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Gestione delle calamità naturali, Vibonese maglia nera

In Calabria solo il 54 per cento dei Comuni si è dotato di un Piano d’emergenza, lo strumento che consente di predisporre e coordinare gli interventi per fronteggiare qualsiasi calamità. Nella provincia vibonese sono solo quattro i Comuni in regola tra i quali non figura Vibo Valentia. Il caso Maierato.

Gestione delle calamità naturali, Vibonese maglia nera

Sono dati più che allarmanti: in Calabria solo il 54% dei Comuni è dotato di un Piano di emergenza. Dai dati pubblicati sul sito della Protezione Civile nazionale, risulta infatti che ben 190 Comuni calabresi non hanno ancora reso noto il piano. Ed è paradossale che accada proprio in Calabria, regione a più alto rischio naturale sismico e idrogeologico d’Italia.

Che cos’è un Piano di emergenza? – Un piano di emergenza è l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità, terremoti, alluvioni e frane, in un determinato territorio. Attraverso un apposito programma di previsione e prevenzione, è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio. Uno strumento quindi essenziale, uno strumento che si è rivelato un vero e proprio “salva vita” in molte occasioni.

Vibo maglia nera – Da una rapida ricognizione sul portale della Protezione civile fanno certamente più scalpore i dati relativi alla provincia vibonese dove solo 4 risultano essere i comuni ‘virtuosi’ cha hanno presentato il Piano d’emergenza. Si tratta di Fabrizia, Polia, Serra San Bruno e Zambrone.

Anche lo stesso comune di Vibo risulta al momento privo del Piano, proprio quella Vibo che dieci anni fa è tristemente rimbalzata alle cronache nazionali per l’alluvione che causò ingenti danni naturali (frane e allagamenti) e che vide nella sua furia portarsi via quattro vite umane, tra cui un bambino di appena 15 mesi.

Eppure, come anche riportato dall’inchiesta a firma di Laura Cimino apparsa stamani su Il Quotidiano del Sud, i comuni entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, legge 100 del 12 luglio 2012, avevano l’obbligo di procedere alla redazione del Piano di emergenza comunale, secondo i criteri e le modalità riportate nelle indicazioni operative del dipartimento della Protezione Civile e delle Giunte regionali. Il 12 ottobre 2012 il dipartimento invia una nota alle Regioni e alle Province autonome chiedendo una prima ricognizione sulla pianificazione di emergenza comunale, da cui emergono anche i dati calabresi di un 54 per cento di Comuni che ha provveduto a inviare i piani. Da lì tutto è rimasto fermo.

Pochi, troppo pochi i comuni che hanno presentato il piano, tanta invece la superficialità e la trascuratezza in una regione e in una provincia, quella vibonese, dove sembra che le tragedie e le calamità siano ‘altro da noi’ e diventano tristemente reali solo quando accadono, quando ci si ritrova a curare (là dove si può) un male senza neppure aver tentato di prevenire.

Forse allora non ha tutti i torti Carlo Tansi, dirigente responsabile della Protezione Civile, quando dice che nella nostra regione è l’ atteggiamento culturale che va cambiato: ‘quando in Calabria si pensa ai terremoti o alle calamità naturali si fanno gli scongiuri. Invece ci vuole tanta conoscenza e prevenzione capillare’.

Il caso Maierato – Il sindaco Sergio Rizzo, però, non ci sta. E in merito al dossier pubblicato stamattina da “Il quotidiano del Sud” parla di “una grave inesattezza” che penalizzerebbe le buone condotte dell’amministrazione. «Abbiamo approvato e trasmesso a Regione, Provincia e prefettura il piano generale di protezione civile il 3 dicembre 2013 e lo stesso è pubblicato su sito del Comune nella sezione apposita della trasparenza».

Quindi, il sindaco del centro vibonese colpito a suo tempo da quello spettacolare movimento franoso che ha fatto il giro del mondo, rivendica da una parte l’operato svolto dalla propria governance e dall’altra pone un serio interrogativo sul modo di stilare classifiche e di produrre indagini da parte degli enti preposti.

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