Quando la danza racconta il dolore delle guerre
Il racconto, denso ed emozionante, di un messaggio di fratellanza e pace inaspettato eppure reso indelebile dalla grazia e delicatezza degli allievi della scuola di danza “Life style” di Tropea.
Succede che ti ritrovi poco prima del giorno di Natale, in una sala stretta stretta, a Tropea, ad assistere allo spettacolo di saggio natalizio della scuola di danza che frequenta tua figlia. Assisti allo spettacolo con l’emozione che è propria di un genitore, perdendoti nella tenerezza delle movenze simpatiche e talentuose di bambine, belle come confettini nei loro tutù velati e luccicosi. Poi ti perdi negli occhi della loro maestra di danza, che li segue, nascosta dietro il sipario, contando i secondi e i passi che le sue allieve effettuano sul palcoscenico. Capisci che c’è un rapporto di affetto tra di loro, di rispetto e coccole come quello che nasce tra un genitore e suoi figli, e viceversa. Viene presentato il pezzo finale dalla bravissima presentatrice e lo fa con parole pacate per non ferire i bambini, facendo riferimento ai gravi fatti che ultimamente hanno colpito il mondo e, da lettura della fantastica “Preghiera a Dio” di Voltaire dal “Trattato sulla tolleranza”. L’opera tra le più importanti di Voltaire, fu pubblicata in Francia nel 1763 e, costituisce un testo fondamentale della riflessione sulla libertà di credo, sul rispetto delle opinioni e di molte di quelle caratteristiche con cui oggi identifichiamo una società come civile.
Ti rapisce il tono con cui le profonde parole di Voltaire vengono lette dalla presentatrice. Le rifletti perché le trovi di un’attualità impressionante. E nel sentirle ti si stringe il cuore a sapere di quanto male nel mondo l’uomo fa da secoli, in nome di un Dio o della sua religione e, a quanto sia drammaticamente ripetitiva la storia nonostante lasci segni indelebili nella coscienza dei popoli.
Mi colpisce la parte iniziale della preghiera di Voltaire in queste parole:
“Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.”
A fine lettura parte lo Spettacolo. La canzone in sottofondo è “We are the world”. Iniziano ad entrare uno alla volta i gruppi di danza, dalle bambine più piccole alle più grandi stringendosi alla fine, in una serie di cerchi. Uno dentro l’altro come fossero mille abbracci dedicati a chi soffre. Sul finale, entra in scena una ragazza con un fucile da guerra e si inginocchia davanti a tutti gli altri bambini e ragazzi che intanto sono andati a finire a terra. Si avvicina un’altra ballerina e le infila nella canna del fucile, un fiore, mentre dietro le più grandi alzavano al cielo le bandiere di varie nazionalità e fra tutte, predominava la bandiera della pace sorretta dall’insegnante di Danza Francesca Carrozzo, titolare della scuola Asd Life Style di Tropea. Un bandiera sopra quel mucchio di bambini andati a finire a terra, per la stupidità dell’uomo nel rendere estrema, qualunque convinzione porti nella sua anima nera. Uno spettacolo di una profondità che non si riusciva a trattenere le lacrime. L’arte della danza è riuscita a trasmettere l’emozione del dolore di questi giorni cupi e tristi. E’ andata oltre alla perfezione delle movenze, alla tecnica, al ritmo. E’ andata a toccare le corde del cuore di noi, che siamo il mondo, come dice la canzone, che deve tornare unito nei momenti più difficili.
E poi ancora, la canzone recita: “noi siamo il mondo, noi siamo i bambini, noi siamo quelli che un giorno renderanno il giorno più luminoso, quindi cominciamo a donare”. E quella sera, Francesca e i suoi ragazzi e bambini, ci hanno donato una grande emozione, con la consapevolezza che siamo parte di un mondo, che seppur cinico e spietato a volte, ha bisogno di più amore ed esempi di fratellanza.