alla rivoluzione energetica. Ma fuori dai centri storici. Perché il progresso non può diventare una scorciatoia che ci allontana da chi siamo. E la vera innovazione — quella che dura — è quella che sa dove non mettere le mani.
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