Sara Scarpulla candidata alla Regione: «Il mio impegno per dare voce a Matteo»
L’intervista alla madre del biologo dilaniato da un’autobomba a Limbadi, oggi in corsa a sostegno di de Magistris: «Pronta a battermi contro tutte le ingiustizie»
Lei si candida «per dare voce a Matteo» e, a sostegno della opzione etica per fare «pulizia negli enti», lui aggiunge: «perché i vecchi partiti non si prendono più cura dei calabresi». I genitori del biologo ucciso a Limbadi con un’autobomba, il giorno dopo l’annuncio della sfida elettorale che Sara Scarpulla accetta – correrà infatti sotto le insegne di “24 agosto-equità territoriale”, il movimento fondato da Pino Aprile – parlano con forti accenti critici verso il sistema, e sciorinano con parole semplici una piattaforma politica generale destinata a pesare molto nella competizione tra cambiamento e conservazione che si profila in Calabria.
«Io non volevo accettare – rimarca la mamma di Matteo Vinci -, ma poi Pino mi ha fatto capire che la voglia di impegnarsi che aveva mio figlio, che è in linea con quello che “equità territoriale” persegue». In effetti i genitori di Matteo riguardano spesso il video del comizio con cui il figlio presentò la propria candidatura di rottura nelle elezioni comunali che si erano svolte poche prima della sua morte. Corde sentimentali, ma soprattutto politiche, quelle accarezzate dal movimento lanciato dallo scrittore meridionalista Aprile – che è uno delle architravi del progetto di svolta incarnato dal duo de Magistris-Tansi – in una casa, a Limbadi, ancora oggi simbolo di resistenza dentro il feudo di uno dei clan più potenti, quello dei Mancuso, che Sara e suo marito Francesco hanno denunciato fino al processo in corso.
«Ancora oggi mi chiedo – prosegue con amarezza Sara – come mai Regione e Comune non si siano costituiti parte civile, perché questa paura della ‘ndrangheta?». Domande che si portano un grosso carico di indignazione, queste che come lei tanti calabresi si fanno, ed è per tale motivo che la mamma di Matteo – esempio di una calabresità avvinghiata dal dolore ma vogliosa di riscatto corale – al di là di quel simbolo di un’antimafia concreta che tutti le riconosco, dice di volersi battere «contro quegli enti, soprattutto nei paesi, che con le loro collusioni creano ingiustizie contro la povera gente».