Il Castello di Bivona fu costruito quando era lambito dal mare: dalla cinta muraria emerge lo scoglio di arenaria su cui poggia
Secondo lo storico di Vibo Marina Antonio Montesanti il sito archeologico andrebbe ulteriormente indagato dalla Soprintendenza perché potrebbe rivelare tracce di epoca greca e romana
Il Castello di Bivona, un’antica fortezza angioina situata nel cuore della città, offre agli occhi degli spettatori un vero e proprio racconto di storia e cultura. «L’architetto Gae Aulenti – sostiene lo storico Antonio Montesanti in una sua profonda riflessione – aveva ragione nel dire che “un restauro di una struttura antica dovrebbe consentire di leggere tra le sue mura la storia, come delle pagine intatte di un libro che l’umanità non ha smesso di scrivere”. In particolare – sottolinea Montesanti -, il lato nord della fortezza presenta numerosi segni della lavorazione e produzione di zucchero, con la presenza di strutture cinquecentesche come il mulino, la saetta e i segni di falda del tetto di copertura. Purtroppo, il precedente lavoro di restauro ha sacrificato l’antico piano di calpestio, livellandolo con un riempimento di terra per creare un percorso di camminamento lungo i lati del castello».
Tuttavia, la cinta muraria nord «fa emergere la suggestiva presenza di una grande roccia di arenaria sulla quale venne costruito il Castello agli inizi del 1300. Questa roccia, con i suoi segni levigati dall’azione del mare e la presenza di fossili e ciottoli, rivela che il Castello è stato costruito su un isolotto emerso in un contesto paesaggistico completamente diverso dall’attuale». Per Montesanti, «sarebbe utile studiarne l’origine, la conformazione, seguirne l’andamento in estensione e profondità, così da comprendere la sua datazione e, perché no?, scoprire – se ve ne sono – tracce di uso più antiche di quelle legate al castello. Quello scoglio arenarico potrebbe offrirci la possibilità di scoprire anche i segni di strutture fondative di epoca greca o romana? Su quell’isolotto vi era un faro, un tempio, sui resti dei quali venne impostato il Castello angioino, come scrivevano gli storici antichi?»
«Insomma la storia non può che porre domande alle quali dare risposte è un segno di cultura. La costruzione della fabbrica di cannamele, con il sue enorme tetto, aveva completamente occultato questo importante segno della storia del territorio, che il suo crollo aveva rimesso in luce. Oggi il rischio che questa “rivelazione” venga nuovamente ignorata ed occultata, senza nemmeno essere indagata scientificamente, è evidente». Insomma, per Montesanti «se, nonostante la presenza della Soprintendenza, i lavori fatti al Castello di Bivona piuttosto che scoprire coprono la storia insediativa dell’area costiera e della variazione del paesaggio, non credo si faccia una bella opera di valorizzazione! Sono almeno dieci anni – conclude – che gli archeologi girano intorno a quell’area trascurando questi aspetti, senza la comprensione di che cosa ci faccia là quel Castello. Si è sempre in tempo per fare meglio, quando c’è cultura».