“Io sono Billy e mi hanno ucciso, ma ora attenti ai mostri che vi portate dentro”
Nell'ipotetico racconto della sua barbara uccisione, il cane impiccato a Zungri ci mette in guardia dai mostri che si nascondono nell'animo umano e che questo grave episodio sembra aver risvegliato, soprattutto quando sul web si invoca per i colpevoli la stessa sorte della sua vittima
“Ciao, io sono Billy. Sono un cane. Anzi, ero un cane, perché ora sono morto. Mi hanno ucciso. Impiccato. In Calabria, a Zungri, vicino il campo sportivo. Non so perché l’abbiano fatto e anche se lo sapessi non saprei spiegarlo, perché sono solo un cane. Non so leggere, né scrivere. Non so parlare, né fare di conto. Ma tante altre cose le so. Sono cose che non hanno bisogno di parole e numeri. So quanto valga una carezza e quanto possa far male un calcio. Conosco il calore dell’affetto e il freddo della paura, la sicurezza e la solitudine. So che ci sono umani buoni e umani cattivi. Spesso però è difficile distinguerli, ma non posso fare a meno di loro. Mi sentivo protetto e coccolato a Zungri. C’erano tante persone che mi davano da mangiare e ogni tanto una grattatina. Il bar del paese era la mia casa e in piazza conoscevo tutti. Almeno credevo di conoscere tutti. Mai mi sarei aspettato che qualcuno mi appendesse per il collo e mi torturasse. Se solo avessi sospettato le sue intenzioni sarei scappato via, non mi sarei fatto acchiappare. Ma mi ha ingannato. È facile farlo. Basta che un umano si pieghi sulle ginocchia e allunghi la sua mano. L’amore è un’esca infallibile per noi cani, la più potente. Mi sono avvicinato scodinzolando e in un attimo ero immobilizzato. Guaivo e cercavo di divincolarmi, ma non c’è stato nulla da fare. Il mostro mi ha preso. Inutile che vi racconti come è andata a finire. Lo sapete già.
Cane ucciso a Zungri, la comunità condanna il gesto
E ora continuo a domandarmi perché. Non ha senso. Non è stata un’auto o un pozzo profondo in aperta campagna a uccidermi. È stato un umano, con le sue mani. Questo proprio non lo capisco. Come non capisco le reazioni alla mia morte. L’ho detto prima, non so leggere. Ma avverto l’odio profondo che la mia storia suscita. Ci sono migliaia di umani che in queste ore augurano a chi mi ha ucciso la stessa sorte, che parlano di impiccagioni e torture che vorrebbero infliggere, che condividono la mia immagine su quegli affari squillanti e luminosi che si portano sempre appresso. Lo ammetto, la cosa mi confonde. L’odio cieco è una cosa che noi cani non capiamo. Stavo bene a Zungri, ma non credevo di essere così amato e mai avrei immaginato che la mia sorte potesse generare tanto disprezzo. Eppure di cose brutte ne ho viste nella mia breve vita di cane. Tante cose brutte. Cuccioli gettati nei cassonetti, polpette avvelenate, compagni abbandonati d’estate e lasciati a morire sull’asfalto. Ma nessuna di queste cose ha mai sollevato tanta ostilità e sete di vendetta. La giustizia è un’altra cosa. La giustizia la capiamo anche noi cani, ma la voglia di stringere una corda intorno al collo di un proprio simile, quella no, noi cani proprio non la capiamo. Forse tanto odio si spiega in solo modo: gli umani temono se stessi. Sospettano che il mostro alberghi silenzioso in un ognuno di loro, anche in quelli più amorevoli e altruisti. E quando l’abominevole creatura riesce a liberarsi e a venire fuori, magari uccidendo un cane indifeso, altri mostri vanno liberati per inseguirlo con le torce e i forconi. Noi cani non siamo così, noi cani non siamo mostri, ecco perché capire è impossibile”.