Lavori in piazza Salvemini (consorzio agrario), Italia Nostra contro l’abbattimento dei pini: «Sono patrimonio della città»
L’appello dell’associazione si aggiunge a quello del Wwf Vibo: «Oltre a quello ambientale ci sarebbe anche un danno economico perché ogni albero vale circa 42mila euro per un totale di oltre 700mila euro»
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Italia Nostra sezione Vibo si unisce al Wwf e interviene sul rischio abbattimento dei 18 pini presenti in piazza Salvemini, nota come “piazza del Consorzio agrario”.
«Innanzitutto – specifica il sodalizio in una nota stampa – vi è da rilevare che nessuna “sentenza di morte” è stata emessa e deve essere emessa né dal Comune (Assessorato all’Ambiente o assessorato ai lavori pubblici), né da chicchessia, perché se mai una “sentenza” ci deve essere è quella di condanna al risarcimento del danno all’ambiente degli autori o co-autori dell’avvenuto scavo in prossimità di ognuno dei 18 pini domestici presenti (di cui però uno già fatto seccare) e di ognuno dei tre pruni (di cui però due già eliminati per avvenuto loro sradicamento per mano umana) presenti o che erano presenti in quella piazza, ciò anche solo alla luce dell’art. 6, co. 1, lett. b) n. 1 e n. 2 della L.R. n. 7/2024, che vieta l’abbattimento o il danneggiamento delle alberature urbane e della rete ecologica cittadina e, quindi ciò che, per fatto umano, lo possa causare».
I tagli
«In realtà – prosegue la nota – si spera che i 17 pini domestici, ancora (sembra) in perfetto stato vegetativo ed in piena condizione fitostatica, abbiano subito il taglio (negligentemente non disinfettato e non protetto) solo delle loro radici esploratici orizzontali, perché tali radici contribuiscono alla stabilità della pianta solo in percentuale minima, del 3 o 4%, e si spera, quindi, che siano rimaste intatte le radici verticali, perché, per come risulta dalle relazioni pubblicate da uno dei maggiori esperti in materia di controllo fitostatico e di conservazione delle alberature urbane, il dottore forestale Gian Pietro Cantiani, la “stabilità di ogni pino domestico deriva per la maggior parte dalle radici verticali, quelle che potremo definire pistoni e che crescono sotto le radici portanti principali, nelle zone sottostanti la zolla radicale”».
Il valore economico e ambientale
Italia nostra prosegue: «Si informa che ognuno di quei pini domestici di circa 50 anni di età ha un valore economico di 42.000,00 euro, sicché il loro abbattimento, solo in termini di danno patrimoniale determinerebbe una perdita nel patrimonio comunale di circa 714.000 euro».
Inoltre, si rende noto che «ognuno di quegli alberi di circa 50 anni produce giornalmente 20/30 LT di ossigeno, che ognuno di essi contribuisce alla mitigazione dell’isola di calore urbano, riducendo in media la temperatura registrata al suolo di 2° o 4° gradi centigradi, che ognuno di essi contribuisce all’abbattimento dell’inquinamento dell’aria, poiché attraverso gli stomi emette ossigeno ed assorbe lo smog fotochimico, composto da anidride carbonica e gas quali ozono (O3), monossido di carbonio (CO), biossido di azoto (NO2) e anidride solforosa (SO2), catturando e trattenendo le polveri sottili inalabili (PM10), sicchè anche sotto questo profilo il loro abbattimento determinerebbe danno non patrimoniale, sub specie di danno alla salute e di danno alla qualità della vita, ciò per tutti gli abitanti dei palazzi frontistanti, tanto più che trattasi di zona densamente trafficata, transitando da lì, com’è noto, tutto il traffico in entrata ed in uscita dalla città».
«Tutti danni (patrimoniali e non patrimoniali) – scandisce Italia nostra – di cui l’Amministrazione comunale dovrà tenere conto, onde evitarli, come si spera avvenga, escludendo l’abbattimento di quegli alberi. Ovvero, qualora ciò avvenisse e fatto salvo l’auspicato intervento della Corte dei Conti, Collegio del Controllo Concomitante, affinchè ne chieda la reintegrazione in forma specifica o per equivalente direttamente (sulla scorta di ciò che consente il T.U. sugli impiegati civili dello Stato) nei confronti dei responsabili, ancorché esercenti pubbliche funzioni e servizi o pubblici impiegati, che verrebbero chiamati in giudizio, tuttavia, quali mere persone fisiche (ciò affinché paghino di tasca loro i danni cagionati)».
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