«A Vibo una giornata di studio per architetti senza poter interloquire con i relatori»
Intervento di Cesella Gelanzé sull’iniziativa promossa e organizzata dal presidente dell’Ordine provinciale
Organizzare una giornata di studio per addetti ai lavori, ma a porte aperte per chiunque volesse parteciparvi e così si potesse ampliare l’ascolto è quello che il presidente dell’Ordine degli architetti di Vibo Valentia Fabio Foti ha predisposto. Peccato non sia stato possibile interloquire con i relatori alla fine dei loro interventi a causa dell’ora tarda. Fino alle ore 20,00 gli ospiti hanno polarizzato l’attenzione e in special modo il presidente dell’Ordine di Venezia ha catturato il massimo interesse stimolando la domanda che avrei rivolto se il tempo non fosse stato tiranno: «E la bellezza, questa ormai illustre sconosciuta della produzione architettonica e non solo, dove la mettiamo? Ne vogliamo parlare?”. Il tema “Spazio, Tempo e Architettura”, succoso nella sua implicita rilevanza ha solleticato molto la mia attenzione, proprio in rapporto alla situazione di una realtà in cui il tempo presente non riesce a collocarsi in sua ben definita identità che non sia quella del “brutto e invasivo”. [Continua in basso]
L’architettura, comprendendo in essa tutti gli spazi in cui la nostra vita scorre, produce edifici, piazze e manufatti, ma lo fa in modo improntato ad una conoscenza soggettiva che si affida al gusto personale più che ad una solida e convinta dimestichezza con i ferri del mestiere che gli studi hanno conferito all’architetto. Brutture edilizie e urbanistiche caratterizzano il nostro presente in ogni città dove non si sia posto un divieto d’intervento che abbia salvaguardato centri storici unici nella loro splendida testimonianza di tempi lontani. Brutture edilizie continuano ad essere realizzate là dove il cattivo gusto, con la complicità dell’inesistenza di strumenti efficaci non ha impedito la loro realizzazione. E che le periferie ne diano ampia testimonianza è sotto gli occhi di tutti, purtroppo ciò avviene anche nei centri definiti “storici”, ma in balìa di pressapochismo e incuria. Mentre Roberto Beraldo, presidente dell’Ordine degli architetti di Venezia faceva scorrere le immagini della sua splendida città mentre sottolineava con una punta di disaccordo la reticenza dei veneziani a cambiare o ad aggiungere alcunché al suo tessuto urbanistico e architettonico, io mormoravo “Grazie a Dio!”.
Lo sfoggio del “nuovo” non va quasi mai a braccetto, nel tempo del funzionalismo e del razionalismo ormai datati, con la bellezza che non cessa mai, che non ha termine e tra cui troviamo quel senso di serenità e appagamento che il ritrovamento delle proprie radici offre. Il filo conduttore che dalle opere autentiche del passato conduce a noi si è spezzato, non comprendendo che senza memoria non può esservi futuro e il discorso si potrebbe protrarre ancora a lungo, magari in un futuro incontro in cui “la bellezza e il suo ritrovamento” siano i protagonisti. Non troppo lontano però. Parliamone, discutiamone, senza farne lezioni filologiche, ma con l’intenzione di parlare a uomini, donne e giovani di oggi che vivono e hanno interessi nel presente in una città che è la loro, ma della quale devono appropriarsi convintamente.