sabato,Novembre 23 2024

«Il prossimo Governo? Metta seriamente al centro la scuola, pena il declino»

Intervento del dirigente scolastico Alberto Capria: «Le molte riforme avviate hanno prodotto ciclici peggioramenti»

«Il prossimo Governo? Metta seriamente al centro la scuola, pena il declino»

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Alberto Capria, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo “III Circolo – De Amicis” di Vibo Valentia

Il prossimo governo ha l’obbligo di mettere seriamente al centro la scuola: pena l’inesorabile declino. Negli ultimi decenni molti ministri della pubblica istruzione si sono succeduti (con il prossimo saranno 5 in 4 anni).  Le molte riforme avviate hanno prodotto ciclici peggioramenti: e in una scuola in cui la “valutazione” tende a ridurre l’azione didattica a performance misurabile, molto è destinato a perdersi. Tutto dev’essere quantificato in un lavoro che, in realtà, non può esserlo secondo una stolta logica aziendalistica: in gioco sono innanzitutto i nostri allievi, la comprensione, il tessuto sociale, formazione, capacità di interpretazione, approfondimento, empatia. [Continua in basso]

Una vera scuola non può reggersi sulla misurazione, perché nella concreta pratica scolastica entrano in gioco fattori non misurabili statisticamente (la statistica, secondo G.B. Shaw è quella scienza in base alla quale con dati uguali due persone giungono a conclusioni diametralmente opposte); sono i fattori della soggettività, dei vissuti, dei luoghi, delle condizioni emotive, della qualità della vita, dei rapporti fra pari. Nella scuola che si configura nelle linee ministeriali – emanate in scadenza di mandato – tali fattori non contano rispetto al principio di “performance”. L’ossessione della misurazione e del controllo non considera che il sapere non si acquisisce mai una volta per tutte, non diventa un possesso stabile e statico; è sempre in divenire, è un processo – spesso lento – di maturazione. Conta la passione per la cultura ed il sapere, non il possederli e il quantificarli!

L’insegnamento senza affettività, senza la passione per il “vero come intero” (direbbe Hegel), centrato su misurazioni e test standardizzati, diventa uno strumento per limitare lo spirito critico e trasformare gli utenti della scuola (qualche volta hanno ragione) in clienti (hanno sempre ragione).  Il principio in base al quale, dato che alcune scuole corrono a 200 all’ora tutte le scuole debbano raggiungere quella velocità, è miope ed offensivo allo stesso tempo. È la logica confindustriale dei risultati – fissati da chi? –  da conseguire a tutti i costi.  “L’oggettività delle prestazioni” misurabili, non è scuola; essa – diceva Don Milani – o è per gli studenti o non è scuola. Quella vera e propria smania riformistica che ormai da decenni ha coinvolto governi di ogni tipo e colore politico (anche l’ultimo che ha avviato cambiamenti da “scaduto”), ha quasi sempre avuto esiti nefasti.

Un tempo c’erano i “Prèsidi” concentrati su scuola, didattica, formazione; oggi, da “dirigenti scolastici” gravati da responsabilità uniche nella pubblica amministrazione,  ci occupiamo di sicurezza, forniture, anticorruzione, codici e codicilli, privacy, monitoraggi quotidiani, sanità, citazioni in giudizio, sciocchezze varie; ci improvvisiamo investigatori, avvocati, consulenti, mediatori culturali, raccoglitori di fondi, esperti di marketing, muratori, ingegneri edili, psicologi e … psichiatri. Il tutto mentre curiamo gli orpelli burocratici ministeriali, proposti spesso senza avere la minima idea di cosa sia la quotidianità scolastica. Insomma, novelli Supereroi: e… la didattica? Una scuola è tale se mette in primo piano didattica, ricerca e studio, passione per la libertà e spirito critico, partecipazione, solidarietà, relazioni, ricchezza di umanità, spiritualità e cultura: e al diavolo le “misurazioni”.  Le poche scuole che lo fanno, interessandosi poco ai test, alle molestie burocratiche e all’applicazione pedissequa di dettati ministeriali, e concentrandosi su didattica, relazioni, serenità di ambiente di lavoro e di studio, quasi mai si trovano nel “giusto”: da altri deciso. Lo dico al prossimo governo – di destra, sinistra, centro destra o centro sinistra: mettete davvero al centro della vostra attività quinquennale la scuola: e, possibilmente, lasciatela fare a chi di scuola capisce ed a chi la conosce nel profondo.

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