Otto marzo, storie di ribellione al femminile e di una libertà da difendere ogni giorno
“Attraverso gli occhi di un uomo appassionato della storia della sua terra, ho capito ancora meglio che, il vero coraggio per una donna oggi, è essere libera e lottare per esserlo”
di Mariella Epifanio
Sono in molti a raccontare le storie di donne forti e coraggiose che hanno lasciato il segno nella storia o nella nostra confusa contemporaneità. Soprattutto, ci si ricorda dell’universo femminile, delle loro lotte e sofferenze, con l’avvicinarsi della festa delle donne. Quasi come fosse doveroso parlarne per calendarizzare un evento.
Io vi racconterò, invece, di un uomo, appassionato studioso e ricercatore della sua terra, e di come, attraverso i suoi occhi e le sue appassionate parole, ho potuto conoscere la storia di due donne calabresi, esempio di un coraggio e della dignità della libertà che spesso, è difficile trovare anche ai giorni nostri. Vi racconterò d’un tempo e di oggi: di una libertà violata e di un dolore profondo, in tempi in cui per una donna, era difficile emergere in una società che le voleva mute e servili. La mia storia parla di un uomo qualunque. Con un lavoro e una vita normale nel suo piccolo paese. E di come lui, ha guardato alle donne con il rispetto e l’onore, che ognuno vi dovrebbe riservare.
Circa un anno fa, incontro per caso un signore a casa di un amico comune. Aspetto curato, con una voce pacata ma loquace; era un fiume in piena nel parlare. Si presenta, mi chiede informazioni su di me; poi fa altrettanto su di se spiegandomi e, cambiando il ritmo al suono delle parole che pronunciava come volesse accarezzarle, che lui era un appassionato di storie vecchie e antiche sul suo paese e la nostra regione. Pareva, con quel suo modo così attento e stracolmo di sapienza di esprimersi, di volermi travolgere dalla sua passione. Condividerla, sarebbe stato per lui sicuramente motivo di vanto. E io stavo là ad ascoltarlo. Accettavo che la sua passione per la storia, entrasse nella mia testa e nel mio cuore.
Poi non ricordo come e perché ma mi raccontò la storia di una ragazza che in tempi antichi fu violentata e della forza e volontà della madre di non voler vendere l’onore della figlia, per lasciar cadere le accuse che erano state fatte al suo stupratore. Un tempo infatti, si usava “aggiustare” la violenza subita, col matrimonio, senza ricorrere alla legge. Una doppia violenza per le ragazze, prolungata per tutto il corso della loro esistenza.
E poi la storia di un’altra grande donna di origine calabrese, esattamente di Cittanova, Teresa Talotta Gullace. Donna che ispirò il film “Roma città aperta”. Teresa era madre di 5 figli e portava in grembo il sesto figlio. Il marito fu preso dai soldati tedeschi e rinchiuso con altri uomini in un casolare. La donna voleva portare solo un po’ di conforto al marito. Fu uccisa da una raffica di mitraglietta da un soldato per la sua resistenza.
Il signor Di Bella, così si chiama l’uomo che mi ha ammaliata con la sua passione per la ricerca storica, è un forestale di professione. Avrà una sessantina d’anni credo. Quel giorno mi promise che mi avrebbe fatto avere la storia della lotta delle donne calabresi tra l’800 e il ‘900.
Ricevetti dopo pochi giorni, due grandi fogli, con all’interno le copie di due articoli: “Donne protagoniste”. In uno, “La resistenza di una calabrese” (Il Quotidiano della Calabria del 4 Marzo 2008); si racconta appunto la storia di Teresa Talotta Gullace, in occasione della ricorrenza della festa delle donne. Una volontà di voler dare un significato vero e autentico non alla “festa” ma al ricordo della lotta di tutte le donne, contro ogni tipo di abuso.
L’altro articolo era firmato da Corrado Stajano, “Il Sud che seppe riconquistare l’onore perduto” (27 Luglio 2001). In esso si racconta del ruolo della donna nei tempi passati e dei soprusi vissuti da questa e dalle relative famiglie e, quello della legge di fronte a tali fatti. Si fa un riassunto del libro “Mi riconobbe per ben due volte. Storia dello stupro e di donne ribelli in Calabria (1814 – 1975)” di Enzo Ciconte.
Non sono mai stata una femminista. Sono convinta nelle capacità e negli aspetti peculiari di ogni persona che possiamo conoscere. Il sesso sinceramente non mi ha mai condizionato nel valutare chi ho di fronte, né i fatti a lui/lei riconducibili. Ma leggendo queste storie, ho capito come la moderna visione della donna, appaia distorta e frivola, priva di quella personalità che fa prima ricchi di dignità e poi esseri da ammirare anche negli infiniti silenzi che si portano dietro nella vita. Non serve avere né grandi storie da raccontare, né grandi doti da oratrici. Serve essere libere con coraggio; padrone dei propri pensieri e delle proprie azioni, per spezzare il filo nero col passato.
Nella moderna visione social e televisiva, la donna è una vetrina senza chiavi: si fa guardare da tutti, svuotare, riempire a proprio piacimento e di quello che si vuole. L’uomo ha perso il senso della conquista, e prima ancora della scoperta. Anni di lotte, di conquiste sociali, legislative, politiche, per finire nella misera e spesso volgare vetrina pubblica. A cosa è servito tutto questo se non a perdersi nell’immagine di un tempo assente, leggero, debole e ingannevole?
Per 20 donne-vetrina, ne esiste una che lotta e difende la sua libertà intellettuale e quella di tutte le altre. In silenzio e spesso, anche nella penombra di una società povera di coscienza e di onore.
Nella lettura dell’ultimo articolo citato, mi ha colpito una dichiarazione riportata dal 1853 dalla Gran Corte Criminale di Catanzaro, che rappresenta l’alta valutazione che degli uomini hanno dato a quei tempi, ad un fattore sociale che dava segni di anomalie gravi: “Anche il più abituale libertinaggio non impedisce che il fatto costituisca reato, giacché la vita libera di una donna non dà diritto a chicchessia di violentarla; essa non ha venduto la libertà della propria persona”.
Attraverso gli occhi di un uomo appassionato della storia della sua terra, ho capito ancora meglio che, il vero coraggio per una donna oggi, è essere libera e lottare per esserlo. Buona libertà a tutte!