Andrea Niglia vs Pasquale Fera: la Provincia nelle mani di Dio
Se il presidente se la prende con i predecessori e se uno dei predecessori è il suo vice-presidente ci si chiede solamente una cosa: ma che stanno dicendo?
Che Andrea Niglia fosse inadatto al ruolo di presidente della Provincia lo si era capito sin da subito. Pensava forse di essere l’uomo solo al comando, così come da sempre era abituato, avendo ad esempio governato Briatico senza mai una minoranza; pensava di poter applicare il modello delle “parole al vento” anche a più alti livelli, andando a Roma a discutere con questo e quello e portando a casa preziosi souvenir come la celebre foto con il sosia di Bruno Vespa; pensava, ed evidentemente pensa ancora, di poter dare la colpa di tanto sfascio finanziario ai predecessori.
Ora, indipendentemente dalla spocchia del personaggio, magari pure a ragione visti i pesci in faccia raccolti in questi mesi, sarebbe ingiusto dare a Niglia la colpa di tutte le disgrazie. Tra l’altro, il povero Niglia non ha da difendersi da eventuali tradimenti di popolo, visto che nessuno lo ha mai votato, bensì è stato piazzato grazie agli accordi multitrasversali legittimati dalla legge Delrio. Quindi è inutile dare contro ad un uomo che per amore del “pennacchio” sta subendo i risultati della malagestio passata. E’ indifeso e inerme, come un bambino smarrito in cerca della mamma. A tentoni cerca di risalire la china, arranca e annaspa, tenta improbabili rimedi spostando le attenzioni sulle banche cattive che non vogliono cacciare soldi. Intanto, però, i dipendenti sono sempre più infuriati. E sono infuriati proprio con lui. Ora, o hanno capito che politicamente non vale una lira oppure paga il fatto di essere comunque lui il presidente. Magari entrambe le cose, chi lo sa?
E i dipendenti si sa come sono quando sono sul lastrico: se devono votarsi a qualcuno lo fanno a colui il quale ispira più fiducia, parla meglio, è più rassicurante. Soprattutto si votano, per quel solito difetto popolare, a chi ha meno responsabilità. Meno responsabilità che si traducono in margini di trattative apparentemente più ampi, ma quasi mai risolutivi. Questione di momenti difficili, di fuochi da spegnere. Mica certe cose non si capiscono, ci mancherebbe.
Si capiscono benissimo, certo. Tranne quando il nuovo Gesù Cristo è Pasquale Fera. No, se parla lui non si deve capire niente. Anzi, bisognerebbe bestemmiare tre volte al giorno e fare mea culpa ogni 5 minuti se solo si volesse provare a nominarlo. Fera è l’unico superstite proprio di quella “precedente amministrazione” sempre sulla bocca di Niglia. E non era uno qualunque. E non è uno qualunque neanche adesso. Prima assessore al Bilancio, oggi addirittura vice-presidente della Provincia. Fosse stato assessore ai Trasporti, giusto per dire, ci sarebbe stato meno da dire. Ma assessore al Bilancio no. Ripetendo: B-I-L-A-N-C-I-O. Cioè, Pasquale Fera è stato assessore al Bilancio di un ente caduto in rovina proprio per questioni finanziarie. E chi si salva e viene promosso a vice-presidente dello stesso ente? Il vecchio assessore al Bilancio. Un assessore al Bilancio, due volte sindaco del suo paese, pluridecorato dalla politica e dalla parapolitica, che oltre tutto lancia accuse alle banche ree di non elargire soldi che non posseggono.
Fera ha pure l’ardire di chiamare “azione di forza” la paventata conclusione dei rapporti fiduciari tra Provincia e Bnl e Monte dei Paschi di Siena perché le banche medesime “non devono agire solo da banche perché devono capire che esiste un tessuto sociale che va rispettato e stimato”. La banca non deve agire da banca, capito? Sembra la barzelletta del marito cornuto che per fare dispetto alla moglie si taglia ecc. ecc. Ma questa non è una barzelletta. E infatti Fera e Niglia gli “ecc. ecc” non se li taglieranno mai.
Poveri loro. Anzi, loro no perché sono intelligenti. Poveri dipendenti, ecco.