Chiacchiere e distintivo
Scriveva Costa a febbraio 2015: «L’obiettivo prioritario del programma è di garantire al cittadino una migliore qualità della vita, creando le condizioni perché possa vivere in una città sostenibile, in modo normale senza essere costretto ad affrontare pesanti disagi per soddisfare le più elementari esigenze di vita».
La politica ai tempi di internet è un’arma a doppio taglio: può raggiungere in modo capillare chiunque nel mondo e si possono fare proclami che restano. Indelebili, marchiati a fuoco. Vale per tutti, Elio Costa compreso. Era febbraio 2015 quando sul sito ufficiale di Costa appariva il suo apprezzabile programma politico per cambiare la città. “La città che vorrei” puntava a fare di Vibo un moderno ed efficiente comune. Un lungo libro dei sogni, come di consuetudine nelle kermesse pre-elettorali, che utilizzava come “must” una parola a queste latitudini dimenticata: normalità.
Al primo punto del papello propagandistico c’era il tema dei temi: l’ambiente. Che recita testuale: “L’obiettivo prioritario del programma è di garantire al cittadino una migliore qualità della vita, creando le condizioni perché possa vivere in una città sostenibile, in modo normale senza essere costretto ad affrontare pesanti disagi per soddisfare le più elementari esigenze di vita. (…) Bisogna cioè adoperarsi per far si che la sostenibilità sia possibile anche all’interno della città, che, se da un lato, ha accresciuto il benessere, dall’altro ha anche creato marginalità e degrado ambientale”.
Adesso, dopo qualche mese dal suo insediamento, Elio Costa pare abbia dimenticato le sue promesse. Capita, non esiste amministratore al mondo in grado di realizzare in un quinquennio per intero il libro dei sogni. Ci si può mettere tutta la buona volontà, certo, ma poi i conti con la realtà sono duri da accettare e la débâcle è dietro l’angolo. Quindi è inutile stare qui a scrivere quanto il primo cittadino sia impossibilitato per molti aspetti, regalandogli comunque altri giusti crediti per il futuro.
Ma sul tema “ambiente” ha già fallito. Ed è evidente. Ha fallito perché quello che – secondo aspettative da lui stesso propinate ai cittadini – doveva fare, non solo lo ha messo in secondo piano pur essendo al primo punto, ma lo ha certificato grazie ad un’infausta gara d’appalto promossa al ribasso. Il che vuole dire solo una cosa: «Inutile continuare a fare proclami. Il capitolato stilato dall’amministrazione Costa non prevede una città pulita». Lo ha scritto Nicola Lopreiato stamattina su “Gazzetta del Sud” ed è una sintesi perfetta del fallimento.
Dividere città e frazioni, poi, secondo uno schema di nobiltà (o altrimenti come si dovrebbe chiamare?) è ancor più inaccettabile. Si può capire il risparmio necessario, specie in tempi di ristrettezze economiche, ma non si può capire come possa mai venire in mente una simile follia razziale ad un amministratore che – appunto – della normalità ne aveva fatto un cavallo di battaglia. Spazzare sul corso e lasciare fetide periferie e luoghi residenziali è quanto di più brutto si possa fare. Chiunque si sentirà offeso da questa scelta. Questo non solo è segno di indefinitezza politica, ma è soprattutto la fine di un patto siglato solo qualche mese fa. Soprattutto per Vibo Marina, che mai come in queste ultime elezioni si era espressa nettamente per un candidato a sindaco, promuovendo Costa con un plebiscito.
Elio Costa, tra l’altro, sono mesi che non parla e non rende dichiarazioni pubbliche di un certo spessore. Non la farà adesso, figurati. Potrà gioire di aver abbattuto due case vecchie, ma di certo la sua figura sta diventando farsesca e fintamente austera. Da chiacchiere e distintivo, appunto.