Il porto nella nuova Autorità del Tirreno meridionale: opportunità da cogliere
Occorre considerare lo scalo vibonese come una risorsa economica e non una struttura statica, al fine di poterlo gestire in maniera manageriale. La riforma potrebbe rappresentare un motore formidabile per il rilancio e lo sviluppo socio-economico del territorio.
La notizia dell’inserimento del porto di Vibo nella nuova Autorità portuale del Tirreno Meridionale, che ha come capofila Gioia Tauro e di cui fanno parte, oltre ai porti calabresi, anche quelli siciliani di Messina e Milazzo, potrebbe aprire scenari di grande potenzialità e rappresentare il punto di svolta per far finalmente ripartire l’infrastruttura portuale vibonese.
Se analizziamo la situazione odierna ci accorgiamo che, mentre il sistema portuale calabrese comincia a dare segnali di vitalità, il porto di Vibo Marina è rimasto impantanato in una situazione di stagnazione e la realtà ci dice che l’incidenza della portualità sull’economia vibonese è modestissima. Ricordiamo che il porto di Vibo, oltre all’aspetto commerciale, è stato, e lo è ancora, il più importante porto peschereccio della regione nonché il più attrezzato polo diportistico calabrese e ha tutte le potenzialità per poter svolgere un ruolo importante come scalo crocieristico.
Ma per fare in modo che le possibilità di sviluppo non fossero solo virtuali ma diventassero realtà, era auspicabile la creazione di un’unica cabina di regia affinché le diverse attività , finora divise fra diversi enti spesso in conflitto di competenza fra di loro (Comune, Capitaneria di porto, Regione, ministero delle Infrastrutture) venissero concentrate nelle mani di un unico organismo che potesse programmare e gestire le varie attività per rendere il porto competitivo e produttivo di ricchezza. Il porto è rimasto la grande incompiuta del territorio vibonese, a lungo apparso come un porto delle nebbie, avvolto dalla foschia delle polemiche che ruotavano intorno alla sua governance e dalla fumosità di progetti che sono rimasti sulla carta.
Occorre invece considerare il porto come una risorsa economica e non una struttura statica, al fine di poterlo gestire in maniera manageriale. Non bisogna stracciarsi le vesti in nome di una perduta “autonomia” che in realtà altro non era che una mancanza di governance. La riforma, invece, potrebbe rappresentare un motore formidabile per il rilancio e lo sviluppo socio-economico del territorio in quanto il decreto affida al comitato di gestione dell’Authority il compito strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento oltre ad avere le funzioni di attrarre investimenti e di attuare un raccordo delle varie amministrazioni pubbliche. Tutto dipenderà dalla capacità della politica vibonese di incidere sulle scelte di innovazione e miglioramento da mettere in campo.