Agricoltura, Wwf Calabria: «La protesta dei trattori e l’illusione della produzione alimentare»
L’intervento dell’associazione ambientalista: «Anche se la transizione green potrebbe comportare una temporanea riduzione delle attività, i sussidi agricoli potrebbero risultare un valido strumento di compensazione»
In merito alle proteste degli agricoltori, in atto ormai da settimane in Calabria, Italia ed Europa, interviene anche il Wwf tramite una nota a firma di Angelo Calzone, delegato regionale e Giuseppe Rogato, presidente Wwf Calabria Citra. «I trattori che invadono le strade sono visti con simpatia dal 70% degli intervistati, i quali approvano le proteste degli agricoltori nei confronti della politica agricola comunitaria (Pac) che stabiliva una tassazione sulle emissioni, il mantenimento del 4% del terreno disponibile a riposo e il conseguimento del 20% di Sau, superficie agricolo utilizzata coltivata biologicamente entro il 2030. Gli agricoltori, forse preoccupati del calo di produzione e di dover sottostare al regime di tassazione, noto come Ets e al suo equivalente riservato alle importazioni (Sibam) sono riusciti ad imporre i loro slogan: “meno regole, più sussidi” e, la Commissione, con una frenata alla transizione ecologica, ha esentato anche le aziende agricole con più di 10 ettari di proprietà rurale con la sola raccomandazione di mantenere il 4% di terreno a riposo con l’uso di specie vegetali “azoto-fissatori”».
E ancora: «In clima preelettorale, le motivazioni a sostegno della protesta dei movimenti forse vanno inserite in una precisa cornice ideologica, in una battaglia di principio per il timore di una riduzione della produzione a prescindere dai potenziali vantaggi che potevano arrivare dagli aiuti europei per le politiche green. Questi movimenti, va detto, trascurano gli effetti dei danni provocati dalle pratiche di agricoltura intensiva sulla biodiversità e sul fatto che 1/3 dei pagamenti diretti vanno alle aziende impegnate a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, il degrado del suolo, allo stoccaggio del carbonio organico e alla tutela del ciclo idrico e dell’azoto. Tutte azioni necessarie per la riduzione dell’impatto ambientale e della crisi climatica con vantaggi economici per evitare di ricorrere alla vendita dei permessi ai mercati dell’anidride carbonica e/o alla installazione di impianti agrifotovoltaici e pale eoliche».
Partendo da queste premesse «la categoria, come si legge dalle cronache, sostenuta da forze politiche sovraniste, rivendica il diritto di continuare a ricevere sussidi europei senza dover rinunciare all’uso dei fitofarmaci e senza l’obbligo di predisporre azioni per ridurre le emissioni di gas clima alteranti che rappresentano il 10% sul totale prodotto dal sistema agro-zootecnico in Europa e mantenere le quote di mercato rispetto alla concorrenza delle importazioni dei prodotti orto frutticoli provenienti dai Paesi come l’Ucraina e del Mercosur. È una posizione difensiva comprensibile ma non confermata dai dati ufficiali forniti da uno studio svedese dal quale risulta che i flussi dell’export e dell’import sono sostanzialmente in equilibrio». Per il Wwf «anche il sistema greenig di tassazione delle emissioni, tanto temuto dagli agricoltori, in realtà servirebbe a regolamentare il fenomeno della delocalizzazione e delle trasformazioni agro-industriali che consuma le basi della vita sul pianeta con la possibilità di ridurre i danni provocati dal sistema produttivo intensivo che favorisce privilegi e produce nel ciclo della filiera uno spreco alimentare calcolato in oltre 4 milioni di prodotti agricoli inutilizzati solo nel periodo 2012 /21». Entrando nel dettaglio, «come indicato nel bio-report del Crea ,sarebbe sarebbe più conveniente transitare verso il sistema produttivo basato sul metodo dell’agricoltura biologica che presuppone la rigenerazione dei terreni e il ripristino degli equilibri ambientali in base al principio che il benessere della terra è il fondamento per la conservazione del pianeta e che il degrado del suolo, la distruzione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità incidono anche sulla sicurezza alimentare e quindi sulla salute. Tesi confermata anche dalla Agenzia Europea per l’Ambiente e da Global Soil Partnership della Fao che sottolineano la progressiva perdita dei servizi ecosistemici, la carenza di cibo e acqua e il dramma della fame nel mondo».
L’analisi del sodalizio ambientalista prosegue: «Anche i dati forniti dalla Corte dei Conti Europea, secondo i quali la Pac ha già investito 100 mld di euro, assegnati i agli agricoltori-coltivatori per ridurre la loro impronta ambientale senza risultati significativi nella riduzione delle emissioni, tranne che nel periodo 1990/2010, sulla spinta dei movimenti eco- culturali, vanno nella stessa direzione. Intanto, secondo l’ultimo rapporto di Re soil fondation il 50% del nostro territorio è sfruttato e fatica a rigenerarsi in rapporto alla crisi idrica con 360 milioni di mq di acqua non assorbita per eccesso di compattazione meccanica e chimica, di salinizzazione secondaria, di fosfati, di solfati di rame, di fosforo e di mercurio. In definitiva, anche se la transizione green potrebbe comportare una temporanea riduzione della produzione, i sussidi agricoli che ammontano ad 1/3 dei 387 mld di euro previsti nel periodo 2021/27 dell’intero bilancio comunitario potrebbero risultare un valido strumento di compensazione a copertura dei rischi delle pressioni monopolistiche delle multinazionali dell’agrofarma, dalla concorrenza al ribasso dei prodotti importati e anche dalla “severità” dei vincoli più stringenti di sostenibilità previsti dal Green Deal». Per il Wwf «si tratta anche di una questione di responsabilità per provare a fermare il processo di inquinamento globale causato anche dalla filiera agro alimentare che vale 1,4% del PIL ma che ha contribuito alla politica della transizione ecologica solo con il 10% globale della Sau sul 50% del territorio europeo. La leva dei sussidi che mantiene il settore agricolo, con almeno il 23% di sostegno Ue al reddito percepito, dovrebbe confermare il ruolo sociale e ambientale dell’agro-ecologia che adotta buone pratiche nel rispetto della biodiversità, con la garanzia di invertire un modello agro alimentare prevalente funzionale agli interessi delle grandi corporazioni con criteri di pagamenti legato alle superfici aziendali e ai titoli storici».
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