Joppolo, quell’incredibile tesoro sconosciuto e vilipeso dall’uomo
VIDEOREPORTAGE Oltre un chilometro di costa dallo straordinario valore naturale e paesaggistico alle prese con le omissioni delle pubbliche amministrazioni. Mare sporco, degrado, dissesto idrogeologico. Ecco come muore un paradiso
«La mia anima – diceva Michelangelo – non può trovare nessuna scala per il Paradiso che non sia la bellezza della terra». E se il Buonarotti aveva ragione, quanti hanno vilipeso, con opere ed omissioni, quel paradiso sul mare, all’inferno finiranno.
Se osservi i grandi massi naturali adombrati da Torre Parnaso, ricordi Cannon Beach, la spiaggia dell’Oregon che The Goonies, il film cult degli anni ’80, ha reso celebre in tutto il mondo. Se da un punto sopraelevato, proprio qui, scruti il mare al tramonto, distingui con straordinaria nitidezza quasi tutte le isole Eolie. Stromboli, soprattutto, è uno spettacolo unico. E se ti immergi, per osservarne i fondali, resti ammaliato dalla flora e dalla fauna sottomarina. Siamo a Joppolo, tra Capo Vaticano e Nicotera Marina, e questa è la parte più selvaggia e sconosciuta della Costa degli dei. Ma è anche quella più abbandonata, disastrata e violentata dalla mano dell’uomo. [Continua]
«È sempre così, sempre», dice costernato un bagnante. Ha accento nordico, vive nel Canton Ticino, ma è originario di queste parti. «Lo avessero gli svizzeri un patrimonio simile…», sospira. Già, lo avessero gli svizzeri, perché ai calabresi o, almeno, una parte di essi non importa niente. Mostra, l’emigrato nostalgico delle sue radici, quell’enorme chiazza marrone, di sporco e detriti, che si adagia come uno sciame sul pelo dell’acqua, si mescola ai flutti e poi termina sulla battigia. È un paradiso questo mare, ma chi lo riduce così merita l’inferno. «Viene da Capo Vaticano», esprime il suo sospetto. Cosa sarà? Uno scarico non collettato al sistema di depurazione? Una condotta abusiva? E da dove proviene? Qualche resort o villaggio o qualche complesso privato?
Il mare sporco è solo uno dei problemi. Il resto è incuria e degrado. Alla punta Sud di quella baia da film c’è una famiglia che proviene da Milano. Ha portato con sé mute, pinne ed occhiali per fare snorkeling. «Questo è un posto fantastico, lo vedete, ma ci sono troppi rifiuti ed oggi che il mare è mosso, è impossibile fare un bagno». La sua fidanzata avrebbe voluto visitare la Torre Parnaso, una delle antiche fortificazioni che dominano la costa, ma la strada è una mulattiera e se ti guardi intorno e scorgi rifiuti ingombranti di ogni genere gettati dai soliti incivili, più quelli restituiti dal mare, più quelli portati sulla costa dalle fiumare, ti passa ogni desiderio e quasi quasi vai via.
Tanto paradiso, tanta bellezza, tanta roba, eppure qui, eccetto la natura meravigliosa, tutto è un disastro. Il 18 giugno del 2018 un’alluvione ha provocato la tracimazione del torrente, che ha spezzato il ponte e la strada. Oggi se si vuole raggiungere la baia sotto la torre d’epoca angioina si deve attraversare l’alveo asciutto. Nessun intervento di messa in sicurezza e risanamento è stato realizzato da allora. Sono passati più di due anni e nessuno chiami in causa il lockdown ed il coronavirus.
Dall’agenda della politica questo luogo non esiste. Altrove – in Svizzera, a Milano, sull’Adriatica o in Versilia – sarebbe curato e valorizzato e diverrebbe una miniera d’oro, non qui. Non in Calabria. E così questo lungomare diventa il riflesso di una realtà morente, soffocata dallo spopolamento, dove le case si svalutano e si vendono a quattro soldi, dalla quale i giovani vanno via per non tornare, neppure un bagno a mare. Dove ammattisci per trovare un bar per bere un caffè o un market nel quale comprare il pane. Dove la pubblica amministrazione – Comune, Provincia, Regione, Governo – non esiste.