Paolillo: «Eolico nei boschi tra Monterosso e Capistrano? No grazie»
L’ambientalista si schiera contro il progetto di una multinazionale del settore energetico che mira a creare un Parco di aerogeneratori sul crinale di Monte Coppari
«L’idea di vedere nuovi pali di acciaio alti 100 metri piantati nel bel mezzo delle faggete di Monte Coppari, tra Monterosso e Capistrano, non mi piace proprio per niente». Pino Paolillo, noto ambientalista, si schiera contro il progetto di una multinazionale del settore energetico che mira a creare un Parco di aerogeneratori sul crinale di Monte Coppari. «Mi auguro – scrive – che progettisti e fautori delle pale rotanti abbiano uno stile di vita, un’impronta ecologica sul pianeta Terra meno impattante della mia, coerentemente con il loro nobile intento di salvare il mondo con la produzione di energia pulita in Calabria. Magari come risposta locale a quei 2 miliardi e 600 milioni tra Cinesi e Indiani che continueranno a bruciare carbone per altri trenta o cinquant’anni. Di certo – prosegue Pino Paolillo – è facile proporre (alzi la mano chi è contro) nuove fonti alternative ai combustibili fossili in nome del pianeta, mentre si continua a viaggiare in aereo, ad abbuffarsi di carne (la cui produzione incide pesantemente sulle emissioni di gas serra), a sprecare energia e consumare tutto ciò che è possibile. Perché, come diceva Tolstoj “tutti dicono di voler salvare il mondo, ma nessuno vuole cambiare sé stesso”. Ovviamente continuando a idolatrare, Covid o non Covid, quella crescita economica che è alla base dell’aggressione folle e insostenibile alle risorse del pianeta e dei mutamenti climatici che ogni volta si giura di voler combattere. Sia ben chiaro: la scelta non è tra energia eolica da un lato e carbone, petrolio o gas dall’altro (ci mancherebbe!), ma sulla opportunità di continuare a piazzare impianti eolici sulle nostre montagne e in mezzo ai boschi.
«Preferisco gli alberi»
Preferisco gli alberi. Preferisco i boschi, che l’effetto serra lo contrastano assorbendo proprio quell’anidride carbonica che del mutamento del clima è la principale responsabile (insieme al metano). Li preferisco perché, dopo aver aspirato anidride carbonica e costruito sé stessi, ci regalano l’ossigeno, danno frutti, riparo e alimento per gli animali selvatici, le foglie per l’humus. Li preferisco perché loro – continua l’ambientalista – a differenza delle piste, delle strade e dei pali d’acciaio, proteggono la montagna dalle piogge, che altrimenti diventano frane e alluvioni, disastri e morte a valle. Li preferisco perché ci regalano l’ombra e il fresco quando l’estate in marina avvampa, perché con i loro silenzi (o i loro rumori) offrono rifugio all’anima.Li preferisco perché vedere il verde delle montagne calabresi interrotto da strade di servizio, basi di cemento e selve di pali è come vedere una cicatrice su un volto. Ma…l’economia? Non mi risulta che in Calabria, dove gli impianti eolici non mancano di certo, ci sia stato un miracoloso aumento del PIL e della qualità della vita dei Calabresi. Discorso a parte per gli interessi delle associazioni mafiose che, guarda caso, si sono dimostrate… particolarmente sensibili nei confronti delle sorti del pianeta Terra e del contrasto ai mutamenti climatici dando vita ad una specie di movimento “Pila for future”.
Il 10% di energia eolica è in Calabria
E poi, la Calabria ha già dato – sottolinea Paolillo -, con i suoi 1.173 MW installati contribuisce per il 10% alla produzione di energia eolica del paese, pur occupando solo il 5% della superficie territoriale italiana che vede il 90% dell’eolico concentrato nel sud e nelle isole. Sembra infatti che il vento non spiri affatto sulle Dolomiti del Trentino Alto Adige, così come in Lombardia o in Friuli, regioni dove la produzione di eolico è uguale a zero (appena 13 MW in Veneto e 19 in Piemonte, seconda regione per superficie). Mentre l’Umbria, “cuore verde d’Italia” con i suoi miseri 2 MW di impianti eolici si è guardata bene dal piazzare turbine sul Monte Subasio per non turbare il sonno del Poverello d’Assisi, quando invece giù da noi l’Omonimo Paolano e il Certosino Tedesco si rivoltano nelle tombe. È chiaro che i Calabresi sono liberi di scegliere quale futuro costruire per questa regione, se basato sulla tutela del suo patrimonio naturalistico, dei suoi parchi e di quel che resta delle sue coste, anziché continuare sulla vecchia e scellerata strada delle aggressioni al paesaggio in nome di uno ipotetico sviluppo che lascia solo macerie e abbandono dei più giovani. Poi però hai voglia a organizzare stand alla BIT di Milano, promuovere spot televisivi, stampare dépliant turistici sulle bellezze “soprannaturali” della Calabria, sui nostri “mari Caraibici” (scarichi di fogna e fioriture algali a parte) o sui boschi “che non hanno nulla da invidiare alla Svizzera”, sui percorsi trekking alla scoperta degli “antichi borghi” e delle immancabili eccellenze enogastronomiche della regione, pensando che i turisti siano una massa di stupidi creduloni.Perché le bugie hanno le gambe corte e la verità su Internet corre veloce», conclude.