Tartaruga morta a Ricadi, Paolillo (Wwf): «Troppi decessi per interferenze con la pesca»
L’esponente dell’associazione animalista si rivolge agli operatori del settore pesca: «Se catturate accidentalmente questi animali contattate la Capitaneria di porto»
Pino Paolillo, responsabile scientifico Wwf Vibo Valentia- Vallata dello Stilaro, torna sul caso della tartaruga appena ad una ringhiera a Santa Maria di Ricadi: «Le cruente immagini della carcassa di tartaruga marina Caretta caretta appesa ad una ringhiera sul litorale di Ricadi hanno giustamente suscitato grande scalpore e indignazione, anche se, nonostante la crudezza dell’immagine, va precisato che il povero animale, purtroppo, aveva trovato la morte in mare già da diverse settimane. Lo si evince chiaramente dallo stato di avanzata decomposizione, a livello di mummificazione, dei resti della carcassa poi esposta brutalmente alla vista . In più si nota chiaramente il filo di nylon da pesca (un bracciolo dell’amo da palangaro che ne ha causato il decesso) fuoriuscire dalla bocca, lo stesso che è stato usato per appendere il macabro trofeo».
«Da quando (era il luglio del 1987) recuperai la prima Caretta con un arto quasi segato da un filo di nylon a Coccorino di Joppolo – aggiunge Paolillo – non si contano più le tartarughe rinvenute sui quasi 800 chilometri di costa calabrese, in molti casi, come quello di Ricadi, quando ormai è troppo tardi e non rimane che una misera carcassa spiaggiata dalle onde. In quelli più fortunati, quando cioè la tartaruga viene ritrovata ancora in vita, i veterinari dei tre centri di recupero che operano in Calabria, riescono a operare per estrarre l’amo o per curare la tartaruga dopo che è incappata in una rete a strascico, restituendola alla libertà. Rimane il fatto allarmante dei troppi decessi (di gran lunga superiori ai recuperi) causati dalle interferenze con strumenti di pesca quali appunto gli ami del palangaro (o palamito) o delle reti a strascico che intrappolano i rettili fino a farli annegare».
Si tratta ovviamente di «catture accessorie, non certamente volute dai pescatori che aspirano a ben altre catture, ma che tuttavia incidono pesantemente sulla sopravvivenza di questi animali protetti dalle leggi nazionali e da direttive internazionali proprio a causa della loro vulnerabilità».
Per il referente Wwf: «Non rimane dunque che rinnovare l’appello a chi opera in mare nelle attività di pesca affinché, una volta catturata accidentalmente una o più tartarughe, la recuperi a bordo e ne dia immediata comunicazione alla Guardia Costiera, evitando nel modo più assoluto di rigettare in mare il malcapitato rettile, specialmente con un lungo filo di nylon che, una volta ingoiato, andrebbe a ostruire il canale digerente provocando una lenta agonia e la morte del povero animale. Con la speranza che gli orrendi “spettacoli” come quello di Ricadi possano diventare un giorno solo un triste ricordo».