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Rinascita: le “pecore sacre” a Limbadi e il ferimento di Romana Mancuso e Giovanni Rizzo

Il collaboratore Emanuele Mancuso svela i motivi dello scontro fra suo fratello Giuseppe e il cugino del padre. L'ira di Pantaleone Mancuso, il ruolo del futuro sposo in elicottero Nino Gallone e la pace raggiunta anche con l’allontanamento di Roberto Cuturello

Rinascita: le “pecore sacre” a Limbadi e il ferimento di Romana Mancuso e Giovanni Rizzo
Il luogo della sparatoria e nei riquadri Pantaleone Mancuso e il figlio Giuseppe
L’aula del maxiprocesso Rinascita Scott e nel riquadro Emanuele Mancuso

E’ il 26 maggio 2008 quando vengono feriti nel corso di una sparatoria Romana Mancuso (sorella di Antonio, Giovanni, Pantaleone – Vetrinetta – Cosmo Michele e Luigi Mancuso) ed il figlio Giovanni Rizzo, alias “Mezzodente”. Un fatto di sangue arrivato al culmine di una serie di dissapori fra Giovanni Rizzo e la famiglia del collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso. I retroscena e gli avvenimenti successivi a tale sparatoria sono stati oggi al centro dell’esame del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso che ha ripercorso l’intera vicenda rispondendo alle domande del pm Annamria Frustaci nel corso del maxiprocesso Rinascita-Scott che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. [Continua in basso]

Giuseppe Mancuso

A Limbadi ci sono le pecore sacre, nel senso che Giovanni Rizzo da sempre manda il suo gregge nelle campagne di chiunque a pascolare e tutti stanno zitti. Fra tali campagne – ha spiegato il collaboratore – c’era anche quella dell’allora suocero di mio fratello Giuseppe il quale mandò a dire a Giovanni Rizzo di portare le proprie pecore altrove. Rizzo per tutta risposta rimandò ancora le pecore nello stesso terreno, finendo per litigare con l’ex suocero di mio fratello. A questo punto Giuseppe Mancuso uccise a colpi di pistola tutte le pecore di Rizzo”. La risposta dei Rizzo non sarebbe però tardata ad arrivare, con colpi di pistola sparati a Limbadi all’indirizzo dell’auto di Antonino Maccarone, all’epoca sposato con una sorella di Emanuele e Giuseppe Mancuso. Giovanni Rizzo, Giuseppe Raguseo (sposato con una figlia di Cosmo Michele Mancuso) e Leo Rizzo avrebbero inoltre minacciato Salvatore Comerci (che all’epoca, secondo Emanuele Mancuso, avrebbe operato nel settore del narcotraffico insieme al fratello Giuseppe Mancuso) per sapere con chi Giuseppe Mancuso aveva sparato le pecore di Giovanni Rizzo.
“Non trovando mio fratello, i due Rizzo e Giuseppe Raguseo si recarono alle 5.30 del mattino presso l’abitazione della mia famiglia – ha ricordato Emanuele Mancuso – sparando contro la mia casa ed un trattore lì parcheggiato. Giovanni Rizzo sparava all’indirizzo della mia abitazione ed anche in alto, mentre Pantaleone Rizzo e Raguseo, quando mi sono affacciato al balcone, sparavano in direzione della mia abitazione e della mia persona. Dopo tale sparatoria, mio padre Pantaleone Mancuso mi disse di andare da Nino Gallone, sposato poi con Aurora Spasari, in quanto in assenza di Luigi e Peppe Mancuso, il vertice del clan Mancuso era rappresentato dai fratelli Pasquale e Pino Gallone”.

Pino (Giuseppe) Gallone è il padre di Antonio (Nino) Gallone, passato alle ribalte delle cronache (non sono imputati in Rinascita Scott a differenza di Pasquale Gallone) per il suo matrimonio con Aurora Spasari e relativo atterraggio in elicottero a Nicotera (senza autorizzazioni) a due passi dal castello nel settembre del 2016. “Mio padre mi mandò da Nino Gallone – ha ricordato Emanuele Mancuso – in quanto all’epoca era il braccio-destro di mio padre, così come suo padre Pino Gallone era il capo del ramo della famiglia degli ‘Mbrogghja in assenza di Peppe Mancuso, il fratello di mio padre. Nino Gallone, Pizzichiju, andava e veniva da casa mia. Mio padre si lamentava perché aveva appreso da lui che era stato mio fratello Giuseppe a sparare alle pecore dei Rizzo. Dalle notizie apprese anche da Nino Gallone, Pizzichiju era chiaro che i fratelli Rizzo – ha spiegato Emanuele Mancuso – stavano cercando mio fratello per quello che era successo alle loro pecore e per rintracciarlo erano andati da Comerci chiedendogli a chi avesse dato la macchina. Non riuscendo a trovare mio fratello gli stessi vennero a sparare a casa mia per vendicarsi delle pecore”. [Continua in basso]

Pantaleone Mancuso all'arrivo in aereporto a Fiumicino
Pantaleone Mancuso (“l’Ingegnere”) fra la polizia penitenziaria

Il ferimento di Giovanni Rizzo e Romana Mancuso

Per tutta risposta, Giuseppe Mancuso si sarebbe quindi armato andando a sparare contro Giovanni Rizzo e la madre Romana Mancuso, zia di Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”. “Dopo di ciò – ha dichiarato Emanuele Mancuso – Giovanni Rizzo e sua madre Romana Mancuso furono sparati nei pressi del loro terreno ed io appresi da Nino Pizzichiju che a farlo era stato mio fratello a bordo della Panda rossa. Non so riferire se con lui ci fosse mio padre o Maccarone o qualcun altro. Dopo di ciò mio fratello si rese irreperibile per circa un mese”.

Un panorama di Nicotera

L’auto di Giuseppe Mancuso da modificare

Per tentare di sviare le indagini, Giuseppe Mancuso si sarebbe preoccupato di riparare subito la propria Panda che era stata sparata da Giovanni Rizzo nel corso del conflitto a fuoco. “Con riferimento alla Panda rossa in uso a mio fratello – ha spiegato Emanuele Mancuso – ricordo che quella macchina in origine fu assemblata dalla carrozzeria di Carreri a Nicotera Marina utilizzando due vetture, una rubata procurata da Alessandro Perfidio ed una che lo stesso Perfidio aveva acquistato da una donna e che aveva subito diversi passaggi di proprietà e da ultimo era intestata ad i miei familiari. Ricordo questo fatto perché una delle due vetture era di una tonalità di rosso leggermente differente e mio padre – in precedenza – era andato a lamentarsi da Carreri per il ritardo nella consegna dell’auto assemblata. Questi rispose che non era colpa sua, ma era colpa di colui che gli aveva portato la macchina di colore diverso e che quindi i pezzi andavano riverniciati. Vi riferisco questo per farvi presente che qualora mio fratello avesse avuto necessità di pezzi di ricambio egli ne aveva già pronti presso l’officina Carreri che gli avrebbe fatto il lavoro in pochi minuti”. [Continua in basso]

Roberto Cuturello

La pax raggiunta nella famiglia Mancuso

Emanuele Mancuso ha quindi spiegato che ben prima che la Dda di Catanzaro chiedesse ed ottenesse dal gip l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Pantaleone Mancuso (“l’Ingegnere”) e del figlio Giuseppe per il tentato omicidio di Giovanni Rizzo e della madre Romana Mancuso, in famiglia si era raggiunta la pace. A parte che fin da subito i Rizzo – ha ricordato il collaboratore – si adoperarono con Giuseppe Raguseo per ripulire la zona della sparatoria eliminando i bossoli da terra al fine di nascondere le prove di quanto avvenuto, ancor prima del processo la situazione era già stata risolta e io ed i miei familiari cercammo il modo per screditare le dichiarazioni di Ewelina Pytlarz, amante tra l’altro di Roberto Cuturello, quest’ultimo sposato con la sorella dei Rizzo e poi emigrato al Nord, perché i Rizzo appresa la notizia della relazione extraconiugale e le parole che aveva riferito lo hanno cacciato”. Ewelina Pytlarz – divenuta testimone di giustizia e fra le prime a fare dichiarazioni sul ferimento di Romana Mancuso e Giovanni Rizzo – era la moglie di Domenico Mancuso, quest’ultimo fratello dei più noti Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, e Pino Mancuso, detto “Pino Bandera”.

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