Tre percorsi in Calabria dove scoprire arte, natura e storia: ecco quello del Vibonese
Itinerari per appassionati di escursioni e trekking non possono non immergersi alla scoperta di una terra sorprendente e meravigliosa che dalle coste dei due mari alle montagne della Sila regala una varietà di angoli naturali nascosti e scorci mozzafiato
di Serena Laterza
Dalle coste dei due mari alle montagne della Sila, la Calabria regala una varietà di angoli naturali nascosti e scorci mozzafiato: un territorio ricoperto da 600mila ettari di superficie forestale e occupato per il 91% da zone montane e collinari, con tre parchi nazionale, 30mila sorgenti censite e 1000 percorsi di acqua. Dati che bastano a dare l’idea dell’immensa ricchezza ambientale e paesaggistica in cui viviamo, un patrimonio inestimabile di cui essere fortemente orgogliosi e che, ogni anno, attira un gran numero di visitatori e, soprattutto, di appassionati di escursioni e trekking. Sono tantissimi i percorsi all’aria aperta di cui godere immersi in una ricca vegetazione, acque dolci e cristalline e, volendo, anche testimonianze storiche. A tal proposito, tre itinerari degni nota e famosi per il loro intreccio tra arte, storia e natura, sono Il sentiero dei tre ponti nei pressi di Rogliano, nel Cosentino, la Via dei Trappeti a San Pietro a Maida, nel Catanzarese, e la Valle dei Mulini a Sorianello, nel Vibonese. [Continua in basso]
Il museo a cielo aperto della Valle dei Mulini a Sorianello
Proprio la Valle dei Mulini a Sorianello rappresenta un interessante percorso storico-ambientale che permette ai visitatori di approfondire alcuni aspetti antropologici relativi alla vita contadina della zona. L’area circostante, in posizione poco più elevata di Soriano Calabro è caratterizzata, infatti, da una forte produzione agricola e, in particolare, dalla lavorazione dei cereali per cui, in epoche passate, furono istallati dei mulini, favoriti dallo scorrimento di diversi corsi d’acqua che caratterizzavano la vallata.
La meraviglia di queste costruzioni fu anche decantata dal viaggiatore britannico Henry Swinburne nei suoi racconti, colpito dall’eccezionale integrazione dei mulini nella foresta circostante e dai suoi alberi secolari. Dopo anni di abbandono, il complesso è stato riqualificato in un vero e proprio museo a cielo aperto, dove permangono e sono visitabili i resti architettonici di quelli che possiamo definire degli esempi di archeologia industriale del passato: è ancora visibile la struttura di canalizzazione dell’acqua e la ruota in legno azionante, nonché la camera molitoria posta all’interno dell’edificio del mulino. Immerso nel verde e attraversato dal torrente Cornacchia, il parco rievoca una forte atmosfera storica, dove a corredo dei mulini sono presenti statue e riproduzioni del passato, oltre al circondario caratterizzato dai ruderi degli antichi insediamenti dei monaci basiliani.
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