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Omicidio Belsito a Pizzo: le dichiarazioni di Andrea Mantella e Bartolomeo Arena

Il delitto deciso dai Bonavota nonostante le parentele del “bersaglio” con i Polimeni ed i Tegano di Archi. Rinascita-Scott ed i ruoli del padre, del fratello e del figlio della vittima

Omicidio Belsito a Pizzo: le dichiarazioni di Andrea Mantella e Bartolomeo Arena
Andrea Mantella

Permettono di fare luce sull’omicidio di Domenico Belsito e sul potere decisionale in seno al clan Bonavota di Sant’Onofrio, le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Bartolomeo Arena. La sparatoria è avvenuta il 18 aprile 2004 a Pizzo Calabro, quando l’allora 34enne Domenico Belsito è stato attinto da un proiettile alla schiena mentre si trovava a bordo di una Fiat Tempra insieme al figlio Luca Belsito (cl.’90), quest’ultimo fra gli imputati dell’operazione Rinascita-Scott. Domenico Belsito, secondo la nuova inchiesta della Dda di Catanzaro – che ha portato il gip ad emettere un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei fratelli Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota, Onofrio Barbieri, Francesco Fortuna e Salvatore Mantella – è stato sparato da un soggetto a volto coperto identificato in Francesco Scrugli, l’ex cognato e “braccio-destro” di Andrea Mantella ucciso il 21 marzo 2012 a Vibo Marina. A guidare l’auto che ha accompagnato Scrugli per la “missione di morte” commissionata dal clan Bonavota sarebbe stato Salvatore Mantella, cugino di Andrea Mantella. Il procedimento per l’omicidio di Domenico Belsito veniva tuttavia archiviato dal gip del Tribunale di Vibo il 28 aprile 2011 per essere rimasti ignoti gli autori del reato. [Continua dopo la pubblicità]

LE CONFESSIONI DI MANTELLA E LA RIAPERTURA DEL CASO

E’ il 4 maggio 2016 quando Andrea Mantella – al suo primo giorno di collaborazione con la giustizia – ammetteva il diretto coinvolgimento nell’esecuzione di tale omicidio. Per la ricostruzione dell’omicidio di Domenico Belsito ha inoltre contribuito a fine 2019 anche Bartolomeo Arena, pure lui divenuto collaboratore di giustizia, che ha fornito importanti elementi in relazione agli autori ed al movente del fatto di sangue. Alla luce di tutto ciò, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia nel settembre scorso hanno ricostruito l’intera vicenda delittuosa mediante l’analisi del complessivo materiale raccolto. Il successivo racconto di Andrea Mantella sull’omicidio di Domenico Belsito porta invece la data del 27 maggio 2006. Andrea Mantella spiega quindi di aver conosciuto sul finire degli anni ’80 Vincenzo Bonavota (padre di Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota), il capobastone e fondatore dell’omonimo clan poi deceduto per un male incurabile nel 1995.
Proprio a Vincenzo Bonavota, Andrea Mantella racconta di aver regalato un giubbino antiproiettile poiché all’epoca impegnato nella guerra di mafia a Sant’Onofrio contro il clan dei Petrolo-Matina-Bartolotta. La conoscenza con i figli Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota e quindi con Francesco Fortuna e Onofrio Barbieri risale invece a metà anni ’90 poiché Andrea Mantella sarebbe stato solito incaricare un suo operaio bulgaro a far pascolare le proprie pecore in terreni siti alla Morsillara, al confine fra Sant’Onofrio e Stefanaconi, andando così ad invadere terreni già occupati dai Bonavota.

Sarebbe stato Andrea Mantella a richiedere per primo ai Bonavota il favore di “dare una lezione” al cognato Antonio Franzè (che avrebbe criticato Mantella per alcune sue relazioni con una parente), raggiunto da un colpo d’arma da fuoco a Vibo nel portone di casa che sarebbe stato sparato da Francesco Fortuna. Compiuto il ferimento, non molto tempo dopo i Bonavota avrebbero richiesto a Mantella e Scrugli di uccidere Domenico Belsito, ritenuto elemento del clan Bonavota ma che doveva essere punito per una relazione extraconiugale con la sorella di un affiliato. [Continua in basso]

Il gip sottolinea quindi l’importanza della collaborazione di Andrea Mantella che più di ogni altro è risultato a conoscenza, per i suoi capillari e trasversali rapporti con varie cosche di ‘ndrangheta, giustificati dalla sua eccezionale caratura criminale. Lascelta di collaborare attesta la definitiva affrancazione dal contesto ‘ndranghetistico e si è rivelata fondamentale per ricostruire molti delitti irrisolti”.

LE DICHIARAZIONI DI BARTOLOMEO ARENA

Altrettanto importanti si sono rivelate le dichiarazioni di Bartolomeo Arena, che ha iniziato a collaborare con la giustizia nell’ottobre 2019. Nel corso dell’interrogatorio del 20 novembre 2019, Bartolomeo Arena ha dichiarato: “Domenico Belsito era un soggetto di Sant’Onofrio, figlio di Luca Belsito, ed è stato ucciso per una questione di donne, sempre in un contesto di ‘ndrangheta. La causa dell’omicidio era la seguente: Belsito, nonostante fosse già sposato, aveva avviato una relazione extraconiugale con la sorella di Antonio Serratore, uno dei Bonavota. Ciò aveva indotto i Bonavota – spiega ancora Bartolomeo Arena – a rivolgersi ad Andrea Mantella per uccidere Belsito. Mantella aveva quindi incaricato Francesco Scrugli e il cugino Salvatore Mantella di eseguire il delitto. Per quanto riferitomi da Francesco Antonio Pardea, a sparare è stato Scrugli, mentre Salvatore Mantella guidava il veicolo con il quale si erano avvicinati a Belsito prima che Scrugli aprisse materialmente il fuoco e lo uccidesse. So che l’omicidio è stato commesso nei pressi della strada nazionale di Pizzo. Quanto ai mandanti dell’omicidio voglio chiarire che – ha aggiunto Arena – sebbene io non sappia di preciso chi abbia materialmente chiesto il favore ad Andrea Mantella, comunque Domenico Bonavota, Pasquale Bonavota e Nicola Bonavota erano certamente sempre al corrente di tutti gli omicidi commissionati dal loro gruppo. [Continua dopo la pubblicità]

Quanto alla posizione di Domenico Belsito, che abitava a Pizzo ed era cugino dei Polimeni di Archi, a loro volta imparentati coi Tegano, si trattava di un soggetto che era stato molto vicino ai Bonavota almeno sin quando era in vita Vincenzo Bonavota, uomo in grado di mantenere equilibrio sul territorio. Con la morte di quest’ultimo, Domenico Belsito si era avvicinato maggiormente a Domenico Di Leo, che con il gruppo Bonavota aveva già avuto degli attriti. Ad ogni modo, se non fosse stato per il motivo della relazione sentimentale, per i Bonavota non sarebbe stato semplice uccidere un personaggio della caratura criminale di Domenico Belsito. Viceversa, grazie a quella vicenda, nessuno aveva potuto muovere alcuna contestazione a quell’omicidio. La relazione sentimentale di Belsito rappresentò – conclude Bartolomeo Arena – il pretesto grazie al quale i Bonavota riuscirono ad eliminare, senza conseguenze, un soggetto che nell’ambito criminale aveva un ruolo di sicuro spessore anche grazie ai suoi rapporti di parentela”.

Luca Belsito, figlio della vittima

L’INCHIESTA RINASCITA-SCOTT ED I BELSITO COINVOLTI

Quando Domenico Belsito venne raggiunto dai colpi d’arma da fuoco, che sarebbero stati esplosi da Francesco Scrugli, si trovava in auto insieme al figlio Luca Belsito, 31 anni, attualmente imputato (ed arrestato) nel processo nato dall’operazione Rinascita-Scott. In particolare, Luca Belsito farebbe parte della ‘ndrina di Pizzo Calabro capeggiata da Salvatore Mazzotta per il quale Belsito sarebbe a “disposizione” commettendo danneggiamenti, estorsioni e reati in materia di stupefacenti.

Luca Belsito padre della vittima

Il padre di Domenico BelsitoLuca Belsito (cl. ’49), nonno dell’omonimo Luca (cl. ’90) – ed il fratello Rocco Belsito (cl. ’82) vengono invece collocati nell’operazione Rinascita-Scott nell’ambito della criminalità organizzata di Sant’Onofrio.

In particolare, Luca Belsito (cl. 49) ed il figlio Rocco Belsito in Rinascita- Scott sono accusati di aver partecipato alle riunioni in cui venivano discussi gli aspetti organizzativi e decisionali della consorteria dei Bonavota, collaborando direttamente e personalmente i vertici del sodalizio per assicurare e mantenere i contatti tra gli associati e curare i rapporti con gli esponenti delle altre consorterie”.

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